POVERTÀ E IPOCRISIA

“È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese”. Sono passati settant’anni dall’entrata in vigore (1 gennaio 1948) della Costituzione italiana. La ricorrenza è stata celebrata in vario modo. Tutti coloro che ne hanno commentato il portato – nessuno escluso – hanno posto in evidenza la modernità della Carta fondamentale. Senza dubbio. Calamandrei, il più grande dei giuristi della Costituente, parlò della nostra costituzione come la prefigurazione di una rivoluzione da attuare.

Ormai, però, sono trascorsi settant’anni e di quella rivoluzione sociale non c’è traccia. Gli ostacoli non sono stati eliminati, anzi sono aumentati: i ricchi accumulano sempre più risorse mentre i poveri sprofondano sempre più nel baratro della sopravvivenza. La povertà in Abruzzo aumenta con ritmi geometrici. Le Caritas diocesane delle nostre città sono sommerse da richieste di famiglie che chiedono aiuto per il cibo, per pagare le bollette e perfino per vestirsi. Nella nostra regione, secondo i dati Istat, circa l’11,2% della popolazione si trova a vivere una situazione di totale indigenza, con una tendenza superiore alla media nazionale, in un contesto di crisi generale che spesso mette in forse anche i valori della solidarietà. Chi sono i nuovi poveri? Quelli che hanno perso il lavoro e che solo un anno fa stavano bene. I pensionati costretti ad aiutare i figli disoccupati. I giovani precari che non riescono a trovare un lavoro purchessia. I giovani che un lavoro interinale lo hanno trovato, ma che con 500 euro al mese riescono a pagare l’affitto e qualche bolletta: per il mangiare ci si affida alle mense della solidarietà. In qualche caso la dignità è più forte del bisogno e allora, piuttosto, che sedersi alla mensa dei poveri si preferisce, di nascosto, spesso di notte, rovistare nei cassonetti alla ricerca di qualche residuo di cibo o di vestiario.

Che mondo di ipocriti, il nostro. Parliamo dei poveri, di coloro che non ce la fanno a mantenere dignitosa la propria esistenza a causa delle privazioni materiali, solo a Natale. Nello stesso periodo, però, per bilanciare i sensi di colpa che ci provocano le indigenze, arrivano anche le classifiche dei più ricchi del mondo. Per trovare il primo italiano in questa speciale classifica bisogna scorrerla fino al trentatreesimo posto con soli 24 miliardi di dollari: Come dire: bisognerebbe dargli una mano per risalire la classifica. Per i 500 più facoltosi del mondo c’è stato un incremento di ricchezza del 23%: un arricchimento di quasi mille miliardi di dollari nel 2017.

Insomma, la ricchezza si concentra sempre più nelle mani di pochi, mentre la platea dei poveri aumenta senza tregua anche a causa di un inarrestabile impoverimento dei ceti medi. Più attuale di così l’articolo 3 (secondo comma) della nostra Costituzione non potrebbe essere.