il giorno del giubileo delle confraternite ho incontrato un mio vecchio amico, don Vincenzo Piccioni. Ci siamo conosciuti ai tempi della formazione iniziale perché anche lui era postulante con i passionisti, ma nel tempo ha seguito la via del seminario e della diocesi. Oggi è sacerdote nella diocesi di Avezzano (AQ).
Don Vincenzo è venuto a San Gabriele per un impegno particolare: da due anni è l’incaricato del coordinamento e della pastorale delle confraternite per la regione ecclesiastica abruzzese-molisana che mi spiega essere “un cammino in divenire che ha subito un rallentamento durante la pandemia, ma che ora si cercherà di organizzare meglio anche grazie al nuovo vescovo ausiliare di l’Aquila, monsignor Antonio D’Angelo”.
Vivendo dunque da vicino la realtà delle confraternite ne approfitto per chiedergli un po’ della storia passata e delle aspettative per il futuro di queste realtà. In prima battuta gli domando quale sia l’attività propria delle confraternite.
Snocciolando alcuni tratti della storia che ha portato alla nascita delle confraternite mi spiega che esse nascono primariamente “per la pratica le opere di carità corporale: dal dare da mangiare agli affamati e bere agli assetati, fino alla sepoltura dei morti”. E aggiunge che il segno di vitalità delle confraternite sta nel fatto che hanno saputo adattarsi a una situazione che è mutata nel tempo, così non è insolito osservare “confraternite che si occupano di parrocchie e si preoccupano del mantenimento delle tradizioni delle varie comunità”.
Mi spiega, poi, che l’incontro di san Gabriele, per le confraternite di Abruzzo e Molise, non solo è un’occasione di ritrovo, ma soprattutto di riflessione e di confronto. Organizzata per la prima volta dai passionisti 22 anni fa (quest’anno siamo alla 21a edizione perché l’anno scorso l’incontro è stato annullato a causa della pandemia, ndr), questo raduno mi viene descritto come “un’occasione unica nel suo genere perché permette a tutte le confraternite della regione ecclesiastica di ritrovarsi. Per questo è un evento molto sentito e solitamente anche molto partecipato”.
Nella mia esperienza di missione, ho incontrato diverse confraternite. Il più delle volte erano formate da anziani. Lo faccio osservare a don Vincenzo e gli chiedo quale futuro ipotizza. “Ci sono molti giovani – osserva – che partecipano alle confraternite e spesso per una sorta di continuità: molti giovani prendono il posto dei loro nonni e che sono orgogliosi di tramandare il proprio abito ai nipoti. Così diventa quasi una tradizione che continua all’interno delle famiglie”. Circa il futuro, poi, mi spiega che si stanno organizzando percorsi di pastorale mirata anche al coinvolgimento dei giovani tanto a livello di singole diocesi, quanto a livello di regione ecclesiastica.
Concludendo il nostro incontro chiedo a don Vincenzo l’augurio che si sente di fare alle confraternite. Dice che sono piccole realtà e che incontri come questo sono per loro molto utili per percepirsi all’interno della grande famiglia della Chiesa. E questo è anche il suo: “Possano sempre sentirsi Chiesa, per collaborare in essa e con essa”.
Don Vincenzo
Piccioni