“Prendiamo tutto dalla mano amorosa di Dio: chi non porta la croce dietro di Gesù Cristo e non lo segue non può essere suo discepolo. Mi direte che la croce l’avete; orbene questo è un segno, questo è quanto il Signore vuole da voi. Verrà poi il tempo della consolazione». Sono parole tratte dalla lettera scritta da san Gabriele al padre Sante Possenti tra la fine del 1859 e il 1860, mentre era studente.
Leggo questa esortazione del giovane passionista dopo aver terminato da poco una riunione con l’unità di crisi che ho costituito nel febbraio scorso allo scoppiare della pandemia da Covid-19; abbiamo discusso a lungo su come salvaguardare l’incolumità delle persone anziane e di quelle con disabilità non autosufficienti che ospitiamo nelle case del Cottolengo in Italia e all’estero al nuovo acuirsi della situazione pandemica. Mentre leggo e rileggo la lettera di san Gabriele ho impresso nella memoria gli occhi spaventati di qualche operatore come pure la sconsolante rassegnazione di anziani che da mesi vedono i parenti con il contagocce o per via telematica; qualcuno di loro ha ceduto le armi e si è lasciato andare nonostante i tentativi di vicinanza e di affetto degli operatori. Ripenso all’anno trascorso e, con un certo timore tenuto ben nascosto nel cuore, provo a dare coraggio e fiducia a chi mi sta vicino, a motivare, a far sentire che quello che ci aspetta, qualsiasi cosa sia, lo affronteremo insieme. Ma ripenso anche al volto di Eleonora, malata di tumore, che questa mattina ha lasciato in lacrime figli e marito e a soli 52 anni ha concluso la sua giornata terrena raggiungendo la casa del Padre; arrivato al suo capezzale, dopo giorni di dolore e di cura vissuti con la famiglia, ho potuto aiutare il marito a chiuderle gli occhi in un dolore straziante!
L’appello di san Gabriele mi risuona forte e provocatorio: prendiamo tutto dalle mani di Dio! Reagisco! Ma che significa che Dio vuole il male? Il solo pensiero mi genera un brivido nella schiena! Ho bisogno di fermarmi, riflettere, e così vado davanti al crocifisso che ho in stanza! Non riesco a dirgli niente ma nemmeno a staccare lo sguardo da quel volto sofferente e innocente del Figlio di Dio che, per amor mio, ha accettato la morte dei maledetti e ci ha salvati. Mi viene da pensare – pur con una certa fatica – che egli sia davvero alleato con tutti coloro che lottano contro ogni male e malattia a partire da quella di Eleonora, comincio a pensare che la notte dell’umanità che stiamo vivendo per questa pandemia non piace nemmeno a lui. Il pensiero corre e arriva addirittura a considerare che questa prova che sta distruggendo l’umanità o per malattia o per disastro economico o per conseguenze psicopatologiche, potrebbe essere persino un’occasione per portare la croce dietro a Gesù e con lui provare a reagire a ogni forma di male amando, combattendo, offrendo, vivendo il vangelo della carità e persino partecipando alla sua opera di salvezza del mondo. Non voglio sublimare per spirito di sopravvivenza esperienze così dure e il diavoletto mi tenta nell’insinuare che pensieri del genere vengono per tamponare la durezza del momento. Eppure non trovo un altro senso!
Forse il tempo della consolazione di cui parla san Gabriele nella sua lettera è già iniziato; è iniziato per me quando ho avuto il coraggio di guardare al Dio crocifisso che nel silenzio mi ha ripetuto ancora una volta: sei prezioso ai miei occhi, io ti amo! È iniziato perché c’è una casa come quella in cui ho la fortuna di vivere nella quale si prova a condividere i dolori oltre che le gioie; il tempo della consolazione è già iniziato perché Cristo ha pianto per l’amico Lazzaro e oggi piange con noi nell’attesa della resurrezione di questo mondo così ferito e sofferente!