NON SONO UN BAMBINO

Dopo aver ricevuto il viatico san Gabriele si immerge in un fervoroso ringraziamento al Signore e si scioglie in commoventi invocazioni alla Madonna. I presenti lo sentono mormorare: “Sia sempre fatta la santissima, l’amabilissima e l’adorabilissima volontà di Dio”. Raccoglie dunque la sua vita e la consegna al Signore immergendola tutta nella sua volontà. Un atteggiamento questo, ereditato dal fondatore san Paolo della Croce che raccomandava ai suoi religiosi di cibarsi alla grande della volontà di Dio e di abbandonarsi ad essa “come una nave senza vele e senza remi” nell’immensità dell’oceano, certi che il Signore “gran nocchiere” avrebbe guidato la navigazione al porto sospirato.

I passionisti, anche quelli che videro la loro vita recisa nel fiore degli anni come Gabriele, trovarono pace e gioia facendo riferimento come lui alla volontà di Dio e accogliendo tutto dalle sue mani di padre amorevole. È quanto si può ammirare anche nella brevissima vita di Benedetto Litjens, morto alla verdissima età di 18 anni e quasi tre mesi.

Benedetto nasce a Reuver (Olanda) il 5 giugno 1910; i genitori sono gelosi custodi e autorevoli maestri di vita cristiana in famiglia e limpidi testimoni del vangelo nell’ambiente in cui vivono. Il ragazzo fin dalla prima fanciullezza manifesta il forte desiderio di essere sacerdote e missionario. Nessuno lo fermerà. Il 2 ottobre 1922 entra nel seminario passionista di Haastrecth; è uno dei primi aspiranti a mettervi piede. Il convento è stato aperto da poco e l’annessa chiesa è dedicata a san Gabriele; vi si sente ancora l’eco dei festeggiamenti che hanno accompagnato la solenne canonizzazione del giovane santo avvenuta nel maggio del 1920. Benedetto, carattere gioviale e sensibile, impara subito ad amarlo e cresce sempre più in lui il desiderio di imitarlo. Lo prende come modello di ardente devozione all’Addolorata e di gioiosa fedeltà agli impegni che regolano la vita in convento.

Per eccessivo amore la sua mamma, come avviene in tante famiglie, è stata molto indulgente e lo ha troppo assecondato nei suoi normali capricci puerili. In seminario non è così. E Benedetto avverte il brusco passaggio. Vive inizialmente momenti di sofferenza. Ma la sua volontà, l’amore sincero alla vocazione sostenuto dall’esempio di san Gabriele e accompagnato dalla benevola comprensione dei superiori, lo aiutano a sentirsi presto a suo agio. Nel 1927 inizia il noviziato a Mook vestendovi l’abito religioso il 27 agosto. Ha come maestro un suo prozio che nella educazione e nella disciplina non fa sconti al giovanissimo pronipote. Ma Benedetto non li chiede e neppure li aspetta: ormai è deciso a compiere e compie in tutto e per tutto il suo dovere; superiori e confratelli lo gratificano di elogi e di sincera ammirazione.

Nell’estate dell’anno successivo, avverte un improvviso affaticamento con forti dolori alla testa. A una prima visita medica non viene riscontrato niente di preoccupante; ma aggravandosi il male viene chiamato un secondo dottore che ordina un immediato ricovero in ospedale: il giovane è affetto da meningite tubercolosa di carattere maligno. In ospedale riceve i sacramenti alla presenza di parenti e alcune suore dell’ospedale, edificando tutti per la sua fede e devozione. Venendo incontro alla sua insistente richiesta i superiori gli concedono di emettere la professione religiosa sul letto dove si va spegnendo la sua vita. Il 28 agosto 1928 Benedetto si consacra al Signore e si consegna totalmente a lui, sorridente e luminoso in volto. I presenti non riescono a trattenere le lacrime per l’intensa commozione.

Il malato soffre ma non si lamenta; si è affidato alla volontà di Dio e questo gli basta per accettare il dolore e restare sempre sereno. Prega anche quando la febbre alta lo fa vaneggiare. Alla suora che gli domanda se sente dolore nelle varie medicazioni, risponde stupito: “Sorella, queste cose non si domandano; non sono mica un bambino”. Già. Benedetto non è un bambino. Del bambino ha conservato soltanto l’incantevole trasparenza dell’anima e la evangelica semplicità del cuore. Per il resto ha la fermezza di volontà e la forza d’animo rare a trovarsi anche in un adulto.

E come un bambino che si addormenta sereno tra le braccia della propria mamma, Benedetto il 3 settembre 1928 lascia la terra per andarsene in cielo. (173)