QUELLO CHE NON SAPREMO MAI
C’è un momento nella nostra vita in cui tutto ritorna, le cose dette, le cose nascoste, le finzioni, gli errori, la mancanza di affetto, i tradimenti. Tutto riemerge dagli anfratti della memoria dei figli. Tu li guardi nella loro crescita, li segui, parli con loro, e loro vivono, studiano, giocano, soffrono, s’innamorano, si lasciano ma a te di questa vita che ribolle giungono solo gli echi lontani. Se giungono. Questi figli ti sembra di conoscerli, sei sicuro di sapere che pensano e che vogliono, e invece loro hanno una loro vita che non riesci mai ad afferrare. Un lago dove non si scorge il fondo. Non è una novità dei nostri tempi, è stato sempre così, solo che adesso l’esistenza s’è fatta più ricca di emozioni, di sogni, di pensieri e tu riesci a cogliere di questo turbinio solo qualche pallido barlume.
Forse cinquanta o sessant’anni fa era tutto diverso. La nostra esistenza non era così carica di emozioni, non venivamo strattonati dalla televisione, dai social, dalle cronache dettagliate dei delitti, il tempo aveva una cadenza umana, oggi è un tempo concentrato e tutto si svolge e si evolve e si attorciglia in giorni o in mesi, nascono nuovi idoli, nuovi fenomeni, nuove stelle, nuove “influencer”, opinionisti del niente e anche i ragazzi vengono travolti da questo concentrato di emozioni e così la loro vita interiore ribolle più della nostra, hanno stimoli e suggestioni che molti di noi non avevano. Ed è naturale che in questo magma si creino angoli oscuri dove non riusciremo mai a gettar luce, caverne misteriose dove prolificano sogni e delusioni e paure degli adolescenti.
Vengo sempre colpito da certi fatti di cronaca, il suicidio di ragazzi che tutti pensavano tranquilli e normali, ma forse c’era in loro un mondo di fantasmi che nessuno era riuscito a esorcizzare.
Queste paure potrebbero essere vinte se si potesse parlare coi propri genitori, se ci fosse non solo confidenza ma anche il tempo della confidenza, mai come oggi così teso al risparmio. Non si dialoga perché spesso manca il tempo di dialogare, forse la voglia o forse c’è il timore di sapere quello che non vorremmo sapere, una forma di viltà inconscia.
Allora molte famiglie che sospettano disagi mandano i figli adolescenti da qualche psicologo o psichiatra che sappia estrarre da cuori chiusi i segreti nascosti. Ma alcune volte anche gli psicologi falliscono o per imperizia o perché trovano un muro dinanzi a loro.
Ma tante volte non si ricorre allo psicologo perché si dubita della sua scienza e tanti ragazzi finiranno così per custodire dentro di sé un mondo che i genitori non conosceranno mai.
Però ci sono momenti in cui tutto può esplodere, una lite, una sfuriata, un momento difficile, una crisi. E allora da quegli antri oscuri della coscienza esce il magma bollente dei sogni o delle sofferenze o delle disillusioni o dei disagi.
Ho conosciuto una persona, un amico, che a settant’anni si è sentito rimproverare dal figlio un amore clandestino del padre di tantissimi anni fa.
Il ragazzo se n’era accorto, aveva taciuto, ma aveva vissuto questa crisi familiare in silenzio, nessuno immaginava che sapesse, e invece questo sordo rancore s’era sedimentato in lui per trent’anni, aveva fermentato, s’era inasprito e mai sarebbe venuto alla luce se un evento inatteso non lo avesse fatto emergere dalla nebbia degli anni. È quello che accade a molte donne che hanno vissuto una violenza o uno stupro e che mai lo denunceranno per paura, e che terranno quel trauma per sempre dentro di sé.
Così siamo responsabili non solo dell’esistenza esteriore dei nostri figli ma anche di quel mondo oscuro dove tutto viene annotato e catalogato nei registri della coscienza.
Padri e madri, tutti sottoprocesso, inconsapevolmente, per colpe che sapranno dopo chissà quanti anni. O che forse non conosceranno mai.