MORTE, TRATTA E SFRUTTAMENTO

Il dramma di donne e bambini nella guerra in Ucraina
By antonio sanfrancesco
Pubblicato il 1 Maggio 2022

L’Unicef ha lanciato l’allarme parlando di una minaccia reale e crescente a fronte di oltre 1,5 milioni minori fuggiti dal Paese. Inoltre esiste un concreto rischio di tratta per le donne, che verrebbero intercettate alla frontiera e attratte con l’inganno e la promessa di un trasferimento sicuro verso il racket della prostituzione dei Paesi limitrofi

Si chiama Nina e pesa poco più di 3 chili. È uno dei simboli di speranza della guerra in Ucraina che ha colpito soprattutto i bambini. Nina è nata il 15 marzo nell’ospedale di Martina Franca (Taranto) dopo essere stata accolta qualche giorno prima da una famiglia a Cisternino (Brindisi) dove è arrivata con la mamma e i due fratellini, mentre suo padre è rimasto a combattere nel proprio paese contro l’invasione russa. La madre, Nastya, al nono mese di gravidanza, ha fatto un lungo viaggio per arrivare in Italia. Una volta in Puglia, è stata ricoverata nell’ospedale tarantino dove ha partorito. La donna e gli altri suoi due figli, un maschio e una femmina, hanno trovato una casa a Cisternino dove da qualche settimana la comunità locale si è attivata per l’accoglienza dei profughi. Jaroslav, invece, è nato all’ospedale Pertini di Roma il 16 marzo. La sua mamma Olena con l’altra figlia Sofia, 7 anni, e la nonna, sono scappate dalle bombe e ora sono ospiti di Vira, cugina del papà dei bambini, trasferitasi in Italia. Lei è infermiera, specializzata nell’assistenza ai piccoli malati di Sla e suo marito, italiano, è un pediatra. “Siamo fuggiti da una città vicino Kiev -, ha raccontato Olena, che in Ucraina lavorava in una scuola – lasciando lì mio marito, mio padre e molti amici. Ho affrontato il viaggio mentre ero incinta alla quarantesima settimana, non è stato facile”. Oggi Olena sta bene, anche se la paura e la preoccupazione per i giorni di guerra vissuti in patria ancora si fanno sentire. Il neonato invece è tranquillissimo. Nina e Jaroslav ce l’hanno fatta, molti altri bambini no. Alcuni sono morti sotto le bombe quando sono stati colpiti scuole, ospedali e orfanotrofi, altri per mancanza di acqua e cibo, altri ancora non ce l’hanno fatta a raggiungere i paesi vicini e trovare una via di fuga.

Ogni guerra è dolore, violenza, distruzione e morte. E una parte importante di tutto questo riguarda i bambini. Le organizzazioni internazionali l’hanno denunciato sin dall’inizio del conflitto. L’Unicef ha lanciato l’allarme perché i bambini sono i più “esposti a un rischio maggiore di tratta e sfruttamento”, una “minaccia reale e crescente” a fronte di oltre 1,5 milioni di bambini fuggiti dal Paese dal 24 febbraio scorso, quando è iniziata l’invasione della Russia. E se in generale i minori sono il 28% delle vittime identificate, nel caso della crisi ucraina gli esperti dell’Unicef tendono a immaginare una percentuale anche maggiore di potenziali vittime, proprio perché le colonne dei profughi sono composte perlopiù di donne e bambini, e c’è un numero preoccupante di minori non accompagnati: “Più di 500 – secondo l’Unicef – sono stati identificati mentre transitavano dall’Ucraina alla Romania dal 24 febbraio al 17 marzo. Il vero numero di bambini separati che sono fuggiti dall’Ucraina verso i Paesi vicini è probabilmente molto più alto”. Ci sono anche 3,3 milioni di minori sfollati all’interno del Paese, un numero destinato inevitabilmente a crescere se il conflitto non si ferma. Oltre a quello dei minori, esiste un concreto rischio di tratta per le donne, che verrebbero intercettate alla frontiera e attratte con l’inganno e la promessa di un trasferimento sicuro verso il racket della prostituzione dei Paesi limitrofi.

Crisi umanitaria senza precedenti nella storia recente”

Un’emergenza umanitaria confermata dai numeri. A fine marzo erano 3,5 milioni i rifugiati fuggiti dall’Ucraina secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR). Una soglia numerica definita “tragica” come ha commentato il portavoce Matthew Saltmarsh. “Quando viene sommata al dato, reso noto alla fine della settimana scorsa, di circa 6,5 milioni di persone sfollate all’interno dell’Ucraina, siamo a quasi a un quarto di tutta la popolazione – ha spiegato – la velocità e l’entità” di questa crisi di sfollati e rifugiati sono “senza precedenti nei tempi”.

I bambini sono anche vittime della guerra combattuta tra le due parti attraverso la disinformazione per cui ogni denuncia viene subito smentita dall’altra parte. Secondo il ministero degli Esteri ucraino il 19 marzo le forze militari russe hanno deportato 2.839 bambini nel territorio della Federazione russa. Si trovavano nelle regioni di Donetsk e Lugansk durante l’avanzata sarebbero stati “ricollocati forzatamente”, dopo essere stati separati dai genitori o dopo essere rimasti orfani. Queste “deportazioni” dice il ministero, sono “rapimenti”.

Sulla chat di Telegram dedicata alle persone scomparse una madre di Mariupol, Katy, chiedeva notizie di suo figlio di 6 anni: “Ci hanno fatto uscire dai bunker e separati. L’ho appena visto su un telegiornale russo, c’era un servizio sui civili ‘salvati’ dai bombardamenti, mio figlio stava su un autobus con una barretta di cioccolato in mano, dicevano che era in Crimea, aiutatemi ad avere sue notizie”. Online sono state pubblicate le liste degli scomparsi con nomi, date di nascita, fotografie, ultimi contatti e luogo della scomparsa.

In media, dopo un mese di conflitto, più di 70mila bambini sono diventati rifugiati, 55 ogni minuto, quasi uno al secondo. In molti viaggiano da soli.

L’Europa mobilitata per l’accoglienza

La fortuna è che molti paesi europei, a cominciare da quelli al confine con l’Ucraina, stavolta non si sono girati dall’altra parte e hanno aperto le porte per l’accoglienza dei profughi, soprattutto donne e bambini perché gli uomini sono rimasti nel Paese per combattere.

Lo stesso ha fatto l’Italia che con i singoli cittadini, le parrocchie, i comuni, insieme al ministero dell’Interno e alle organizzazioni come Caritas e Croce Rossa, si è mobilitata in breve tempo per accogliere i profughi. Il governo ha proclamato lo stato d’emergenza fino al 31 dicembre per rendere più snelle le procedure. I numeri danno un’idea del grande lavoro compiuto: in Italia ci sono oltre 25mila bambini ucraini. Più di tremila stanno frequentando le nostre scuole. Anche in questo caso, si tratta di numeri destinati a crescere se il conflitto andrà avanti.

Un dramma nel dramma sono i bimbi malati. Anche loro sono riusciti a trovare ospedali che potessero curarli. Una cinquantina sono stati accolti dall’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove papa Francesco si è recato in visita lo scorso 19 marzo, nel giorno della festa del papà. Altri ancora sono stati ospitati presso il nuovo Centro di cure palliative pediatriche dell’ospedale del papa inaugurato il 22 marzo scorso a Passoscuro, sul litorale laziale, vicino Fregene. Tra di loro c’è Maria, 5 anni, che soffre di epilessia da quando è nata. A causa dello scoppio della guerra nel suo Paese e dei bombardamenti su Kiev, è dovuta scappare dalla città sotto attacco, lasciare casa come tanti altri bambini al seguito della sua mamma. Per Maria però, al trauma delle bombe, si aggiunge quello della riacutizzazione della malattia: fuggendo ha interrotto il percorso terapeutico intrapreso in ospedale e le crisi epilettiche sono tornate violente facendola ripiombare di nuovo in uno stato grave. Tra gli “ospiti” ci sono anche Alisa, 6 anni, con un importante ritardo psicomotorio fuggita con la famiglia dall’ospedale pediatrico di Kiev. Zakhar, 9 anni, affetto da un brutto tumore alla testa. Ricoverato nell’ospedale pediatrico di Kiev, il 24 febbraio scorso, Zakhar viene operato proprio durante i primi bombardamenti ma ben presto fugge con la famiglia verso l’Italia. La più piccola tra i nuovi arrivati è Sofia, di appena 2 anni. La mamma Alessia ha raccontato ai medici di complicanze sopraggiunte al momento della nascita che hanno costretto la bimba a un ricovero in terapia intensiva neonatale a Leopoli per emorragia cerebrale e ipertensione endocranica. Sofia ha subito un intervento chirurgico nel febbraio scorso. Allo scoppio della guerra, lei e la mamma si sono rifugiate prima in Polonia, poi in Italia dove sono arrivate in aereo. Manca il papà, rimasto in Ucraina a combattere. Tra i cinque ospiti c’è infine Vadym, di 15 anni, in Italia con la mamma dal 13 marzo, sfollato dalla città di Chernihiv. Soffre di una grave forma di diabete dall’età di 6 anni e la guerra gli ha causato un aggravamento con un significativo peggioramento della vista.

Storie di sofferenza che hanno amareggiato il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che li ha incontrati: “Non c’è alternativa al negoziato, l’alternativa è la guerra, la violenza, i morti. Anche i bambini ucraini che sono qui hanno mostrato delle fotografie, è una cosa veramente inaccettabile, le conseguenze di queste azioni le pagano i più deboli”.

Comments are closed.