MISCELLANEA di FINE ESTATE
Che estate è stata: non siamo amanti delle allitterazioni e nemmeno siamo veggenti, poiché la domanda ce la siamo posta all’inizio dell’estate, ma non occorrono particolari capacità divinatorie per prevedere che anche quest’anno la bella stagione non ha riservato particolari gioie ai balneatori, albergatori e ristoratori della costa e della montagna abruzzesi. Le premesse d’inizio estate, del resto, non erano delle migliori. Vediamo perché, punto per punto.
TRENI I treni importanti, quelli dei flussi turistici, sfrecciano ad alta velocità nella nostra regione senza fare soste (salvo a Pescara). In Abruzzo i treni recuperano il tempo perduto nelle decine di fermate nelle vicine Marche e nella Puglia. Con una sola fermata, oltre all’Abruzzo, c’è solo il minuscolo (ma solo in termini territoriali perché grande sotto molti altri profili) Molise. I turisti, insomma, la nostra bella costa (quella dei trabocchi, ma anche quella “d’oro” del teramano), la vedono molto fuggevolmente dai finestrini dei treni. Per Trenitalia la nostra regione è considerata marginale turisticamente e commercialmente.
ANCORA TRENI Quelli della tratta Roma-Pescara: dannazione per centinaia di pendolari che ogni giorno dall’Abruzzo raggiungono la capitale per motivi di lavoro. Infinito travaglio fonte di stress e di angosce a causa dei ritardi, delle interruzioni elettriche e quant’altro ancora che rendono questa ferrovia inservibile per i pendolari, figuriamoci per i turisti.
PARCO DELLA COSTA DEI TRABOCCHI Da anni non si riesce a trovare l’accordo sulla perimetrazione, mentre sembra avanzare inesorabile “Ombrina mare” a bordo dello “Sblocca Italia” varato dal governo Renzi. Fare subito il Parco della costa teatina per arginare – dicono gli ambientalisti – la deriva petrolifera del nostro mare. Si è perso tempo prezioso per elevare a santuario turistico una delle coste più affascinanti dell’Adriatico: il rischio che a tagliare vincitrice il traguardo sia Ombrina. Con buona pace non solo degli ambientalisti ma di tutti coloro che grande fideismo sperano nello sviluppo turistico della zona.
LA MONTAGNA AFFRANTA Se il mare piange, la montagna non è meno affranta. Sulle medie e alte vette dell’Abruzzo il settore del turismo rimane una scelta per masochisti, ovviamente non parliamo degli escursionisti, ma di chi decide di investire in infrastrutture dell’accoglienza turistica. Sono sempre meno in realtà gli imprenditori che decidono di fare tale scelta e molti, tanti, quelli che invece tirano i remi in barca dopo anni di bilanci passivi e promesse di interventi rimaste tali.
E GLI ORSI CHE FANNO? Continuano a morire sotto i colpi delle malattie e del bracconaggio. L’impegno inestimabile del Corpo Forestale dello Stato (che si vuole addirittura sopprimere come corpo per scioglierlo nella polizia) non basta a proteggere questo animale entrato, ormai, a pieno diritto nella simbologia della nostra regione. Una volta erano le pecore a rappresentare l’Abruzzo nei musicali e fotografici “Intervalli” televisivi degli anni 70. Oggi sono l’orso e il lupo i simboli mitopoietici della regione. L’orso, però, rischia di scomparire.
E LE STELLE STANNO A GUARDARE Ma non si limitano solo a guardare ma anche a guadagnare in modo inverecondo sui disastri passati, presenti e, purtroppo, crediamo anche futuri dell’Abruzzo. Ci risiamo con il qualunquismo, direte voi che avete avuto la pazienza di arrivare fin qui. Ebbene, non di qualunquismo si tratta ma di attribuire le responsabilità a chi le ha: al ceto politico che non ha saputo invertire la rotta del degrado multilivello dei territori regionali; che non ha saputo valorizzare quello che la natura ha messo a disposizione dell’uomo; che invece di valorizzare, ha reso degradante; che continua a farci credere che ridurrà i costi della politica, ma non lo fa; che continua a percepire prebende e vitalizi senza avere capacità alcuna di tenere la barra verso la rotta di uno sviluppo che assomiglia sempre più a sottosviluppo, per i cittadini ovviamente non per le “stelle”.