PASSI DI SPERANZA

UN’EMERGENZA PLANETARIA
By Marta Rossi
Pubblicato il 1 Maggio 2015

La campagna di Medici senza frontiere punta a sensibilizzare governi, associazioni e persone comuni al dramma che queste persone vivono ogni giorno. Un numero mai così alto negli ultimi cinquanta anni: 51 milioni di persone in fuga dal proprio paese. Si scappa da guerre, carestie, violenze  È il 2012 quando la fotografa statunitense Shannon Jensen documenta l’esodo dei profughi del Sudan verso il sud del paese per sfuggire ai combattimenti dell’esercito. Fotografa le scarpe  logore di bambini, donne, uomini in cerca della salvezza, come simbolo di un cammino che ogni anno coinvolge in tutto il mondo 51 milioni di persone. Da qui, nasce la campagna #Milionidipassi di Medici senza frontiere (Msf), per sensibilizzare governi, associazioni e persone comuni al dramma che queste persone vivono ogni giorno. Un numero mai così alto negli ultimi cinquanta anni di persone in fuga dal proprio paese: si scappa da guerre, carestie, violenze. Tutto, concomitante con le grandi crisi umanitarie in Medioriente, in Africa. Siria, Iraq, Congo, Sudan: sono teatri quotidiani di violenze, carestie, focolai di epidemie che costringono persone fino a qualche tempo prima normali – con un lavoro, una casa, dei figli – a scappare.

Tra questi ci sono gli sfollati, 33 milioni nel mondo alla fine del 2013, che fuggono senza però valicare i confini del loro paese. Tre quarti di questo numero impressionante sono donne e bambini ai quali manca tutto, dall’acqua potabile all’assistenza medica. Nei campi dove si radunano queste persone, Msf combatte quotidianamente una battaglia per far arrivare almeno 20 litri a testa di acqua potabile e per smaltire i rifiuti in modo da abbattere il rischio dello sviluppo di patologie. Sud Sudan e Repubblica Centro Africana sono i luoghi dove l’emergenza è continua.

Sono 16 milioni, invece, i rifugiati (di cui il 50% sotto i 18 anni). Pakistan, Mauritiana, Siria. Luoghi dove l’uomo con la guerra ha flagellato un territorio già martoriato da carestie e disastri ambientali. In Pakistan ogni ora muore una donna per complicazioni legate al parto: dei 16 milioni di rifugiati, il 5% è composto da donne incinte. Il Pakistan, poi, ha dovuto ospitare anche oltre 1 milione e mezzo di afghani in fuga dalla guerra. In Mauritiana, all’inizio del 2014 c’erano circa 60mila persone accampate nel deserto. I bambini soffrono di gravi forme di malnutrizione che peggiorano con l’arrivo in questi campi improvvisati. A Fassala, Msf ha allestito un campo di assistenza medica che a causa della carenza di fondi istituzionali non riesce a sopperire alle richieste di tutti.

La Siria è invece il teatro della peggiore catastrofe umanitaria al mondo. Oltre 200mila morti, quasi 8 milioni di persone sfollate in cerca di riparo all’interno del paese e quasi 4 milioni in fuga all’estero. Al quinto anno di guerra, gli aiuti umanitari non riescono a raggiungere milioni di persone bloccate in alcune zone interne del paese. Msf, anche a causa del deterioramento della situazione, ha dovuto ridurre l’attività in Siria: continua però la sua attività in cento cliniche e ospedali da campo, portando assistenza anche in Giordania, Libano e Iraq dove più alta è la concentrazione di rifugiati, come a Domeez (Iraq), campo allestito per ospitare 27mila persone, ne ha in cura oggi circa 60mila.

Poi ci sono i migranti. Sono quelli che tentano il viaggio anche in condizioni impervie e pericolose per raggiungere paesi lontani. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2014 3mila migranti hanno perso la vita attraversando il Mar Mediterraneo per raggiungere il vecchio continente. L’Europa, nonostante accolga meno del 10% dei migranti di tutto il mondo è diventata la meta più pericolosa proprio perché in tanti hanno perso la vita tentando la traversata del Mediterraneo. Purtroppo, però, mentre l’Europa sta chiudendo le proprie frontiere, i migranti sono costretti a rivolgersi ad altri paesi dove vengono torturati e rischiano la morte. Anche qui, Msf ha portato assistenza in Marocco, in Yemen, in Turchia e in Grecia, considerati paesi di transito ma dove i migranti non vengono assistiti. Anzi, a causa del loro status di clandestini, sono facili prede per le reti di traffico e della tratta di esseri umani. La Libia, con la crisi scoppiata di nuovo nel 2014, vive un momento di caos estremo. Ai centri di Msf arrivano a fatica i medicinali e alcuni sono stati costretti alla chiusura.

Anche la Serbia, altro paese di passaggio verso l’Europa, offre soltanto i suoi boschi e le foreste impervie, dove spesso i migranti sono vittime della criminalità. “Con le sue politiche restrittive – ha detto il presidente di Medici senza frontiere Italia, Loris De Filippi – l’Europa sta creando una nuova crisi umanitaria. I governi portano la responsabilità di scelte disumane che impediscono alle persone di fuggire e tradiscono il loro diritto a ricevere assistenza e protezione, alimentando un meccanismo mortale che va disinnescato al più presto. All’Europa, al governo italiano, chiediamo vie legali e sicure per raggiungere il continente, il ripristino di attività di ricerca e soccorso in mare, e piani di emergenza per garantire sempre adeguate condizioni di accoglienza”.

L’Europa, appunto. Abbiamo davanti agli occhi le immagini, ormai tristemente ripetute, dei cadaveri al largo di Lampedusa. Msf sull’isola, oltre a portare assistenza diretta, collabora con l’azienda sanitaria locale effettuando visite mediche. Anche nel Mar Egeo non va meglio: per scappare dalla Turchia i migranti si mettono in viaggio ma le isole Egee non hanno strutture adeguate per l’accoglienza e l’assistenza. Msf è stata costretta a due interventi di emergenza per assistere 350 migranti.

“Queste persone sono costrette a fuggire perché non hanno altra scelta per sopravvivere, sono vittime ma vengono considerate una minaccia – dice ancora De Filippi – Serve un nuovo approccio umanitario, che guardi alle loro indicibili sofferenze e alle ragioni della loro fuga, non al loro status o ai timori dei paesi di arrivo. Chiediamo a tutti di fare il proprio passo perché abbiano salva la vita e trovino l’aiuto e la protezione che meritano”.

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