NON SCIUPIAMO TUTTO NELLA FIERA DELLE VANITÀ
Ci sono alcuni periodi dell’anno che andrebbero cancellati. Non per la ragione che non offrano attrattive stagionali o giorni da trascorrere in vacanza. Il fatto è che questi giorni ci sono, e sono anche tanti, ma pensate alle tasse. Prendiamo questo mese, dicembre. Dovrebbe essere giorni lieti, quello delle tredicesime, dei regali di Natale, della contemplazione e della spiritualità. Invece la tredicesima per i fortunati (una minoranza) svanirà per far fronte al pagamento delle imposte comunali, all’aumento delle spese per il riscaldamento, soprattutto nelle zone di montagna o all’aumento dell’energia elettrica e dei carburanti. Senza considerare il mutuo sulla casa. Ci rimane il resto di niente. Forse qualche spicciolo per i lecca-lecca della calza di Natale. Seppure. Per i meno fortunati, quelli cioè che non solo non percepiscono la tredicesima, ma nemmeno uno stipendio, c’è da giurarci che farebbero volentieri a meno dei giorni di festa che aumentano solo il senso di frustrazione. Perché a loro è negato, di fatto, il circuito del consumismo, degli apparenti climi di gioia, dello stare in famiglia perché una famiglia, spesso, non l’hanno. Sono gli ultimi nella scala sociale. E sono tanti. Milioni.
In Abruzzo le famiglie, che già nei periodi normali fanno ricorso alle mense del volontariato e della Caritas, sono in numero inarrestabilmente crescente. Le festicciole natalizie servono certamente ad alleviare il disagio dell’emarginazione nelle giornate di festa, ma nella sostanza la loro condizione esistenziale non muta. Il brindisi con lo spumante nei bicchieri di carta serve sicuramente a regalare qualche momento di allegria che inesorabilmente svanisce all’alba del giorno successivo. Quando ricomincia la diuturna battaglia per la sopravvivenza o la ricerca di un qualche cassonetto di un indumento pesante per meglio sopportare i rigori dell’inverno. Certo, a Natale ci sentiamo tutti più buoni. Per molti scatta anche l’atavico istinto della solidarietà umana. Ma sono fuochi di paglia. Serve solo a tacitare la nostra coscienza di buoni cristiani. Nella sostanza è un modello funzionale al mantenimento delle cose così come si trovano. Proprio così. Il povero, il diverso, l’altro servono a questo modello di società che, di fatto, abbiamo fatto nostro, come riferimento per farci sentire realizzati. È un meccanismo psicologico indotto dal modello consumistico pronto a miniaturizzare i grandi beni di lusso per renderli fruibili ai più. Pur sempre miniature che sono negate, invece, a un grande strato di popolazione che non può permettersi nemmeno di cambiare il televisore con il bonus dello Stato. Lo stesso che ci ha costretto a cambiarlo perché le frequenze della banda dismessa devono essere consegnate ai gestori del 5G.
Bando allora ai festeggiamenti purchessia, all’allegria forzata, alla spasmodica ricerca del divertimento da fine-inizio anno. Abbiamo trascorso molti mesi difficili, per tutti. Non è una buona ragione per gettare alle ortiche quella sobrietà riconquistata, quel guardarci dentro che ci ha fatto, forse, conoscere meglio. Non sciupiamo tutto nella fiera delle vanità.
Buon Natale.