OSPITALITA’ A CHI È STANCO DI NON CAMMINARE

il segreto della fraternità di San Magno
By Gianni Di Santo
Pubblicato il 20 Marzo 2018

“La parola che amiamo particolarmente per il nostro percorso – afferma don Francesco Fiorilllo – è kenosi che significa spogliarsi, ritornare fedeli all’umiltà della terra, abbassarsi fino alle radici della propria vita umana dove abita Dio, nella sua straordinaria semplicità ed essenzialità”.

C’è un nome “importante” di mezzo, Francesco, a tessere storie di vangelo, come quello di papa Francesco e il santo di Assisi. Così, per lui, don Francesco Fiorillo, un giovane e arzillo prete quarantenne che tiene in piedi la Fraternità di San Magno, a metà strada fra Monte San Biagio e Fondi in provincia di Latina ma affidato all’arcidiocesi di Gaeta, la misericordia evangelica (e francescana) è un costruire ponti per chi e con chi ne ha bisogno e osare parole e gesti di pace in un Sud spesso martoriato da delinquenza e fragilità esistenziali.

È lo stesso don Francesco a dircelo: “La Fraternità di San Magno è porto di terra e di mare dove ogni viandante può dare una risposta alle domande di vita e di fede di tutti gli uomini e le donne di buona volontà. E una delle possibilità più preziose del nostro cammino di Fraternità, sono i corsi che proponiamo. Esperienze in cui ci si prende cura del tempo che stiamo vivendo, della propria interiorità e delle relazioni. Si viene in un fine settimana per sostare nel monastero, per riflettere, fare silenzio, ricominciare a vivere. Per ascoltare la messa. Per stare insieme, mangiare qualcosa insieme, progettare futuro insieme”.

Monastero, ma anche parrocchia, refettorio, tempio e tenda dove si progetta futuro. Sacramenti e vita. Silenzi e liturgie. Insieme. “Ecco perché – continua don Francesco – a me la parola comunità piace poco. Preferisco fraternità. Più evangelica”. E forse ha ragione lui. A scorrere le parole, i gesti e l’aria che si respira al monastero di San Magno c’è da meravigliarsi per la freschezza, l’originalità e la perfetta alleanza con l’annuncio del vangelo. Qui i giovani vengono a centinaia e centinaia durante l’anno, frequentano i corsi, sempre numerosi e di altissima qualità con la partecipazione di testimonianze profetiche, laiche ed ecclesiali, reclutate nel campo della cultura e dell’arte. Si danno da fare per un Sud che sia orgoglioso delle proprie radici e allo stesso tempo testimone di vitalità e legalità. E forse qualcuno dovrebbe cominciare a chiedersi il perché. Già, perché alla fraternità di San Magno c’è sempre il tutto esaurito? Qui l’alleanza tra tempio e vita è concreta, reale, viva, attuale. Incontri, percorsi teologici e biblici, storie ed esistenze da raccontare. La parola, certo. La preghiera e il silenzio. L’eucaristia. Ma anche la festa di autunno, inverno, primavera, estate. L’allegria e la danza. E le parole usate, perfino la liturgia celebrata, è un’ode alla vita che scorre e una risposta all’uomo che chiede solo un po’ di aiuto e sorriso.

“Noi diamo ospitalità – continua don Francesco – a chi è stanco di non camminare. Per scuoterci da questa strana stanchezza che ci avvolge togliendoci il desiderio di alzarci e camminare. Una sosta per scendere dentro e toglierci la polvere che ci impedisce di vedere la verità e la bellezza di noi stessi. Il vento leggero nasconde la presenza di Dio, la luce soffusa i dettagli e le sfumature della vita racchiudono l’amore di un Dio che è accanto a noi, a un passo da noi. Per credere in un Dio delle piccole cose, dell’essenziale; in un Dio che ha scelto di sedersi con te, con un po’ di pane e un sorso di vino alla tua tavola, di passeggiare con te nelle pieghe della tua esistenza”.

Don Francesco, poi, è innamorato non solo della parola e delle belle parole, ma anche della musica. Con la sua band gira l’Italia a parlare di buona notizia. Il suo pentagramma è un racconto di pace e di fiducia in un futuro dove Dio accoglie e accarezza. Durante un concerto al Meeting dei Giovani di Greccio, ha rivolto loro queste parole: “C’è un momento in cui ci si incrocia tutti, dove si decide da che parte stare, e le nostre scelte sono le vere rivoluzioni. Conta quello che scegliamo oggi. Dalle scelte più banali: sorridere a quella persona, andare a trovare un malato, impegnarmi nello studio, fare bene il mio lavoro. La vera rivoluzione è fare bene quello che sappiamo fare, come dovere e come piacere. E tutto questo si incrocia in un punto preciso: ora.

“La parola che amiamo particolarmente per il nostro percorso in fraternità – conclude don Francesco – è kenosi che significa spogliarsi, ritornare fedeli all’umiltà della terra, abbassarsi fino alle radici della propria vita umana dove abita Dio, nella sua straordinaria semplicità ed essenzialità. Ci piace ripercorrere nel monastero questo sentiero per ciascun uomo e donna che vi giunge, spogliarsi dell’uomo vecchio per rivestirsi dell’uomo nuovo, abbandonare le pesantezze per accogliere la leggerezza della vita, trasformare le proprie ferite in feritoie. Che diventi così per tutti un porto di terra dove approdare per poi ripartire più fiduciosi nella propria quotidianità. È il luogo stesso che fa fraternità, le sue proposte, le sue bellezze, il suo silenzio”.

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