QUA LA MANO…

È vero che Biden è il secondo presidente americano cattolico dopo il grande John Fitzgerald Kennedy, ma è anche vero che tra Bergoglio e Biden c’è un comune sentire verso la delicata geopolitica di un mondo in profondo cambiamento e sul ruolo che le fedi possono avere per la felicità dell’umanità

Torna il sereno tra il Vaticano e la nuova amministrazione americana di Joe Biden. In una telefonata intercorsa con papa Francesco prima di diventare ufficialmente presidente, Biden ha espresso “il suo apprezzamento per la leadership del pontefice nel promuovere la pace, la riconciliazione e i legami comuni di umanità nel mondo”. E “il desiderio di lavorare insieme, sulla base della comune fede nella dignità ed eguaglianza di tutti gli esseri umani, su questioni come prendersi cura delle persone emarginate e povere, affrontare la crisi del cambiamento climatico, dare il benvenuto e integrare gli immigrati e i rifugiati nelle nostre comunità”.

Insomma, aria nuova. È vero che Biden è il secondo presidente americano cattolico dopo il grande John Fitzgerald Kennedy, ma è anche vero che tra Bergoglio e Biden c’è un comune sentire verso la delicata geopolitica di un mondo in profondo cambiamento e sul ruolo che le fedi possono avere per la felicità dell’umanità.

I temi in comune sono i poveri, il cambiamento climatico e l’immigrazione, i temi classici della sinistra americana, ma anche le preoccupazioni e le domande che stanno intorno all’ultima enciclica del papa argentino, Fratelli tutti.

Con l’ex amministrazione Trump, d’altronde, non è scattato l’idillio. Troppo distanti per carattere, per scelte diplomatiche e politiche, il papa e l’ex presidente Trump. Che venne in visita di cortesia dal papa con la sua famiglia nel maggio del 2017, ma le cronache più recenti ricordano come lo scorso settembre Bergoglio scelse di non incontrare Mike Pompeo, in visita a Roma, dopo che l’ex segretario di Stato aveva intimato al Vaticano di non rinnovare l’accordo con la Cina sulla nomina dei vescovi. La guerra diplomatica sotterranea, e nemmeno tanto, che l’ex presidente Usa ha perseguito nei confronti del papa è stata in questi anni sotto gli occhi di tutti, incarnando Trump l’anima conservatrice più acerrima nemica di ogni cambiamento.

I cattolici conservatori e tradizionalisti negli Usa sono più di una maggioranza silenziosa, perché stanno nei posti che contano, nella politica, nelle amministrazioni, nei giornali, nelle banche. E sono influenti sui voti. Non hanno mai visto di buon occhio Bergoglio. Che ovviamente qualche segnale già lo aveva mandato ai cattolici e alla Chiesa americana. Alla vigilia del voto per le presidenziali Usa, infatti, ha nominato cardinale l’arcivescovo di Washington, Wilton Gregory, il primo porporato afroamericano, famoso a suo tempo perché aveva criticato proprio Trump quando l’ex presidente aveva esibito la Bibbia davanti a una chiesa episcopale. Gregory fa parte di quei vescovi che stravedono per Bergoglio. Insieme a lui ci sono certamente Blase Cupich, a Chicago, Joseph Tobin a Newark, Kevin Farrel, di stanza a Roma, irlandese naturalizzato statunitense, dal 15 agosto 2016 prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, dal 14 febbraio 2019 camerlengo di Santa Romana Chiesa e dal 29 settembre 2020 presidente della Commissione di materie riservate.

D’altronde, ai cattolici conservatori americani l’enciclica Laudato si’, e l’esortazione Amoris Laetitia, con le sue aperture in materia di famiglia e divorziati risposati, non sono mai state letture di loro gradimento.

A riequilibrare il dibattito, è arrivata lo scorso settembre la rivista dei gesuiti, America Magazine, che ha definito Trump “un pericolo per la Costituzione”. Dall’altro punto di vista, il presidente della Conferenza episcopale statunitense, l’arcivescovo Jose Gomez, aveva già messo in evidenza i problemi non risolti tra il presidente Biden e ciò che pensa dell’aborto. Perché se è vero che Biden ha sempre promosso politiche inclusive e ha citato più volte le encicliche del papa, purtroppo è sentito dal mondo cattolico come l’uomo del “pro-choice”, ossia favorevole all’aborto.

Certo, ci sono tante altre questioni importanti che tengono alta l’attenzione tra la diplomazia della Santa Sede e Biden. Per esempio la Santa Sede ha apprezzato l’impegno preso da Biden a rientrare nell’Oms e a sostenere gli accordi di Parigi sul clima. E poi la Cina, all’orizzonte. Chiaro che il Vaticano mai accetterà l’ingerenza di uno sta-to sovrano sugli accordi diplomatici con la Cina e, su questo, pare che l’atteggiamento della nuova amministrazione sia più cauto e rispettoso delle differenti opinioni.

Dal venti di gennaio 2021 qualcosa dunque è variato, non solo nella più grande democrazia del mondo, ma anche all’interno di quei rapporti diplomatici tra Usa e Santa Sede che però alla fine scrivono la storia. Il papa argentino dell’enciclica Fratelli tutti ha un nuovo alleato, sensibile alle politiche inclusive dove la povertà e la diseguaglianza trovano traccia per un nuovo futuro dell’umanità.

Se Joe Biden, il progressista e democratico americano Joe Biden, riuscirà a mantenere le promesse fatte in campagna elettorale – e pare proprio di sì, a giudicare la sua storia personale e la sua mitezza d’animo che non significa arrendevolezza – allora non solo ci guadagnerà un clima più distensivo tra Stati Uniti e Santa Sede. In realtà a guadagnarci sarà il mondo intero. E anche la Chiesa americana, presa negli ultima tempi da tanti problemi.

Meglio di così, almeno ad ascoltare le opinioni che filtrano Oltretevere, non poteva andare.