NULLA SARà COME PRIMA…
Guai se tutto rimanesse come prima e l’umanità, l’Europa, non imparassero la lezione del Coronavirus e cioè che siamo tutti vulnerabili e che ci si salva o perde insieme. Saranno tempi duri per tutti. Il Covid-19 deve segnare l’inizio di una nuova epoca per l’umanità, quella della solidarietà e condivisione
Quando riceverete questo numero de L’Eco si spera che il Coronavirus sia in ritirata, che il confinamento in casa sia terminato o comunque alleggerito e che sia iniziato il ritorno alla normalità. Questo terribile microscopico virus è passato co-me un uragano seminando morti (oltre 20 mila solo in Italia), facendo ammalare centinaia di migliaia di persone, confinandoci in casa, cambiando le nostre abitudini più consolidate, sconvolgendo l’economia, costringendoci a modificare il nostro modo di pensare e comportarci.
Lodevole nell’insieme il comportamento degli italiani rimasti chiusi in casa, evitando assembramenti, loro così portati all’incontro, alla fisicità e inclini alla trasgressione.
La pandemia ha lasciato il segno. E non soltanto perché, pare, dovremo continuare per qualche tempo a convivere con il virus, uscire con la mascherina e mantenere distanze di sicurezza. Ci ha devastato, ma ci ha anche insegnato molto, per esempio a correggere la nostra scala dei valori, a guardare di più all’essenziale piuttosto che al superfluo. Ci ha reso più umili perché di fronte al virus siamo tutti uguali, fragili e vulnerabili. La convivenza forzata in casa 24 ore su 24 ci ha fatto capire la fatica e la bellezza delle relazioni familiari e nello stesso tempo rimpiangere il piacere di incontrare parenti, amici, la gente. Abbiamo ammirato la generosità, a limite dell’eroismo, soprattutto medici, infermieri, volontari, sacerdoti. Forse abbiamo benedetto la tecnologia digitale che ci ha tenuti in contatto con gli altri e… anche con Dio.
è già storia una Pasqua con i riti celebrati in chiese vuote, senza fedeli collegati però per via digitale. Una volta si diceva che la TV aveva la funzione del focolare. Ora ha assunto quella del tempio? Lo schermo della TV o del computer sono diventati una chiesa virtuale. Significativa (e un po’ dissacrante!) una vignetta raffigurante Dio e il diavolo attorno ad un mappamondo. Dice il diavolo tutto soddisfatto: “Sono riuscito a farti chiudere tutte le chiese!”. Dio risponde: “Al contrario: ne ho aperta una in ogni famiglia”.
Nulla sarà come prima, dicono tutti. Spiegazione: guai se tutto rimanesse come prima e non si facesse tesoro della lezione del Coronavirus. Il nuovo s’impone e, strano, catalizzatore del cambiamento è questo malefico minuscolo virus.
La crisi è mondiale. Saranno tempi duri per tutti. La vita di milioni di cittadini all’improvviso è cambiata. Già molti non hanno più soldi anche per le spese indispensabili. Altri, alla ripartenza, forse non troveranno più il loro posto di lavoro. La prima industria nazionale, il turismo, è in ginocchio. Serve uno sforzo epocale di tutti, una solidarietà mondiale, oltre che nazionale, per far ripartire la speranza e l’economia. Prima che sia troppo tardi l’umanità deve prendere coscienza che il nostro pianeta è una piccola barca: ci si salva o si perde insieme. Nel discorso Urbi et Orbi di Pasqua il Papa ha scandito una sorta di programma per la ripartenza: “Non è questo il tempo dell’indifferenza, non è questo il tempo degli egoismi, non è il tempo delle divisioni, non è il tempo della dimenticanza”. Al contagio del Coronavirus deve subentrare il contagio della solidarietà e condivisione. La pandemia segna il confine fra due epoche.
Le autorità mondiali e nazionali saranno all’altezza della situazione? Le prime avvisaglie lasciano perplessi. Sapranno i cittadini accettare le rinunce? Il cristiano ha una formidabile fonte di speranza e sostegno: la preghiera. La preghiera è la più grande forza di cambiamento esistente sulla terra. Senza dimenticare il proverbio: aiutati che Dio ti aiuta.
A pagina 74 la nota sul santuario di san Gabriele in tempo di Covid-19.