MORTE COME PIENEZZA

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 17 Gennaio 2022

Ogni evangelista descrive a suo modo la morte di Gesù in croce, per accentuare l’aspetto che ritiene più interessante. Ci resta da vedere in che modo la presenta l’evangelista Giovanni. Gesù muore in atteggiamento regale, pronunciando tre parole brevi, stringate, cariche del contenuto divino-umano del piano salvifico. Fanno parte dello stesso messaggio, sintetico e concatenato: dopo aver proclamato il coinvolgimento della Madre nella salvezza del mondo, prosegue scandendo, laconico: Ho sete. Poi: È compiuto. Quindi: Consegnò lo spirito. Il tutto collegato con un fraseggio che allude a contenuti più reconditi di come suona: Dopo questo – cioè la parola alla madre e al discepolo – Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la scrittura: Ho sete, Gv 19,28.

La sete allude a qualcosa di urgente, ancora da fare. È ovvio che Gesù ha sete. Dopo i chiodi, la sete è la tortura più straziante di un crocifisso. Ma perché lo dice solo adesso, e con quel misterioso riferimento alle scritture? Gli evangelisti riferiscono che a Gesù fu dato da bere, ma solo Giovanni dice che egli chiese da bere. Gli porgono una bevanda dal sapore di aceto, forse attinta dalle borracce che i soldati portavano per dissetarsi nelle calure dell’Oriente. Il gemito di Gesù, deve avere altri significati. I commentatori hanno tratto interpretazioni spirituali dalla sua sete. Certamente egli brucia dal desiderio di riunirsi al Padre e di porre il sigillo sull’impegno preso con lui di salvare il mondo. Un’affascinante esegesi attuale vede nella sete il desiderio di Gesù di effondere lo Spirito nel mondo per la continuazione della sua opera. Il Catechismo della Chiesa Cattolica interpreta la sete di Gesù sulla croce come il desiderio di Dio per la nostra salvezza. “Gesù ha sete: la sua domanda sale dalle profondità di Dio che ci desidera” (2560). Sulla croce Gesù ha sete di me, di te, di ogni essere umano sbocciato alla vita e di ogni creatura che in Dio ha origine e destino.

Queste prospettive sono legittime perché desumibili dal linguaggio di Gesù nel Vangelo di Giovanni. Gesù ha sete perché la sua gola è riarsa. Ha sete anche di porre il sigillo all’opera condotta fin qui, di fare sino in fondo la volontà del Padre bevendo il calice sino alla fine: Non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?, aveva redarguito Pietro che voleva difenderlo con la spada. Secondo i sinottici, nel Getsemani Gesù aveva pregato: Padre, se possibile passi da me questo calice, Mt 26,39. Secondo Giovanni sulla croce brucia dall’ansia di bere quel calice, per manifestare l’amore sino alla fine.

Dopo avere assaggiato la bevanda acidula dissetante, Gesù proclama: È finito. Significa che è arrivata la fine, la vita è al termine. Non nel senso che tutto è stato fatto quindi si può morire perché non c’è più nulla da fare, ma nel senso che la morte è il compimento del tutto. È il senso di una pienezza che sta avvenendo mentre morendo realizza il culmine dell’opera: consegnare il suo spirito, che è anche lo Spirito per la vita divina nel mondo.

E, chinato il capo, consegnò lo spirito, 19,30. Il termine spirito (pneuma) è lo stesso che Giovanni usa per indicare lo Spirito Santo. I moderni commentatori non dubitano che spirito alluda non solo alla vita umana di Gesù, ma anche allo Spirito Santo. Nel consegnarsi alla morte come uomo, dona all’umanità lo Spirito Santo. Davvero, questo era il senso della sua sete sulla croce. La sua morte ha ormai rimosso dal mondo il potere assoluto del peccato, quindi lo Spirito può riprenderne possesso. Così Gesù spira consegnando la sua opera allo Spirito Santo.

La vita umana del Verbo incarnato termina con ricchezza di insegnamenti. Le parole scaturite dalla croce esprimono la croce come parola. La Parola della Croce. L’ultima parola della Parola. È chiaro che il Verbo incarnato puntava alla croce sin dalla venuta in questo mondo. Ora tace perché ha detto tutto, anche la risurrezione, che avverrà nella potenza dello Spirito già effuso nel mondo. Egli è lo Spirito del Risorto, e col Risorto continuerà in missione congiunta l’opera della salvezza nella storia.

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