QUO VADIS DI ROMA

un mondo di santuari
By Domenico Lanci
Pubblicato il 30 Aprile 2016

Fin da adolescente, da quando cioè ebbi l’opportunità di vedere il film Quo vadis ho avuto un gran desiderio di visitare il luogo dove avvenne l’incontro tra san Pietro e Gesù Cristo. Nel mio immaginario di ragazzo, quello che avevo visto sullo schermo era tutto vero e indiscutibile. In seguito, frequentando il corso di teologia a Roma, ho potuto finalmente visitare la chiesetta del Quo vadis costruita, secondo la tradizione, sullo stesso posto del fatidico incontro di Pietro con Gesù.

Per me fu una emozione indimenticabile. Il fatto stesso di soffermarmi in quel luogo sacro, di posare i piedi sulle tipiche lastre della via Appia, quella stessa battuta da Pietro, di osservare qua e là ruderi dell’antica Roma, evocava nella mente un mondo fantastico, in cui rivivevano, come in una sequenza cinematografica, gli antichi romani, i primi cristiani, san Pietro e tutta la grandiosità della Caput mundi.

A seguito di questa suggestione, ho voluto presentare in questo numero il citato santuario. Molti quest’anno si recheranno a Roma in occasione del Giubileo. Son certo che saranno ben lieti di visitarlo. Realizzeranno così uno speciale pellegrinaggio dove leggenda, storia e tradizione si fondono in un splendido tutt’uno. I lettori di questa rubrica lo sanno bene: i santuari possono sorgere dovunque si verifichi qualcosa di soprannaturale, anche se avvolto in un alone di leggenda e realtà. I pellegrinaggi sono diretti verso luoghi dove la fede si alimenta di autentica pietà. Un esempio eclatante. Uno dei santuari più famosi d’Europa è Compostela in Spagna. Si racconta che lì fu vista una stella misteriosa sul luogo dove era stato deposto il corpo dell’apostolo Giacomo.

Quando si parla di santuari non si fa la storia del luogo, ma della fede vissuta del popolo. Nel caso specifico si possono elencare molteplici elementi che avvalorano il santuario. Iniziamo con l’episodio che in fondo costituisce il nucleo originario. È riportato negli Atti di Pietro del II secolo. Ovviamente si tratta di un documento apocrifo (ossia non canonico). Ma verosimile. Mentre a Roma infuriava la persecuzione dei cristiani ad opera di Nerone, Pietro, consigliato dalla comunità cristiana, per non essere catturato, fuggì nottetempo da Roma. Percorreva la via Appia. A un certo punto, proprio all’incrocio con via Ardeatina, fu sorpreso da una visione: davanti a sé vede Gesù, con la croce sulle spalle, dirigersi verso la città. Pietro, colmo di stupore, chiede al maestro: Domine quo vadis?, Signore dove vai?; egli rispose: Eo Romam iterum crucifigi, vado a Roma a farmi crocifiggere di nuovo. Il capo degli apostoli allora rientra in se stesso e ripensando al suo vile comportamento durante la passione di Gesù, comprende immediatamente che doveva tornare indietro per affrontare il martirio.

In quel sito i cristiani eressero una piccola chiesa a memoria dell’apparizione. Una graziosa leggenda narra che su una lastra di marmo si siano impresse le impronte dei piedi di Gesù. L’originale si conserva nella basilica di San Sebastiano fuori le mura. Una copia invece si trova al centro della chiesa Quo vadis. Gli esperti però sono concordi nel ritenere quella reliquia un falso. In realtà, non si tratta delle impronte di Cristo, ma di un ex voto di ringraziamento pagano per il dio Redicolo, offerto da un viandante dopo il buon esito di un lungo viaggio. Tuttavia, a motivo delle suddette impronte la chiesa venne chiamata nei secoli con denominazioni varie, tra cui: Santa Maria in Palmis, Santa Maria ad passus, Santa Maria ad transitum. Poi dal XVII secolo assunse l’attuale nome Quo vadis.

Tra i documenti antichi che citano la visione di Pietro lungo la via Appia c’è quello interessante di sant’Ambrogio. Il grande vescovo di Milano nella lettera contro Auxentius, attingendo chiaramente dal testo apocrifo degli Atti di Pietro, scrive: “Lo stesso Pietro, in seguito, siccome diffondeva tra il popolo i precetti di Dio e insegnava la castità, irritò l’animo dei pagani. E poiché questi gli davano la caccia, i cristiani lo scongiurarono di allontanarsi per un po’ di tempo; e quantunque desiderasse il martirio, tuttavia, per riguardo del popolo che lo supplicava, si lasciò piegare. In breve, di notte si accinse a uscire dalle mura e, vedendo sulla porta Cristo che gli veniva incontro ed entrava in città, gli chiese: “Signore, dove vai?”. Cristo gli rispose: “Vengo per essere crocifisso una seconda volta”. Pietro comprese che la risposta divina si riferiva alla propria croce… spontaneamente ritornò sui suoi passi e, subito arrestato, con la sua morte glorificò il Signore Gesù”.

La chiesa odierna, situata all’incrocio tra via Appia e via Ardeatina, è il rifacimento secentesco di una piccola cappella del IX secolo. In seguito nel 1637 venne riedificata a opera del cardinale Francesco Barberini. Ha una facciata semplice, contraddistinta da due lesene laterali. Sulla sommità un timpano e lo stemma del Barberini. L’interno è a unica navata. Sull’altare c’è una icona della Madonna del Transito e ai lati due affreschi raffiguranti la Crocifissione di Gesù e la Crocifissione di Pietro. In una lunetta sull’altare, un affresco ricorda l’incontro di Gesù con Pietro lungo la via Appia. All’interno della chiesa è stato collocato un busto in bronzo di Henryk Sienkiewicz (1846-1916), lo scrittore polacco autore del romanzo Quo vadis, per il quale gli fu assegnato nel 1905 il Premio Nobel per la letteratura.

In conclusione ricordo un altro importante evento. La visita privata che Giovanni Paolo II fece al piccolo santuario il 22 marzo 1982. Una lapide interna ricorda l’evento.

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