La Lombardia, come è noto, s’è aggiudicata le Olimpiadi invernali 2026, che gestirà e organizzerà sull’asse Milano-Cortina d’Ampezzo, lasciando Roma con un palmo di naso. è presumibile che questo “palmo di naso” rimanga a lungo nel dizionario dei capitolini anche in relazione alla costruzione del nuovo stadio, di cui si parla da tempo e da tempo è oggetto di conferenze, progetti, dibattiti, impegni, prese di posizione, plastici, di cui si è perso il conto e con cui ora il nuovo vertice societario in mano al magnate statunitense Dan Friedkin, deve misurarsi. La questione stadio – questione nel senso di proprietà – sta diventando sempre più determinante per la gestione delle società di calcio. Prima a rendersene conto è stata la Juventus, capofila di un movimento (societario) macchinoso per i sedimenti storico-urbanistici del calcio nostrano, e che ora sembra sulla strada del rinsavimento. Sulla scia di Agnelli e, come sembra, Friedkin, si stanno movendo i vertici delle due società menenghine, che stanno per abbandonare il vecchio, glorioso, storico San Siro per andare a giocare altrove. L’attuale presidente del Milan Paolo Scaroni, imprenditore dall’illustre curriculum e dalle idee chiare, l’ha messo in cantiere: “Lo considero un tassello fondamentale per il Milan, per l’Inter e per tutte le squadre di calcio – ha dichiarato -. Se non ci mettiamo anche noi a costruire degli stadi moderni come hanno negli altri paesi, sarà difficile pensare che la Serie A riprenda il ruolo che aveva 15 anni fa. Aggiungerei, poi, che anche da un punto di vista dell’occupazione, avere due investitori stranieri che metteranno 1,2 miliardi su Milano, occupando 3 mila persone per più anni, mi sembra sia un qualcosa a cui non si può dir di no. Credo che il primo mattone lo metteremo l’anno prossimo”. I romani, non solo i tifosi giallorossi, si augurano che anche Friedkin riesca a mettere insieme, e in riga, progetti, necessità, programmi, realizzazioni
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