QUELLE SFIZIOSE PALLINE DI CARNEVALE

By Gloria Danesi
Pubblicato il 1 Febbraio 2022

Tra i vari dolci tipici spiccano i Mignozzi, una specialità che ricorda le “castagnole”, però sono meno soffici e hanno una peculiarità che li rende davvero unici: l’antica ricetta tradizionale, infatti, non prevede l’utilizzo di alcun tipo di lievito

carnevale valènte valènte, huije la carne dumane la lènte (Carnevale valente valente, oggi la carne domani la lenticchia). Carni Vale ovvero “Carne addio”, in Quaresima si è chiamati al sacrificio di astenersi dal consumo di carne. Un periodo di privazioni in attesa della Pasqua a tutto vantaggio dello spirito ma anche del corpo. Per resistere alle inevitabili tentazioni si è autorizzati a due settimane di scorpacciate.

A Carnevale, in Abruzzo, molte le carni in tavola ma anche tanti dolci. Tra questi i mignozzi una specialità che ricorda le “castagnole” ma meno soffici, una peculiarità che li rende davvero unici. L’antica ricetta tradizionale, infatti, non prevede l’utilizzo di alcun tipo di lievito e a tal ragione la pasta risulta un po’ più asciutta. Ma per rendere egualmente delizioso il manicaretto, senza far sentire la mancanza del lievito, occorre sbattere le uova con lo zucchero fino a far gonfiare molto l’impasto per poi aggiungere, un poco alla volta e con delicatezza, gli altri ingredienti favorendo l’amalgama giusta tra farina, patate schiacciate, estratto di vaniglia (o anice in polvere) e sale. Dall’impasto, semplice da realizzare, si ricava un panetto che viene fatto a pezzi per formare un cordoncino dal quale ottenere palline grandi come una noce, pronte per essere fritte. A cottura ultimata si toglie l’eccesso di unto, utilizzando della carta assorbente e si fanno rotolare nello zucchero. Non resta che consegnarle calde, tiepide o fredde, comunque sempre eccezionali al palato.

L’addio al Carnevale in Abruzzo viene dato nelle strade e sulle piazze in pompa magna: maschere e travestimenti, coriandoli e scherzi, trilli e lazzi, suoni di trombette e armonie di organetti, nonché sfilate di originali carri allegorici. Questo all’esterno, mentre nelle abitazioni sulle tavole trovano spazio i piatti della tradizione. I golosi ravioli dolci di ricotta al sugo tipici della provincia di Teramo, presentati anche spolverati con zucchero e cannella; scrippellembusse (particolari crepes) preparate e servite con il brodo di pollo, braciole di maiale, spezzatino di carne al sugo e altri ancora secondo la provincia o la zona.

Ma sono i dolci ad avere un posto di rilievo e tra essi la regina incontrastata, amata per bellezza e gusto, è la cicerchiata, tipica in particolare della provincia di Chieti, probabilmente per via della presenza di antica tradizione apistica. Le palline, infatti, disposte a forma di ciambella e tenute unite dal miele caramellato, necessitano di molto lavoro ma si è ampiamente ripagati a risultato raggiunto. Molto gettonate anche le chiacchere (frappe) e le ciambelline di patate fritte all’aroma di cannella.

Nel giorno in cui si onora la vigilia delle Ceneri, ovvero il martedì grasso, le leccornie vengono accompagnate da ottimi vini prodotti in regione. Per le carni, d’obbligo il Montepulciano d’Abruzzo, declinato nella versione giovane o corposa; per i dolci l’abbinamento più armonioso è quello con vini passiti da vitigni autoctoni, come il Moscatello di Castiglione o vino e mosto cotto. Considerato che molti dolci sono fritti, anche le “bollicine” locali sono indicate: spumanti realizzati con uva moscato. Per il fine pasto e per favorire la digestione spazio alla Ratafia di Montepulciano, Aurum, Genziana e Centerba.

Un rituale risalente a molti anni addietro, ora abbandonato, prevedeva il martedì grasso una grande abbuffata: si mangiava nove volte nove cose.

Beh! Ora dopo aver gustato tutto questo ben di Dio, sarà meno impegnativo attendere il trascorrere di quaranta giorni di dieta… Gli abruzzesi sono previdenti, fanno la scorta per evitare i peccati di gola e di lingua… Prima di un po’ di silenzio, si sfogano con le chiacchiere di Carnevale…

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