PATATE DI VETTA

By Gloria Danesi
Pubblicato il 1 Marzo 2014

«Vai a farti friggere!». “Volentieri”, risponde la patata abruzzese. Dalle Ande agli Appennini, questo il tragitto del giallo tubero, inverso a quello del bambino genovese alla ricerca della madre emigrata in Argentina nel commovente racconto di Edmondo De Amicis. Storie di lacrime: di gioia scaturite dal reincontro e di piacere per un piatto di patatine fritte. La patata è infatti originaria dell’altopiano andino sulle rive del lago Titicaca, tra la Bolivia e il Perù. Arriva in Europa verso la fine del 500 e in Italia trova il suo habitat ideale non a caso su un altopiano che ha ospitato, fino a poco meno di 100 anni il lago del Fucino. La nostra penisola è stata da sempre una bella attrattiva per viaggiatori, poeti e… piante.

La patata del Fucino è tanto buona e ricercata da essere a rischio contraffazione; a tal ragione ha appena ottenuto il marchio Igp (Indicazione geografica protetta). Una tutela a vantaggio dei produttori e consumatori di questa squisita polpa gialla contenuta in una buccia prevalentemente chiara che, a differenza di altri tuberi, presenta un contenuto minore di acqua e quindi non vi è cedimento di consistenza e conseguente sviluppo di zuccheri. Questi ultimi ostacolano la cottura omogenea tra la parte interna e quella esterna, una caratteristica fondamentale per avere insuperabili patate fritte, leccornia per eccellenza di piccoli e grandi. Una patata, quella marsicana, di alta qualità dovuta alle peculiarità organolettiche, alle dimensioni e al colore derivanti dal tipo di terreno: fertile e ricco di sostanze per essere stato a lungo sommerso dall’acqua, nonché dalla tipologia del seme e dalle modalità di coltivazione maturate in anni di amorevole esperienza.

Merita di essere ricordata la centralità a livello nutrizionale della patata nella civiltà agropastorale, peso solo in parte diminuito in quella moderna, gustosa com’è nella molteplicità delle preparazioni culinarie: lessa, in purea, negli gnocchi e nella frittata o in aggiunta nella preparazione del pane e della polenta. La sua immagine sbiadita di “cibo dei poveri” è stata riabilitata dai dietologi come alimento ideale perché a basso contenuto calorico, molto digeribile, privo di grassi e colesterolo, con buone quantità di fibre, vitamine essenziali e minerali.

Vi è poi un’altra varietà molto saporita, iscritta nel registro nazionale dei prodotti tradizionali, che ha trovato allocazione alle falde della Maiella e per questo denominata patana muntagnola (patata medio Sangro). La zona di produzione ricade nei comuni di Montedromo, Pizzoferrato (sagra annuale), Gamberale e Civitaluparella, tutti in provincia di Chieti. Un territorio bellissimo sotto il profilo naturalistico dove piccole aziende familiari sono dedite all’agricoltura in quota (800-1400 metri slm). Documenti attestano la messa a coltura del tubero fin dall’inizio dell’ottocento. La forma è tondo/ovale, regolare con buccia rossa e polpa gialla/bianca, può essere cucinata in ogni modo ma offre il meglio di sé al cartoccio e al forno. Inoltre è ingrediente di un piatto tradizionale i frascarielli, una deliziosa minestra lenta di farina, un tempo somministrata alle partorienti per aumentare la produzione di latte. Quella a pasta bianca, più farinosa, è indicata per gli gnocchi e la purea. La novella muntagnola, invece, raccolta a maturazione non ultimata viene bollita e consumata con tutta la buccia.

All’ombra dell’altro nume tutelare d’Abruzzo, il Gran Sasso, troviamo madama la turchesa, un’antica varietà quasi scomparsa, dalla buccia color viola intenso, a pasta bianca, con poca acqua e tanti antiossidanti. Superlativa cotta sotto la cenere e per gli gnocchi. Speriamo che il progetto di recupero e messa a coltura, che l’ente parco ha affidato agli “agricoltori custodi”, vada a buon fine così da poterla assaggiare a breve. Considerato l’utilizzo del tubero – oltre nel campo alimentare risulta prezioso anche nel comparto industriale, nelle cure naturali e nella pulizia della casa – si giustifica pienamente l’adagio popolare: “Cruda, arrosto oppur lessata benedetta la patata”.

 

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