Alle volte si sente parlare di novembre con l’espressione “il mese dei morti”. Questa espressione consueta e ricca di significato per un credente (in questo mese si ricordano i cari che sono già in cielo, pregando per quelli che stanno affrontando il loro purgatorio in attesa della Luce Perpetua, e desiderando la stessa condizione dei beati e dei santi che già godono di tale Luce) può essere fraintesa da chi non è avvezzo a pensare che dopo questa vita ve ne sarà un’altra (eterna!).
Per questo la tentazione dell’“allungare la vita terrena all’infinito” è sempre dietro l’angolo… e se non è una tentazione, è sicuramente oggetto di interesse da parte della scienza che negli ultimi decenni sta trovando grandi risposte a tale problematica attraverso lo studio delle cellule staminali, che non solo spiegano lo sviluppo genetico dell’uomo, ma sembrano essere la via per trovare l’elisir della giovinezza.
La cura è … nelle cellule stesse!
Seppur lontana la prospettiva di una vita perennemente giovane, nell’ambito medico le cellule staminali rappresentano una terza alternativa rispetto alle protesi a ai trapianti di organi. Le cellule staminali “abitano” già nel nostro organismo e hanno il compito di ripristinare i tessuti organici quando questi si “rompono”. Ad esempio le staminali nel tessuto osseo sono quelle responsabili per la produzione dei globuli rossi, dei globuli bianchi e delle piastrine.
La particolarità della cellula staminale (a differenza delle altre ordinarie) è che essa non è ancora “specializzata”: essa è in grado di moltiplicarsi e di “assumere (una qualsiasi) forma” dei 200 tipi di cellule presenti nell’organismo umano. Oltre dunque a permettere già dal 1988 di trattare diverse patologie, esse promettono (in futuro, con una opportuna “riprogrammazione”, almeno teorica) di risolvere patologie attualmente incurabili, tra le quali (purtroppo) “famose” ci sono le leucemie, i linfomi, il parkinson, la sclerosi multipla, eccetera.
Un forte dibattito si è acceso nel corso degli anni riguardo al prelievo di staminali embrionali: questo intervento è eticamente discutibile in quanto mette a rischio lo sviluppo naturale dell’embrione, o detto in altra maniera, si rischia che un embrione (che è il primo stadio della vita del bambino) diventi a tutti gli effetti una “cava” di materiale genetico. L’uso, invece, di staminali adulte, prelevabili in modo semplice dal midollo osseo, dal cordone ombelicale (che può essere donato dalle mamme all’ospedale in cui partoriscono!), ecc., non comporta che un semplice procedimento medico diventato oramai routine.
Non solo vedere… ma anche sentire!
Oltre alle cellule, si moltiplicano anche gli strumenti inventati dall’uomo che permettono di sondare l’universo, anche quello invisibile. E se fino al 2016 l’indagine del “cosa c’è là fuori” avveniva soltanto attraverso il senso della vista (ampliato all’ennesima potenza rispetto a quello umano, spaziando dalle microonde fino ai raggi X, attraverso mezzi ottici ed elettronici), è vero che oggi possiamo contare su un nuovo “senso”, che potremmo definire “gravitazionale”. Delicati apparecchi (Ligo in America e Virgo in Italia, vicino Pisa) hanno confermato l’esistenza delle onde gravitazionali (ipotizzate da Einstein più di 100 anni fa): “increspature” dello spazio tempo dovute ad enormi collisioni (o meglio coalescenze) di coppie di buchi neri posti a miliardi di anni luce dalla Terra. Per questa scoperta ad ottobre è stato assegnato pure il Nobel! Che dire? davvero una scoperta … galattica!
Una riflessione…
Al solito dopo aver indagato il micro e il macro è tempo di ritornare alle dimensioni umane. Riflettere sulle parole bibliche, i miei pensieri non sono i vostri pensieri… le mie vie non sono le vostre vie, ci ricorda come a noi sfugge la comprensione dell’armonia dell’immenso universo in cui siamo posti e la complessità dell’ordine di cui vive il nostro stesso corpo … Fortunato è colui che può chiamare per nome l’artefice dell’uno e dell’altro!