PERCHÉ LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA

By carmine arice
Pubblicato il 3 Aprile 2018

Cari amici abbiamo celebrato da poco la Pasqua del Signore e nella liturgia l’invito alla gioia è risuonato più volte, una letizia che si fonda anzitutto nella fede in Cristo Risorto; in lui “la vita ha vinto la morte”, per sempre. Questa notizia è fonte di grande speranza e anche di coraggio perché ci ricorda che tutte le nostre sofferenze sono penultime, compreso la morte, anch’essa destinata ad essere sottomessa alla Signoria di Dio!

Per questi motivi è impensabile un cristianesimo senza gioia, non è credibile. Perché credere ad un Dio che non rende piena e lieta la mia vita? Con ragione è stato scritto, commentando il vangelo delle beatitudini: “Molti contemporanei sono increduli perché gli era stato presentato un Dio che voleva la loro pelle, la loro gioia di vivere, il loro desiderio di creatività. Un simile Dio, un Dio di morte, essi lo hanno – con piena ragione – respinto. Le beatitudini, invece, cominciano col presentarci un  Dio di vita e di felicità, un Dio di cui non c’è da diffidare: Egli non ci metterà negli impicci, sarà sempre dalla parte della vita”. (J.F. Six).

Il Dio di Gesù Cristo è il Dio della gioia, della pienezza di vita, della bellezza, un Dio che “tutto dona e nulla toglie” come ha ricordato papa Benedetto XVI all’inizio del suo pontificato e come ci ha scritto papa Francesco nel suo programma pastorale, la lettera apostolica Evangelii Gaudium, la Gioia del Vangelo.

Ma su questa terra, nella nostra vita terrena, quali sono le vie della gioia? La risposta che ci dà il vangelo è semplice, entusiasmante ed esigente: dall’amore, quello vero. La gioia, infatti, non è sperimentata da chi cerca ebbrezze prodotte da piaceri passeggeri, finirà per moltiplicare cause artificiali di godimento, anche leciti, fino a stancarsi. La gioia non va perseguita per se stessa ma è data in dono a chi dona tempo, affetti, energie perché altri vivano e siano felici. Con un’espressione felicissima, il beato Paolo VI scrisse nella Gaudete in Domino, Esortazione Apostolica per l’anno santo del 1975: “In Dio tutto è gioia perché tutto è dono”. La misura della gioia sperimentabile, infatti, è l’amore con il quale ci doniamo ai nostri fratelli. Lo dicono i santi della carità, come il Cottolengo del quale questo mese celebriamo la festa e che è ricordato anche per la sua letizia esuberante, frutto della sua vita donata.

Il termine gioia ricorre nel Nuovo Testamento 59 volte, senza contare gli affini e i sinonimi. Un numero così alto di frequenza a ricordarci che essa è lo scopo di tutta l’opera di Cristo a favore dell’uomo. Infatti ha detto Gesù: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena” (Gv 15,11). Il grande biblista e vescovo, cardinale Carlo Maria Martini ha scritto che la gioia è un segno chiarissimo della presenza dello Spirito Santo: “Se vogliamo capire dove lo Spirito del Signore sta operando, sta agendo in una comunità, in una persona, in una decisione, dobbiamo verificare la presenza o l’assenza della gioia. Se è assente vuol dire che lo Spirito non c’è; se c’è gioia possiamo pensare che lo Spirito santo c’è”.

Nulla può intaccare la gioia frutto dello Spirito santo, quella che ci permette di essere lieti anche nelle tribolazioni, come ha scritto l’apostolo Paolo: “Sono pieno di gioia in ogni nostra tribolazione” (2Cor 7,4). Se siamo amici di Dio avremo il cuore di Dio, e se avremo il cuore di Dio l’amore ci spingerà al dono generoso verso i fratelli e così la gioia sarà con noi!

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