PROPONIAMO RICETTE SEMPLICI, PER UN PASTO COMPLETO, FORMATO DA UN PIATTO TIPICO PER OGNI PROVINCIA DELLA NOSTRA REGIONE Tocca ai pastori, i più umili, come duemila anni fa, annunciare la nascita di Gesù. Allora con il passa parola, fino a qualche decina di anni addietro in ogni contrada e oggi qui e là con il suono tipico delle zampogne. L’Abruzzo è terra natalizia per eccellenza in quanto culla della civiltà pastorale. Una regione percorsa in lungo e in largo per millenni da pastori e pecore, con numerosi anfratti e grotte, adibiti a luoghi di ricovero, posti sui fianchi delle montagne. Elementi fondamentali questi del presepe dopo i componenti della sacra famiglia, i re magi, il bue e l’asino. Ogni paese, specialmente dell’interno, simbolicamente e non solo, è Betlemme. E poi non è forse Cristo, agnello sacrificale e al contempo pastore, che protegge ogni pecorella del suo gregge? Sono quindi i pastori-zampognari, “poveri cristi”, ad annunciare la buona novella della nascita di “Uno di loro”, rallegrando i cuori raggranellano qualche spiccio. Che il santo Natale, sull’intero territorio abruzzese, viene considerato una festa particolarmente sentita lo testimoniano i numerosi e fortemente evocativi presepi viventi, nonché la cura con cui si prepara la cena della vigilia e il pranzo del giorno seguente. Non è stato facile effettuare una scelta per questa rubrica perché numerose e sfiziose sono le proposte culinarie di cui è ricca la tradizione agropastorale. Proponiamo ricette semplici, per un pasto completo, formato da un piatto tipico per ogni provincia dell’Abruzzo.
L’esordio è affidato a uno sfizioso antipasto di verdure alla pescarese: cipolla affettata, peperone a cubetti, zucchine a rondelle, basilico tritato, ventresca a cubetti, questi ingredienti vengono esaltati da un pizzico di origano, peperoncino e sale, ma anche da un filo d’olio extravergine di Loreto Aprutino e un goccio di aceto; del pane abbrustolito ridotto in cubetti fa da base nell’insalatiera al composto.
Primo piatto: lu rintrocilo, una gustosissima pasta di farina e acqua, condita con sugo di castrato e maiale, tanto peperoncino rosso e formaggio pecorino stagionato grattugiato. Ecco la ricetta. Amalgamare farina e acqua fino ad arrivare ad una massa liscia e omogenea. Coprire e lasciare riposare. Tirare la sfoglia dello spessore tra i 3 e i 5 millimetri, tagliare a strisce di circa 20 cm con un mattarello dentato. Lessare in abbondante acqua salata e scolare al dente. Chi non si vuol cimentare può acquistare la pasta di rintrocilo bella e fatta presso le rivendite di prodotti della gastronomia tradizionale. Per il sugo utilizzare un tegame di coccio dove porre una cipolla bianca, un tocco di castrato di montagna, preferibilmente di Casoli – considerato che è un piatto della provincia di Chieti – una pari quantità di carne di polpa di maiale, olio extravergine. A fiamma vivace far rosolare, salare, aggiungere acqua (uno o due bicchieri) mettere un coperchio e continuare la cottura a fuoco molto lento per almeno 3 ore, fino a quando si riduce l’acqua, la cipolla si disfa e la carne è cotta, aggiungere a questo punto la passata di pomodoro proseguendo la cottura – sempre a fuoco lento – finché non si giunge a uno strato omogeneo e trasparente di olio. Condire la pasta con il sugo, pecorino e peperoncino.
Un superbo e antico secondo: la tacchinella alla canzanese tratto dalla cucina teramana. Il tacchino lavato, spennato a secco e disossato soltanto dallo sterno, eliminato di ali e zampe, si procede alla frantumazione con un mattarello o una mannaia, delle ossa della schiena. Le ossa dell’anca vengono tolte e impiegate per la cottura. Le cosce vengono ripiegate all’interno del corpo; legato il tacchino con lo spago si procede alla cottura nel forno in un tegame di terracotta, con l’aggiunta degli aromi (aglio, alloro, pepe in grani) e ricoperto con acqua bollente. Si lascia cuocere per cinque ore rigirandolo a metà cottura e, se è necessario, si aggiunge dell’acqua bollente. A cottura ultimata si scola il brodo, si tolgono le ossa posando il tacchino in un tegame su cui si versa il brodo filtrato e si lascia raffreddare in modo da formare una gelatina. Dopo due giorni di frigo è pronto per essere gustato.
Dulcis in fundo: il torrone tenero al cioccolato aquilano. Insuperabile delizia per la particolarità dell’impasto e la qualità superiore delle materie prime, prodotto a L’Aquila. Una perfetta unione di: miele, albume montato a neve, zucchero, un tocco di vaniglia, nocciole e cacao.
Sulle soavi e commoventi note del “Tu scendi dalle stelle” – udite dal vivo prodotte da una zampogna o impresse in modo indelebile nella memoria collettiva – auguriamo buon Natale.