NON “SPRECARE” LA PANDEMIA
Gli italiani potrebbero trasformare il post-pandemia in un’occasione di rilancio sociale, economico e morale. Infatti hanno sempre dato il meglio di se stessi nelle difficoltà. “Peggio di questa pandemia c’è solo il dramma di sprecarla”
Lo spirito migliore per affrontare questo inizio di post-pandemia? Quello degli italiani nell’ultimo dopoguerra. Molti, a cominciare dal capo dello Stato, lo hanno evocato. I più giovani possono solo immaginare la situazione dell’Italia in quel periodo, ma per farsene un’idea basta ricordare che nel 1945 il nostro Paese, dopo 5 anni di guerra, era ridotto a un cumulo di macerie. Il conflitto aveva provocato più di 400 mila morti, falcidiato la migliore gioventù, disseminato ovunque povertà e miseria. Eppure, allora gli italiani non si arresero, si rimboccarono le maniche e dimostrarono una tale caparbietà, voglia di fare, creatività, oggi si direbbe resilienza, che in breve riuscirono a ricostruire il Paese trasformandolo in una delle grandi potenze industriali. Si parlò allora di “miracolo economico italiano” e ne seguì anche un boom demografico.
Un “miracolo” che potrebbe ripetersi se gli italiani di oggi, pur fiaccati e impoveriti da un anno di pandemia, ritrovassero lo spirito di allora, la volontà di non arrendersi, la laboriosità dei loro nonni e bisnonni nel lontano 1945.
Gli italiani hanno sempre dato il meglio di se stessi nelle difficoltà. E a dire il vero ci sono segnali che sembrano confermare che in molti c’è questa volontà, a volte impazienza, di ritornare a lavorare, a realizzare cose utili e belle, senza paura di sporcarsi le mani, incoraggiati anche dalla generosità dei fondi europei.
Certo, è troppo presto per augurare “bentornati alla normalità”. In ogni modo sarebbe una normalità che potrà essere la stessa per le cose da fare, ma deve assolutamente essere diversa per lo spirito con cui le facciamo. Già l’anno scorso papa Francesco aveva ammonito: “Peggio di questa pandemia c’è solo il dramma di sprecarla”. La pandemia ci ha fatto molto male, ma ci ha anche insegnato molto.
Ci ha insegnato la necessità di un rinnovato rispetto per se stessi e per gli altri, perché tutti ci siamo scoperti ugualmente fragili, vulnerabili, ignare prede di un virus invisibile che mette all’improvviso fuori gioco. Ci ha fatto capire che proteggendo gli altri proteggiamo noi stessi e che, quindi, dobbiamo grande attenzione alle necessità degli altri, soprattutto dei più deboli. Abbiamo compreso quanto importanti siano i nostri anziani che Covid-19 ha decimato senza nemmeno permetterci di salutarli. Il virus ci ha fatto apprezzare maggiormente gli affetti familiari (cosa sarebbe stato per molti di noi se non ci fosse stata la famiglia o la rete parentale?). Ci ha fatto riscoprire il valore dell’amicizia, il piacere di poter scambiare due chiacchiere con gli altri, stringerci le mani, abbracciarci (cose tutte che ci sono mancate durante la pandemia). L’importanza di avere una casa, per quanto piccola.
E allora, bentornati al lavoro nella speranza che vi sia per tutti, e che per tutti sia dignitoso e giustamente retribuito. Bentornati al volontariato (Gesù ha detto: “c’è più gioia nel dare che nel ricevere”). Bentornati a sognare un’Italia e il mondo più giusti e solidali e lavorare, pagando di persona, perché questo si realizzi.
Insomma, ben tornati alla vita sociale, agli incontri tra familiari e amici, alle vacanze, alla “normalità”, ma arricchiti con i valori che la pandemia ci ha insegnato.
Bentornati, in particolare, a celebrare la propria fede insieme agli altri, nella liturgia, nelle manifestazioni pubbliche. Bentornati in quelle oasi di ristoro spirituale che sono i mille e più santuari che cospargono il Paese. Benvenuti, soprattutto, agli amici di san Gabriele, nel suo santuario all’ombra del Gran Sasso.