è una vocazione alla gioia ed è per tutti: “Si veste del grembiule, della tuta, del camice, siede dietro un bancone o una scrivania”. Come insegna anche san Gabriele. Chi ha paura della santità?
«Rallegratevi ed esultate». Uno slogan che potrebbe essere scambiato per l’invito a dare inizio alle feste in qualche locale. è invece l’incipit e il titolo dell’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo”, pubblicata il 9 marzo scorso. Un titolo che sgombra il campo dal pregiudizio che vuole la santità legata a una vita compunta se non triste o peggio intrisa di sofferenza, penitenza, mortificazioni. La santità invece è un chiamata alla gioia, perché in definitiva consiste nella carità pienamente vissuta ed è la realizzazione piena della persona secondo i disegni del Creatore, e quindi l’unico modo per conseguire la felicità. La santità si identifica con la felicità, a dispetto dei ritratti di molti santi dipinti con volti seri, meditabondi, al più estatici, gioia e santità sono sinonimi.
Non abbiate paura della santità – scrive Papa Francesco: “Non ti toglierà forze, vita e gioia… quella gioia che si vive in comunione, che si condivide e si partecipa” e non esclude il senso dell’umorismo. Non è santità uno spirito triste, acido malinconico, senza energia: «Non c’è che una tristezza, quella di non essere santi» (León Bloy). E per questo aggiunge: “Non avere paura di puntare più in alto.”.
Un altro pregiudizio vuole che la santità sia prerogativa per élites, pochi privilegiati o eroi. È per tutti, perché tutti sono chiamati alla felicità e quindi a diventare santi. Già il Concilio Vaticano II parlava di “vocazione universale alla santità”. “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove uno si trova”. Certo ci sono “modelli di santità che appaiono irraggiungibili… ma ognuno ha la sua via”. E cita sant’Agostino: “Dio t’invita a fare quello che puoi e a chiedere quello che non puoi”. Per questo non c’è una professione più favorevole di un’altra per vivere la santità. Giovanni Paolo II precisava: ”La santità è la misura alta della vita cristiana ordinaria”. Misura alta, ma ordinaria. “La santità normalmente è ordinaria, è legata alle situazioni normali, è alla portata di tutti. Essa si veste del grembiule, della tuta, del camice, siede dietro un bancone o una scrivania. E’ la santità della “porta accanto”.
Gioia sì, ma la santità comporta “un combattimento permanente”, una “lotta costante”, esige andare controcorrente, richiede forza e coraggio per lottare contro la propria concupiscenza, le insidie e le tentazioni del demonio e del mondo egoista. Ma non deve scoraggiare perché potenti sono le “armi che il Signore ci dà”.
“Rallegratevi ed esultate” non è un documento intimistico, slegato dai problemi della società, dalla fatica del vivere di ogni giorno. Né potrebbe essere diversamente dato che in fondo la santità è vivere lo spirito delle Beatitudini, compiere le opere di misericordia. Non pretende dare istruzioni concrete per la soluzione diretta ai problemi della società, tuttavia – insiste il Papa – se da una parte non bisogna trasformare “il cristianesimo in una sorta di ONG (un’agenzia di assistenza sociale), privandolo della “sua luminosa spiritualità”, dall’altra non si deve cadere nell’errore di relativizzare “l’impegno sociale, considerandolo qualcosa di superficiale, mondano… come se ci fossero altre cose più importanti da fare”. S. Francesco, S. Vincenzo de Paoli, Madre Teresa, giusto per fare qualche nome, insegnano. “Non possiamo proporci un ideale di santità che ignori l’ingiustizia di questo mondo”. L’invito alla santità vale anche per i politici e, se ciò accadesse, possiamo solo immaginare come cambierebbe in meglio la vita dei popoli.
Impossibile riassumere qui tutto il documento. Ma i nostri lettori conoscono una “sintesi” concreta e viva della santità cristiana, così come delineata anche nell’Esortazione Apostolica di papa Francesco ed è la vita dell’amico san Gabriele. Già il titolo dell’esortazione“Gaudete et exultate” rinvia al santo del sorriso, che scriveva ”la mia vita è un continuo godere” e che quello che non aveva potuto fare da vivo per mancanza di tempo compie oggi chinandosi sui problemi, i bisogni dei suoi devoti.