NUOVA FRONTIERA DEL WELFARE SOCIALE

AGRICOLTURA
By Piergiorgio Severini
Pubblicato il 2 Maggio 2014

Sempre più nuove imprese agricole giovani si affacciano all’orizzonte occupazionale marchigiano. Stando alla Coldiretti nel 2013 nella regione sono nate 153  imprese under 35, il 35% in più dell’anno precedente che erano ammontate a 113. Dall’elaborazione dei dati Istat, nelle Marche sono ottomila i giovani sotto i 40 anni che oggi lavorano stabilmente in zone agricole, come conduttori aziendali o come manodopera. Di questi, quasi la metà (il 40%) è titolare di azienda. “Noi non siamo i cervelli in fuga, siamo i cervelli che restano” dice con fierezza Maria Letizia Gardoni, venticinquenne di Osimo, eletta presidente nazionale dei giovani imprenditori agricoli della Coldiretti che di questi ne conta quarantamila. Il suo è uno dei tanti esempi di chi ha trasformato uno stato di disoccupazione in attività produttiva dal reddito più che soddisfacente. Coltiva ortaggi con metodo macrobiotico portando nel lavoro quel contributo di innovazione che rappresenta oggi la chiave del successo imprenditoriale. E questo senza avere alle spalle una tradizione agricola familiare in quanto i suoi genitori sono entrambi funzionari pubblici.

“Fin da piccola – racconta Maria Letizia –  avevo l’idea di impegnarmi in agricoltura ed ho coronato il mio sogno a 19 anni, età in cui acquistai un terreno con mutuo e diedi corpo alla mia azienda, nove ettari nelle campagne di Osimo”. L’inizio è stato altalenante di risultati avendo provato a coltivare ortaggi per l’industria, ma, resasi conto che non era questa la sua “dimensione”, non tanto produttiva quanto mentale, si guardò intorno e cambiò direzione. La svolta è arrivata grazie a un’autentica folgorazione per la “policoltura ma-pi”, dal nome di Mario Pianesi, l’uomo che ha portato il macrobiotico in Italia. La Gardoni ha iniziato così a coltivare cavoli, insalata, carote, finocchi con i quali oggi rifornisce i punti macrobiotici della provincia di Ancona. Nel frattempo si è laureata in scienze e tecnologie agrarie con una tesi sullo spopolamento degli alveari. Il suo prossimo obiettivo è aprire un centro agricolo di ippoterapia per gli afflitti da handicap, sviluppando così un progetto di agricoltura sociale.

Sono molti, comunque, nella regione, ad aprire le loro aziende al welfare sociale nel segno di una condivisione del bene con i meno fortunati. Un altro esempio ci viene dall’azienda agricola biologica Il lago nella valle di Paolo Guglielmi, 27 anni, neo-presidente dei giovani della Coldiretti delle Marche. Nella sua proprietà di Monte San Vito si entra in contatto con uno degli esempi più interessanti di agricoltura sociale. Studente universitario a Roma, Paolo ha avuto sempre un’attrazione per la terra da spingerlo a tornare nelle Marche trovando nella tenuta dei nonni la sua ragione di vita. Partendo da un’avventura, un piccolo punto vendita di prodotti dell’orto, Guglielmi ha poi creato i presupposti per lo sviluppo di una nuova attività, quella della vendita diretta. Attualmente è un punto di riferimento per la multifunzionalità nel settore. Anche lui ha aperto le sue porte ai problemi del sociale e nel Lago nella valle ospita famiglie e bambini (150 ragazzi nel 2012) con i quali applica il metodo Montessori, coinvolgendoli in attività creative come visite notturne nel bosco e riciclo di materiali e oggetti di scarto. Sta ora pensando alla possibilità di avviare agrinido e agricampeggio. Nella sua struttura trovano spazio anche giovani con problemi di disabilità varie, in convenzione con gli enti locali, per favorirne il reinserimento lavorativo. E il prossimo obiettivo è quello di allargare l’ospitalità agli anziani, grazie al bando promosso dalla regione sulla longevità attiva. Tutti i mezzi che vengono utilizzati in azienda, dai furgoni ai motorini, sono esclusivamente elettrici. La salvaguardia dell’ambiente prima di tutto. Il vulcanico Paolo ha pensato anche a coloro che, vivendo in città e non potendo sempre consumare prodotti freschi, ha dato vita al progetto Orti di pace mettendo loro a disposizione degli spazi verdi: pezzamenti di terra da 200 mq al costo fisso di 300 euro annuali che singoli soggetti o gruppi di famiglie possono affittare per far coltivare dagli stessi locatori prodotti biologici per uso domestico. Gli aderenti al progetto avranno poi l’opportunità di raccogliere da soli tutte le verdure e la frutta di cui hanno bisogno. È, in sostanza, l’adozione di un orto a distanza.

Il welfare sociale, che trova ospitalità nelle aziende agricole, è attuato non solo nei riguardi dei disabili, ma pure nei confronti di detenuti condannati a pene alternative al carcere per dare loro una prospettiva di lavoro. Un esempio arriva da Staffolo dove ciò avviene nel podere Le noci di Francesca Gironi, presidente regionale di coltivatori donne impresa. Si calcola che siano 45 mila le donne che hanno trovato una loro dimensione lavorativa in ambiente rurale. Realtà consolidate sono gli agrinido di Pievebovigliana e di San Ginesio nel maceratese, così come a Pievetorina l’allevamento biologico di galline per la produzione di uova diretto dalla ventitreenne Alba Alessandri, all’interno del quale circa 12 mila animali girano liberamente in due ettari di prati e strutture coperte. Ancora nel maceratese ha puntato sulle capre Jessica Masullo, un passato da impiegata, dalle quali ricava latte, yogurt e formaggio. Nel fermano, a Mogliano di Tenna, Michela Muccichini non trovava lavoro finché decise di utilizzare un terreno di famiglia per piantarci il grano e produrre pane dando vita a un forno a km zero. Sul pane hanno puntato anche le sorelle Podgornik di Urbino.

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