Non è nato santo

Vivace, espansivo, ardente, affettuoso, volitivo e talvolta irrequieto: così il suo biografo descrive il giovane Checchino. Ecco due episodi della sua permanenza a Spoleto

Voglio iniziare con una constatazione di fatto: Checchino non è nato santo, ma lo è diventato. C’è chi pensa che san Gabriele era destinato a farsi santo. Non è vero. Se così fosse, dovremmo negare la libertà dell’uomo. È innegabile che tutti siamo creati da Dio per diventare santi. Ma per raggiungere questo obiettivo, entra in gioco la nostra libera volontà.

Nel raccontare Checchino, negli anni in cui visse a Spoleto, sceglierò quegli episodi che fanno emergere i lati chiaroscuri del suo comportamento. In altre parole, vedremo affiorare un ragazzo fortemente reattivo e simpatico. Proprio come l’ha descritto un biografo: vivace, espansivo, ardente e affettuoso, volitivo e talvolta irrequieto.

Prima di frequentare le elementari, il padre affidò Checchino a un Istitutore, il chierico Filippo Fabi. Questi accolse volentieri e con senso di responsabilità l’incarico. Il bambino, dal canto suo, mostrò grande interesse a imparare a leggere e scrivere. Inoltre, insieme al suo educatore faceva anche delle passeggiatine. Quando poi Checchino raggiunse l’età scolare, il papà lo indirizzò all’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane.

In seguito, dal 1850 al 56, venne accolto come alunno esterno nel Collegio dei Gesuiti, dove frequentò il Ginnasio e il Liceo. I professori notarono subito in lui una spiccata capacità di apprendimento.

Lo studente possedeva una intelligenza aperta e versatile. Si distinse presto come uno dei migliori studenti del Collegio. Nella scuola dei Gesuiti si dava grande importanza alla cultura classica latina. Questa disciplina, oltretutto piaceva molto a Checchino. Era facile sorprenderlo a leggere testi di Virgilio, Ovidio, Cesare, Cicerone e altri autori. A conferma della sua passione per il latino, conserviamo un suo quaderno scolastico manoscritto, che porta la data del 1853. Contiene epigrammi e componimenti in latino. Lui allora aveva quindici anni.

La scuola è stata sempre lo spazio privilegiato della formazione giovanile. Ancor di più lo erano quelle rette dai religiosi. A Spoleto, al tempo dei Possenti, l’Istituto dei Fratelli delle scuole Cristiane e quello dei Gesuiti, curavano non solo la formazione culturale, ma anche quella spirituale. Soprattutto inculcavano nel cuore dei ragazzi una profonda e filiale devozione verso la Madre di Dio.

Checchino era dotato anche di estro poetico. Nel suo quaderno scolastico sono state trovate due stupende poesie. Una dedicata alla Vergine Annunziata dall’Angelo, in cui si sofferma ampiamente sulla Casa di Loreto. L’altra è dedicata Alla vergine stante presso la croce. Quest’ultima, pare voglia preannunciare già il cognome religioso: Gabriele dell’Addolorata.

Qualcuno si sarà chiesto: com’era Checchino fisicamente e caratterialmente? Il biografo Battistelli che si è informato direttamente dal fratello del santo, il dottor Michele Possenti, scrive: “Per un nonnulla, non di rado, si accendevano litigi tra fratelli: risentimenti clamorosi di Checchino se veniva contraddetto da qualcuno o rimproverato dal babbo. Però presto si accendeva e presto si spegneva… poi piangendo si stringeva al padre per essere perdonato. Sante non cedeva subito a Checchino, mostrando una giusta severità di non credere troppo al suo pentimento, finiva poi col perdonare, dopo aver fatto capire al figliolo il dovere di emendarsi seriamente. Il fanciullo prometteva e si sforzava di essere più buono”. Altre volte il padre gli diceva: “Voglio i fatti e non le moine”.

Com’era fisicamente Checchino? Ce lo facciamo dire da chi è stato a contatto con lui da quando è entrato al noviziato di Morrovalle fino al giorno della morte a Isola del Gran Sasso, e cioè padre Norberto. Questi, annota: “Confratel Gabriele, aveva un fare sommamente attraente, tutto piacevole, modi naturalmente gentili, gioviale e festoso nel trattare con gli altri, di parola pronta, propria, arguta, facile e piena di grazia, che colpiva e metteva in attenzione. Agile e composto in ogni movimento della persona, ben formato, di bel colorito, di forme avvenenti. Nel tutto insieme riuniva tante e sì belle doti interne ed esterne, che difficilmente tutte possono trovarsi adunate in una persona. A tutto metteva compimento una lingua assai sciolta e agile, e voce sonora. Onde non è meraviglia che il Servo di Dio si guadagnasse la benevolenza di tutti”.

La suddetta descrizione trova riscontro anche in quella fornita dal Giovannetti, amico intimo di Checchino negli anni dell’adolescenza. Dice così: “Era di indole piacevole e di modi garbati, sempre di buon umore, faceto e allegro. Talvolta soleva dire barzellette e raccontare fatterelli umoristici, ma sempre innocenti, con tanta grazia da muovere l’ilarità tra i compagni. Era tanto simpatico”. (lancid@tiscali.it)

L'ECO di San Gabriele
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