QUATTRO GIORNALI PER CONOSCERSI

sensibilizzare la comunità sui problemi delle carceri
By Piergiorgio Severini
Pubblicato il 2 Maggio 2013

“Al di là delle attuali problematiche presenti in carcere come il sovraffollamento e la tossicodipendenza c’è un fattore che può far risollevare tutti: il lavoro. Sarebbe la migliore soluzione per educare le persone, inoltre si darebbe la possibilità di mantenersi con pari dignità visto che vitto e alloggio sono a carico dello stato». È un passo di un articolo scritto da un detenuto del carcere di Villa Fastiggi di Pesaro, George Vanea, per il giornale della casa circondariale Penna libera tutti, strumento di informazione che dà la possibilità ai reclusi di usare il foglio come ponte di comunicazione con la realtà esterna, sensibilizzare la comunità sui problemi del mondo carcerario e “addolcire” un po’ i giudizi di chi li giudica drasticamente senza pensare che chiunque può commettere un errore e redimersi. Oltre a quello pesarese, in altri tre carceri si danno vita a iniziative editoriali: Io e Caino a Marino del Tronto (Ascoli Piceno), Fuori riga a Montacuto (Ancona) e Mondo a quadretti a Fossombrone. Per divulgare le testate ci si serve in molti casi dei periodici diocesani che li ospitano al loro interno.

“Chi ha infranto la legge – ha commentato il presidente del consiglio regionale delle Marche, Vittoriano Solazzi – è giusto, come previsto dalla nostra Costituzione, che sconti la pena, ma è contestualmente importante che sia avviato un percorso di riabilitazione e di reinserimento. La redazione di un giornale è un’attività importante rappresentando un modo per occupare i detenuti e per far dialogare persone su problematiche che interessano la società civile e per capirsi reciprocamente”. Si è pensato anche di dare vita a una rete telematica per una migliore diffusione di tali informazioni e a tal fine è stato costituito un coordinamento delle testate giornalistiche carcerarie alla guida del quale c’è il garante dei detenuti, Italo Tanoni, con il quale collaborano i quattro direttori responsabili dei giornali.

Mondo a quadretti del supercarcere di Fossombrone, il cui editore è Giorgio Magnanelli, ha compiuto dieci anni ed è stato il primo a vedere la luce. L’ultimo nato è il pesarese Penna libera tutti. Dice il direttore di quest’ultimo Roberto Mazzoli: “Da parte dei detenuti c’è la voglia di rimettersi in gioco, di raccontarsi, in una struttura che, potendo ospitare al massimo 180 persone, ne conta circa 300. I messaggi lanciati sono stati subito intercettati dalla società civile tanto che il liceo classico Nolfi di Fano ha portato avanti un progetto, che concluderà a fine anno scolastico, per conoscere da vicino il mondo detentivo e una classe entrerà al suo interno per parlare con alcuni ospiti e capire come mai hanno scelto di raccontarsi attraverso un giornale”. Il desiderio di partecipare per trattare temi della società non è stato da meno per il gruppo Fuori riga di Ancona. “Mi colpisce il fatto – ha dichiarato Giulia Torbidoni, responsabile di testata – che ciò abbia destato molta curiosità e molto interesse all’esterno. A Senigallia, ad esempio, sono poi nate esperienze di volontariato per il carcere. C’è, comunque, bisogno molto di capire perché chi giudica da fuori non sempre le cose che pensa corrispondono poi alla realtà”. Nella civiltà dell’informazione pure i detenuti, quindi, ne hanno compreso il valore adeguandosi di conseguenza. “Il giornale – ha precisato Teresa Valiani, direttore della testata ascolana Io e Caino – ha dato fin dall’inizio la sensazione ai reclusi di riprendere piano piano il contatto con la realtà assieme ad altri corsi che si realizzano all’interno. In più si stanno mettendo tanti tasselli per creare quel ponte con l’esterno che potrà loro servire una volta riaccolti dalla società”.

Mondo a quadretti non è solo il nome del giornale del carcere di Fossombrone, è anche quello di un’associazione che svolge opera di volontariato guidata da don Guido Spadoni, parroco di Montebello di Orciano, che è anche il cappellano dell’istituto di pena. “Quando un detenuto finisce di scontare gli anni di pena – ha affermato – si vede costretto ad affrontare altre sbarre e porte, quelle dell’indifferenza e della diffidenza. Grazie alla nostra associazione i detenuti hanno la possibilità di essere reinseriti gradatamente nella società senza subire, per quanto possibile, traumi ulteriori”.

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