RAPPORTI LAICI-VESCOVO
Di questo rapporto tratta il numero 24 del decreto che stiamo esaminando. Ora ci compete di studiarlo attentamente per esplicitarne i contenuti e la ricchezza di stimoli all’azione. Questo discorso, che era di grande attualità ai tempi del Concilio Vaticano II, a mio modesto avviso, conserva ancora la stessa attualità, perché in effetti, alcune associazioni attendono, e qualche volta rivendicano, questo riconoscimento ufficiale.
Promuovere, ma con discernimento
“Spetta alla gerarchia promuovere l’apostolato dei laici, fornire i principi e gli aiuti spirituali, ordinare l’esercizio dell’apostolato medesimo al bene comune della Chiesa, vigilare affinché siano conservati la dottrina e l’ordine”. Non è che da questa affermazione si possa ricavare l’impressione che i vescovi sono da considerare come i custodi dell’ordine stabilito, una sorta di sentinelle che hanno a cuore solo di conservare l’ esistente.
Al contrario, essi sono presentati anche come i promotori dell’apostolato dei laici, il cui compito è anzitutto quello di “fornire i principi e gli aiuti spirituali”. Anche in questo modo i vescovi dimostrano di essere consapevoli di quella paternità spirituale della quale, dal giorno della loro consacrazione episcopale, sono stati investiti.
L’attenzione ai due aspetti di questo servizio, promuovere e vigilare, giustifica quello che vogliamo mettere in evidenza: la necessità del discernimento pastorale che ogni singolo vescovo, coadiuvato dal suo consiglio presbiterale e pastorale, potrà esercitare nel miglior modo possibile.
Scelte preferenziali
“L’autorità ecclesiastica, per le esigenze del bene comune della Chiesa, fra le associazioni e iniziative apostoliche aventi un fine immediatamente spirituale può inoltre sceglierne in modo particolare e promuoverne alcune per le quali assuma una speciale responsabilità”.
Qui si afferma quello che sarei tentato di chiamare un diritto sacrosanto di ogni vescovo: quello cioè di esprimere il parere della Chiesa che è stata affidata alle sue cure pastorali circa la natura di una associazione o movimento, che abbia dimostrato di non avere mire politiche e, tanto meno, di volersi imporre per la sua consistenza numerica, economica e finanziaria.
I padri conciliari, per altro, affermano essere “compito della gerarchia ecclesiastica insegnare e interpretare autenticamente i principi morali da seguire nelle cose temporali”. Inoltre anche quello di “giudicare, tutto ben considerato e servendosi dell’aiuto di esperti, della conformità di tali opere e istituzioni con i principi morali e stabilire quali cose sono richieste per custodire e promuovere i beni di ordine soprannaturale”.
La questione del “mandato”
“Così la gerarchia…unisce più strettamente alcune sue forme al suo ufficio apostolico, rispettando tuttavia la natura propria e la necessaria libertà di azione. Questo atto della gerarchia prende in nome di mandato”. Qui viene specificato ulteriormente il pensiero già espresso.
Quando un vescovo, dopo attenta verifica, si rende conto del carattere squisitamente ecclesiale e religioso di una associazione allora ha il diritto di esercitare il suo dovere di dichiarare pienamente ecclesiale quella determinata associazione.
A questo genere di associazione il singolo vescovo diocesano può dare, se e quando lo ritiene opportuno, un mandato speciale. Che cosa si debba intendere per “mandato” lo si evince chiaramente dalla storia dell’Azione Cattolica Italiana: dopo aver fatto un lungo cammino all’interno della Chiesa e aver chiaramente dichiarato, non solo a parole ma nei fatti, la natura squisitamente religiosa della sua presenza e azione nel mondo, a essa i papi, a cominciare da Pio XI, hanno affidato un mandato speciale.
Una collaborazione Silenziosa ma preziosa
Mi riferisco al contributo che possono dare, e di fatto danno, i malati alla pastorale parrocchiale e diocesana. In effetti essi, qualunque sia la forma di malattia di cui soffrono, costituiscono un polmone per la Chiesa di appartenenza e per la Chiesa universale; grazie a loro l’azione pastorale di una parrocchia o di una diocesi può procedere sicura e soprannaturalmente efficace.
Parole di Giovanni Paolo II
“La partecipazione di tante persone e gruppi alla vita della società è la strada oggi sempre più percorsa perché da desiderio la pace diventi realtà. Su questa strada incontriamo tanti fedeli laici generosamente impegnati nel campo sociale e politico, nelle più varie forme sia istituzionali che di volontariato e di servizio agli ultimi”.