MISSIONI DI PACE?

Il numero dei soldati è di poco superiore ai 7.300 e il costo complessivo si aggira ogni anno intorno al miliardo di euro. Solo quella in Afghanistan, che dura dal 2001, è costata circa 7,7 miliardi di euro ai quali si aggiungono altri 2,6 miliardi spesi per mantenere il contingente in Iraq…

Se ne parla ogni tanto, con la giusta indignazione e il sufficiente orgoglio nazionale. Poi, passati i funerali di stato e gli anniversari, non se ne parla più. Ma, ogni anno, oltre settemila militari italiani lavorano e rischiano la vita nelle cosiddette “missioni di pace”. Nell’era repubblicana, le vittime sono state, finora, 189: tutti ricordiamo con forte sdegno la strage di Nassiriya (12/11/2003) quando in un attentato suicida in Iraq morirono 28 soldati italiani, ma gli altri, caduti alla… spicciolata, in attentati o incidenti, uno-due la volta, oppure in cinque o 10 (come ad Abu Dabi nel 1980) non li ricorda nessuno, se non i parenti e qualche commilitone. Con l’anno nuovo è stata girata pagina anche sull’ultimo attentato, quello in cui sono stati feriti 5 soldati nella regione di Kirkuk (ancora Iraq): una strage mancata, che nel giro di una settimana, proprio perché non ci sono state vittime, è finita nell’oblio. Eppure ogni giorno questi ragazzi, che accettano di andare in luoghi pericolosi per arrotondare uno stipendio che certo non è alto, rischiano la vita o di rimanere feriti.

La consistenza massima dei militari impegnati non può superare le 7.343 unità (due anni fa erano7.967), ma la consistenza massima non è uguale a quella effettiva: per la maggior parte del tempo, nel corso di una missione vengono impiegati meno uomini del numero possibile (mediamente sono impegnate circa 6.290 unità). Le missioni – alle quali dobbiamo partecipare per la nostra appartenenza all’Onu e alla Nato – devono essere autorizzate dal parlamento in base alla relazione annuale predisposta dal Consiglio dei ministri. Sostanzialmente, il numero dei militari impegnati è di poco superiore ai 7.300 e il costo complessivo delle missioni si aggira ogni anno intorno al miliardo di euro. Da un’analisi realizzata da MIL€X, Osservatorio per le spese militari, la sola missione in Afghanistan, che dura dal 2001, è costata circa 7,7 miliardi di euro ai quali si aggiungono altri 2,6 miliardi spesi per mantenere il contingente in Iraq (missione iniziata 2003).

Le truppe italiane sono impegnate in tre continenti: Africa (sono 18 le missioni in corso), Europa (14) e Asia (13). In quest’ultimo è impegnato il maggior numero di uomini: 3.438. Il contingente più numeroso in assoluto è quello distaccato in Libano, nell’ambito di due distinte missioni: la Unifil (Onu), che impegna fino a 1.076 soldati, e una missione bilaterale Italia-Libano di addestramento delle forze di sicurezza libanesi (140 uomini). Segue l’Iraq, dove operano fino a 1.100 militari nell’ambito della coalizione internazionale di contrasto alla minaccia terroristica (in modo particolare il cosiddetto stato islamico). I soldati italiani si occupano principalmente di addestrare le truppe peshmerga (le forze curde locali) a Erbil, capitale della Regione curda irachena, e le truppe irachene. Il terzo contingente più numeroso (800 uomini) è impiegato in Afghanistan nell’ambito della missione Nato Resolute Support. Sono poi presenti 130 soldati italiani in Turchia (missione Nato Active Fence, che sarà smobilitata). I restanti militari sono impiegati in varie missioni tra Israele e Palestina (in particolare per l’addestramento delle forze di sicurezza palestinesi), Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Qatar (questo paese è il primo acquirente di armamenti italiani).

In Europa operano 2.526 militari, per la maggior parte impegnati in pattugliamenti marittimi. Il contingente più numeroso è quello coinvolto nell’operazione Mare sicuro (fino a 754 uomini nel Mediterraneo centrale). Tra quelli impegnati in missioni navali, segue il contingente delle operazioni Eunavfor Sophia (520 militari) e nell’operazione Nato nel Mar Mediterraneo orientale e Mar Nero (259 militari). Tra i contingenti terrestri, il più numeroso è quello dispiegato nei Balcani (538 soldati nella Nato Kfor); seguono il contingente di 166 uomini impiegato in Lettonia (operazione Baltic Guardian) e piccoli contingenti dislocati in Albania, Bosnia, Kosovo, Cipro e altre operazioni navali. Infine, 130 militari dell’Aeronautica sono impegnati nella missione Nato di sorveglianza dello spazio aereo europeo.

In Africa operano 1.517 soldati. Il contingente più numeroso (533 uomini), si trova in Somalia e la quasi totalità (407 uomini) è coinvolta nell’operazione navale Eunavfor Atalanta, contro la pirateria. Gli altri 126 uomini partecipano ai programmi europei di addestramento Eutm ed Eucap; altri 429 sono in Libia (400 nella missione bilaterale Italia-Libia di assistenza e supporto e gli altri nell’addestramento della guardia costiera libica o in missioni Onu e Ue). In Niger sono presenti 292 militari impegnati nella missione bilaterale di supporto al paese africano, per contrastare i traffici illeciti e le minacce alla sicurezza. I militari italiani sono impiegati anche in Gibuti (92); gli altri soldati sono divisi tra Egitto (massimo 75 unità, impegnate nell’operazione Mfo che vigila sul mantenimento della pace tra il Cairo e Tel Aviv), Mali, Repubblica Centrafricana, Marocco e Tunisia.

Ma quanto guadagnano i militari impegnati in queste missioni? Beh, certamente più dei loro colleghi che restano in Italia e corrono meno pericoli. Innanzitutto va detto che i militari italiani percepiscono uno stipendio più basso rispetto a quello dei loro colleghi europei. Comunque, tenuto conto della maggiorazione del 30 per cento dello stipendio e di una diaria di 100 euro per chi è impegnato in missioni belliche (gli altri paesi europei pagano una diaria di 180 euro), un soldato semplice può arrivare a percepire fino a 2.000 euro in più sul proprio stipendio, arrivando a anche a circa 4.000 euro. Non molto per stare per lunghi periodi lontani dagli affetti, da mogli, figli, genitori, dalla vita normale e sicura, e rischiare la vita in posti dove, chissà perché, quasi sempre si viene considerati degli intrusi o dei nemici. Perché, come abbiamo visto, in queste missioni di pace, si può anche morire.