Partendo dal presupposto che l’identità territoriale si costruisce sulle caratteristiche del paesaggio, sulle peculiarità dei centri urbani e delle aree rurali, sugli usi e costumi delle comunità che vi abitano e sulle loro tradizioni, nel 2007 la provincia di Ascoli Piceno e successivamente quella di Fermo hanno dato vita al progetto Piceno welcome – Circuiti delle cucine tipiche locali ritenendo l’enogastronomia, nel significato più ampio del termine, un aspetto di grande rilevanza nell’ambito di un riconoscimento tipico. A tal fine non ci si limita solo alla citazione di un piatto piuttosto che un altro, ma si allarga l’analisi ai vari elementi che confluiscono su di essa: la scelta e la provenienza delle materie prime, la loro qualità, il modo di lavorarle e assemblarle, le tecniche tradizionali, le varianti di una stessa ricetta. Una premessa, quest’ultima, che gli ideatori del circuito ritengono indispensabile per capire il progetto. La manifestazione si snoda in una serie di appuntamenti culinari in ristoranti aderenti all’iniziativa che sono stati divisi per circuiti: la cucina della montagna, degli orti, del gusto, delle erbe spontanee, del mare, oltre che del tartufo, dei briganti, dell’oliva ascolana, dello spirito (con riferimento alle ricette dei monasteri) e di Lepanto. Ogni incontro a tavola avviene sotto l’insegna del “made in Piceno” nel senso che i comuni interessati forniscono i prodotti di alta qualità attingendo a coltivazioni ed allevamenti dei posti. “Facilmente si potrà obiettare – disse l’assessore provinciale di Ascoli, Avelio Marini, al momento del varo del progetto – che alla luce del processo di globalizzazione le considerazioni addotte hanno perso significato, ma l’obiezione è condivisibile solo in parte perché abbiamo ancora la fortuna di possedere importanti armi di difesa contro l’omologazione alimentare. Per citarne alcune: la straordinaria biodiversità del bacino mediterraneo, la ricchezza della nostra terra, l’attenzione e l’uso sempre crescente negli anni più recenti di pratiche colturali rispettose dell’ambiente, il proliferare dell’artigianato alimentare, la diffusione di piccole produzioni di qualità e dell’agricoltura biologica”.
Il “circuito”, nato a supporto dell’ampliamento dell’offerta turistica, si identifica come progetto itinerante, dato che si articola in appuntamenti diffusi nei centri delle province di Ascoli e di Fermo e diluiti nei dodici mesi dell’anno. Anche per il 2014, quindi, si porteranno alla luce le ricette della cucina popolare gelosamente custodite. Lo scopo è altresì quello di legare il territorio a sapori, aromi e gusti ormai dimenticati. Per il mese di giugno, ad esempio, gli appuntamenti con la cucina di tradizione si terranno a Porto San Giorgio, Monte Vidon Corrado, Monte Urano, Offida, Comunanza, Sant’Elpidio a Mare, Fermo, Montalto Marche e Smerillo. Collabora all’iniziativa l’associazione culturale Alvaro Valentini che, con il progetto Chi mangia la foglia, punta a valorizzare le erbe commestibili o spontanee da impiegare in cucina secondo un dettato millenario. Pure in questo caso si intende traslare più conoscenza possibile sull’argomento al fine di aumentare il grado conoscitivo e quindi l’apprezzamento del fruitore.
Entrando nel dettaglio dei vari progetti seguiamo la ricerca curata da Stefano Greco secondo il quale il “circuito della montagna” trova la sua ragion d’essere nella variegata bellezza e ricchezza dell’area montana e submontana che offre una fioritura di prodotti spontanei e naturali come funghi, castagne e frutti di bosco. Qui ci troviamo nei luoghi dei Monti Sibillini dove la storia è intrisa di leggende e dove è possibile riscoprire la Zuppa delle fate, il cui piatto è ispirato alla mitica figura della Sibilla Appenninica. Da rilevare che tra i Sibillini e i Monti della Laga nascono spontaneamente 500 varietà di funghi. Da ciò scaturisce un menù saporito che è prerogativa soprattutto dei comuni di Arquata del Tronto e di Comunanza. Quando si parla, invece, del “circuito della cucina degli orti” si fa riferimento ai centri di Belmonte Piceno, Massignano, Spinetoli e Montalto Marche. In questi luoghi la gastronomia riscopre l’anima più autentica del piceno e del fermano legato all’orticoltura e quindi alla stagionalità, alla cadenza delle fasi lunari e del calendario agricolo che dettava i tempi della vita quotidiana delle famiglie contadine. L’orto, insomma, come dispensa di famiglia, ora anche di valorizzazione di semine ormai di scarsa produzione quali le Taccole di Massignano dette pure “piselli mangiatutto”.
I palati che si cimentano nella ricerca del gusto, in particolare dei sapori dimenticati, possono fare tappa a Carassai, Falerone, Massa Fermana, Monte Vidon Corrado e Rotella, centri tra i più interessanti d’Italia perché circondati da un paesaggio dolcemente collinare, dove la qualità del cibo si fonde in armonia con una migliore qualità di vita. In tavola antiche ricette ma anche piatti innovativi con l’ausilio di erbe spontanee che sono in grado di esaltare qualsiasi tipo di pietanza. Una delle maestre indiscusse nella scelta delle erbe è Noris Rocchi, del cui impegno beneficiano i ristoranti di Francavilla d’Ete, Montefiore dell’Aso, Petritoli e Smerillo, pronti a coniugare l’uso di tali erbe con la tradizione locale ed altre peculiarità della zona: a Petritoli, ad esempio, si punta a sviluppare il discorso delle erbe legato agli oli monovarietali del Piceno con una serie di manifestazioni presentate sotto il titolo Erba olio, che diventano Cuochi in erba a Francavilla d’Ete ed Erbe del gusto e dei misteri a Smerillo per finire con Le erbe dei sapori e dei saperi a Montefiore dell’Aso. Il circuito della “cucina marinaro adriatico” ci trasferisce dall’entroterra alla costa, in quel “mare nostrum” di romana memoria che ha sempre significato lavoro e vita traendone l’uomo le risorse per la propria esistenza. Al centro dell’interesse, per chi si reca sulla riviera, non può non essere la prelibatezza del pescato con in evidenza il celebrato “brodetto” di San Benedetto del Tronto e di Porto San Giorgio. Siamo in presenza di una gastronomia che parte dalla cucina di bordo in uso nei piccoli pescherecci, fatta di piatti semplici, per finire con i menù più elaborati e ricchi delle festività.
Ci sono, infine, i piatti al tartufo, prevalenti nei comuni di Amandola e di Montefalcone Appennino, che, pur non vantando l’area geografica una tradizione di carattere commerciale del prezioso tubero, emergono in tutta la loro espressione olfattiva, gustativa e culinaria. È possibile assaporare un abbinamento culinario fatto con i prodotti della terra e del mare che si presenta come La cucina di Lepanto a ricordo della partecipazione di un gruppo di montanari alla prima grande battaglia combattuta in mare. Altro nome suggestivo è quello de La cucina dei briganti che unisce a filo doppio il Montecalvo, una delle più suggestive aree di Acquasanta Terme, con il confinante Abruzzo. A contribuire alla connotazione del sistema è ovviamente l’attività dei ristoranti che, affiancandosi al circuito, stanno assicurando la promozione della cucina tipica in modo continuativo e duraturo evitando così la limitazione dell’operazione.