PIANGE ANCHE IL SANTO DEL SORRISO

Gabriele, conosciuto come il santo della gioia e affettuosamente chiamato il santo del sorriso, spesso ha il volto rigato di pianto. Per molti riesce difficile immaginarlo così. Si è abituati a pensarlo giovane amabile e sereno; eppure coloro che in vita gli vivono accanto lo vedono piangere spesso. Ma il suo pianto non è segno della incapacità di farsi rispettare; non è frutto di delusione e neppure specchio di carattere debole; non è espressione di sofferenza che lui ama e ricerca e quando arriva l’accoglie come un dono del cielo perché lo rende partecipe della Croce del Signore e dei dolori della Madonna. Il pianto di Gabriele ha qualcosa di particolare; ritorna con meticolosa puntualità nei momenti più significativi della sua vita rivelando un mondo interiore ricco di limpida sensibilità e di bruciante anelito della perfezione.

Ancora piccolo, Gabriele piange quando eccede nei capricci, comuni ad ogni bambino. Il papà è particolarmente affezionato a quel tesoro di figlio ma, lineare ed esigente, è vinto dalle lacrime solo perché le sa espressione di sincero pentimento accompagnato dalla promessa di essere più buono.

L’avvenimento chiave nella vita di Gabriele porta il sigillo del pianto. Quando la Madonna, a Spoleto durante la processione, lo guarda maternamente accorata chiamandolo alla vita religiosa, lui già diciottenne sguscia via dalla folla, si apparta e prorompe in un pianto dirotto. È la fine di lunghi tentennamenti e l’inizio di una vita nuova con un cambiamento radicale di prospettive e progetti.

Di lì a qualche giorno il pianto si rinnova quando, entrato in convento, Gabriele implora in ginocchio preghiere dai suoi confratelli definendosi “povero peccatore”. E piange ancora nel vestire “con inesplicabile contento” l’abito religioso passionista. Quell’abito sarà da lui sommamente amato e indossato quasi con venerazione; non lo toglie neppure dormendo. Prossimo alla morte, dovrà toglierlo a causa della malattia. Lo bacerà con affetto, lo guarderà con amore e gli parlerà piangendo: “Perdonami! Io vorrei morire vestito di te… Ma la malattia vuole così”. Piegano l’abito e glielo collocano vicino perché lui lo possa vedere. Quelle lacrime hanno commosso tutti e tutti hanno capito quanto Gabriele ami l’abito passionista; lo ama perché lo vede segno della sua consacrazione alla Passione di Gesù e ai dolori di Maria.

Piange ancora nel chiedere perdono di mancanze che crede di avere commesso o quando andando a passeggio incontra qualcuno che soffre. Coltiva nel cuore un ardente desiderio della santità; sente che Dio lo vuole santo; ma lui si vede pieno di difetti. Parlando con i confratelli confessa accorato di essere tanto lontano dalla perfezione; e le parole muoiono soffocate dal pianto. Pochi mesi prima della morte “con accento umilissimo e con le lagrime agli occhi” supplica il direttore: “Me lo dica padre, se nel mio cuore c’è qualcosa benché piccola che non piace a Dio, perché voglio strapparla a ogni costo”. Ma padre Norberto, che di quel cuore conosce perfino il colore dei sospiri più lievi, deve farsi violenza per nascondere la sua emozione e per non piangere anche lui. Infatti, cosa potrebbe rimproverargli?

Gabriele non riesce a trattenere le lacrime neppure quando parla di Gesù nascosto nell’Eucaristia, perché lo vede ignorato dalla freddezza umana. Con innocente candore invia il suo angelo custode a tenere compagnia al Signore abbandonato nel tabernacolo. Si commuove anche quando medita su Gesù Crocifisso e Maria Addolorata e quando pensa alla grazia della vocazione passionista, grazia avuta dal Signore per intercessione della Madonna.

Gli occhi di Gabriele, scriverà padre Norberto, “sembravano due stelle ed erano bellissimi”: in quegli occhi rigati dal pianto è possibile ammirare un mondo di grazia e leggere un poema affascinante.

I devoti di Gabriele, contemplando il suo volto o raccolti in preghiera vicino alla sua tomba, spesso piangono commossi anche loro e ringraziano il Signore e la Madonna per aver donato alla Chiesa questo giovane santo al quale si rivolgono con serena fiducia e struggente affetto.