1. L’economia dell’antico testamento
L’economia dell’antico testamento era soprattutto ordinata a preparare, ad annunziare profeticamente e a significare con vari tipi l’avvento di Cristo redentore dell’universo e del regno messianico (n.15).
Con queste parole i padri conciliari ci dicono apertamente che per orientarsi nella lettura del primo testamento è assolutamente necessario leggerlo nella prospettiva di Cristo. Infatti, se è vero, come afferma san Paolo, che tutto è stato creato in vista di Cristo (vedi Colossesi 1,16) è ancor più vero che tutto quello di cui si parla nel primo testamento Dio l’ha voluto per preparare la venuta del Messia.
Capita spesso di sentire da alcuni fedeli che fanno fatica a comprendere la bibbia; quando poi si tratta del primo testamento, essi dicono che l’impresa si fa addirittura impossibile. Ebbene, è questo il caso di ricordare che la chiave per comprendere il primo testamento e per coglierne il filo rosso che lo anima, è assolutamente necessario partire dal nuovo testamento, cioè dalla persona e dalla vicenda di Gesù di Nazareth, che di tutti e due i testamenti è certamente il protagonista primo e insostituibile.
2. La divina pedagogia
I quali libri, sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee, dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. In che cosa consista questa divina pedagogia lo si legge appena prima: “I libri dell’antico testamento, secondo la condizione del genere umano prima dei tempi della salvezza inaugurata da Cristo, manifestano a tutti la conoscenza di Dio e dell’uomo, e il modo con cui Dio giusto e misericordioso si comporta con gli uomini”.
In effetti, se si presta attenzione a come Dio si è comportato nelle vicende legate a tutte le situazioni di vita descritte nel primo testamento, non si fa fatica a cogliere non solo un filo rosso che serpeggia in ogni libro, ma anche le linee di un progetto educativo che Dio coltivava e metteva in essere.
In effetti, quello che possiamo cogliere da una lettura attenta e intelligente del primo testamento sono proprio le linee sostanziali di una pedagogia con la quale Dio, padre misericordioso e saggio, ha voluto preparare la venuta del Messia.
3. L’unità dei due testamenti
Ecco il discorso che non poteva sfuggire ai padri conciliari: “Dio, dunque, ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro testamento, ha sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico diventasse chiaro nel nuovo”.
Quest’ultima espressione, come è risaputo, è stata estratta dagli scritti di sant’Ago-stino, dottore della chiesa, che ha saputo interpretare alla perfezione la fede della chiesa. Uno dei meriti di Agostino è proprio quello di aver saputo commentare ambedue i testamenti e di aver colto dal vivo i rapporti che li legano indissolubilmente.
Per questo i padri conciliari, riferendo il pensiero di sant’Ireneo, vescovo di Lione, aggiungono: “Poiché, anche se Cristo ha fondato la nuova alleanza nel suo sangue, tuttavia i libri dell’antico testamento, integralmente assunti nella predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro completo significato nel nuovo testamento e, a loro volta, lo illuminano e lo spiegano”. Sia Agostino sia Ireneo ci offrono preziose chiavi di lettura della bibbia.