NON SPARATE SULLA NOSTRA GRANDE RISORSA…

By Stefano Pallotta
Pubblicato il 1 Maggio 2013

Ripresa del bracconaggio nei parchi nazionali e in quelli regionali; positive valutazioni di impatti ambientali per ricerche minerarie in mare e in montagna; declassamenti di specie animali fino ad oggi protette perché in pericolo di estinzione; tagli indiscriminati di boschi per uso civico; assenza di una politica della montagna in grado di prevenire dissesti e abbandoni. Qualcuno si chiede se tutto ciò sia sufficiente a far parlare di emergenza ambientale in Abruzzo. Che altro occorre per far scattare l’allarme rosso nelle autorità regionali; perché si cominci subito a porre riparo a un andazzo che sta mettendo in discussione anni di salvaguardia ambientale; perché finalmente si decida sul modello di sviluppo per una regione che subisce – più di quelle a cui, negli anni passati, si è tentato, invano, l’aggancio – una crisi industriale che sembra avere caratteri strutturali più che congiunturali. Non bastano i lupi, gli orsi, i cervi e i caprioli che bracconieri senza scrupoli massacrano anche all’interno dei confini dei nostri parchi nazionali? Una strage di animali protetti che va avanti da anni e che registra, oggi, una escalation che dovrebbe destare profonda preoccupazione.

Forse non basta neppure avere una regione dove il rischio sismico è considerato altissimo per porre qualche dubbio su chi deve rilasciare le autorizzazioni per l’estrazione del metano sotto laghi, come quello di Bomba, mettendo a rischio non solo la qualità dell’aria, ma addirittura la stessa stabilità della diga poggiata, a quanto pare, su una frana attiva. La stessa zona fu oggetto di analisi petrolifere da parte dell’Eni, negli anni 60, e la conclusione fu che trivellare il lago “non sarebbe stato saggio per gravi pericoli idrogeologici e sociali a causa di possibili rischi di cedimenti della diga, con conseguenze devastanti per le popolazioni locali”. Inoltre, è dimostrato che l’estrazioni di petrolio e di gas, in zone sismiche, contribuiscono a rendere ancora più instabile il terreno.

Domanda: non sarebbe molto meglio incentivare veramente la produzione di fonti alternative al petrolio? Invece di trivellare la regione e il suo mare (che non è altro che un grande lago) non sarebbe il caso di avviare una seria politica di utilizzo e di produzione di energia solare ed eolica? Nessun allarme si è levato, se non da parte del Cai (Club alpino italiano), sul declassamento del camoscio d’Abruzzo (ritenuto scientificamente il più bello del mondo) proposto da tutti i paesi europei (Italia compresa), perché ritenuto, ormai, fuori pericolo di estinzione. Fuori pericolo di estinzione con gli attuali livelli di bracconaggio nei nostri parchi? Non scherziamo: un provvedimento come quello del declassamento indebolirebbe la tutela del camoscio e vanificherebbe gli sforzi anche finanziari sostenuti negli anni per la tutela e la salvaguardia di questo splendido animale.

Insomma, ci sono tutti gli elementi perché si avvii una profonda analisi di indirizzo sulla valorizzazione, la salvaguardia e la tutela della grande risorsa ambientale di cui è portatrice l’Abruzzo. Abbiamo altro?

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