Mani di fata

la gruista più brava d'Italia
By Gino Consorti
Pubblicato il 2 Febbraio 2013

Daniela D’Addeo, 34 anni e una laurea in Belle Arti, dopo aver superato le selezioni nazionali ha preso parte alla finale come unica donna partecipante. Subito dopo ha trovato lavoro manovrando, con IL joystick, una gru da 40 quintali nel cantiere della metro C della capitale. Durante gli scavi, però…

Trentaquattro anni compiuti lo scorso ottobre, una laurea conseguita all’Accademia di Belle Arti, l’album di lavoro con poche caselle vuote ma mai con impieghi duraturi e tanti sogni nel cassetto. Potrebbe essere il ritratto di tanti giovani di questa strana Italia, un paese bellissimo e ricco di risorse e intelligenze guastato, però, dall’avidità di chi muove i fili di questo penoso teatrino. La storia di Daniela D’Addeo va raccontata in quanto rappresenta una sorta di unicum. Una sfida nella sfida, trovare cioè un posto di lavoro in un ambito prettamente maschile. Un’impresa decisamente ardua visto i drammatici numeri che quotidianamente arrivano dal mondo del lavoro. Il coraggio a questa giovane e bella ragazza, residente a Roma ma di origini campane, non è mai mancato, come anche la voglia di mettersi in gioco. Ed ecco, allora, che alcuni mesi fa si è ritrovata a concorrere nella finale di Milano per il “titolo” di migliore gruista del 2012. Un anno prima era stata l’unica donna a superare le selezioni del corso Formedil per maestranze edili, categoria gruista. Alla fine il podio più alto è stato occupato da un uomo, ma Daniela, dopo aver superato le selezioni di Piacenza, ha tenuto testa ai tanti avversari, tutti uomini e con oltre vent’anni di esperienza alle spalle.

La finale prevedeva due prove tecniche manovrando due gru diverse: ogni “esercizio” aveva un tempo massimo di 18 minuti e lei li ha svolti tenendosi abbondantemente sotto i 15. E alla fine si è guadagnata il titolo di gruista donna dell’anno. Un riconoscimento sicuramente simbolico che in tempi brevissimi, però, ha dato frutti inaspettati: un impiego a tempo determinato nel cantiere della metro C di Roma, nella tratta San Giovanni-Colosseo.

Tuta blu, caschetto, joystick tra le mani e due gru a cavalletto da far scendere in profondità, attraverso un gancio meccanico, riportando in superficie, in una capiente benna, cumuli di terra e cemento. Il tutto con grande passione e professionalità. Un bel giorno, però… Fermiamoci qui, sarà Daniela a raccontarci il resto. Non prima, però, di un’ultima riflessione a proposito di quel bene prezioso che è il lavoro. Quando questa rivista arriverà nelle case dei nostri abbonati mancheranno due o tre settimane alle votazioni politiche. In questi giorni ne abbiamo viste di tutti i colori e, purtroppo, il sipario non è ancora sceso su questo triste spettacolo. Tutti, oggi, ci propinano “ricette” miracolose per tornare a vedere la luce… Guarda caso, però, nessuno escluso, quando a turno erano nelle condizioni di prescriverle e quindi adottare una cura adeguata, hanno tenuto il ricettario ben chiuso nel loro cassetto… O meglio, le “ricette” le hanno compilate solo per loro, per i loro famigliari e per gli affini… Il nostro paese sta sprofondando nelle tasse e nella disoccupazione, una fetta sempre più sostanziosa di cittadini onesti fatica ad arrivare alla fine del mese, i tanti giovani in cerca di lavoro vengono, nella gran parte, illusi e presi in giro. Per non parlare degli anziani e dei malati. La casta, però, non batte ciglio. Seguita a muovere i fili di questo stomachevole teatrino a proprio uso e consumo; ogni tanto finge di azzannarsi con l’avversario di turno ma, di fatto, sotto i banchi del parlamento, delle regioni, delle province o dei comuni si divide il “bottino” fatto di denaro, potere e privilegi. Adesso la misura è veramente colma. È arrivato il momento di voltare pagina, seriamente e senza prendersi più gioco della pazienza della gente. Chiunque si ritroverà a governare il paese dovrà pensare unicamente al bene comune, favorendo lo sviluppo economico e soprattutto creando occupazione. Senza lavoro, infatti, non c’è né presente né futuro, solo disperazione. Senza la casta e i suoi assurdi privilegi, invece, sguazzeremmo nel benessere e nella serenità…

Ma torniamo alla nostra amica Daniela e alla sua amata gru. Il suo esempio è emblematico, altro che choosy caro ex ministro Fornero. Di giovani intelligenti, motivati e senza la puzza sotto il naso ne abbiamo tanti, tantissimi. Purtroppo quelli che scarseggiano sono i politici e i “tecnici” in grado di fare bene il proprio mestiere…

Ci presenta in due righe Daniela D’Addeo?

È donna che cerca lavoro… Sino a oggi ne ho svolti tanti, ma una collocazione duratura non l’ho mai trovata.

In quali esperienze lavorative si è cimentata?

Ho fatto la decoratrice di interni, ho lavorato al fast food, alla reception di un albergo, come progettista di interventi di utilità sociale presso le cooperative. E poi ancora in uno studio medico, ho fatto la contabile…

Diciamo che non è stata con le mani in mano…

Direi proprio di no. Chiusa una porta ho sempre cercato di aprirne un’altra adattandomi il più possibile pur di lavorare.

Ma abbandonare la via dell’arte è stata una scelta o una necessità?

A me l’arte piace, dipingo, ho partecipato ad alcune mostre e ho anche venduto qualche quadro. Per certi versi, però, è quello un mondo complicato.

Perché?

Economicamente devi avere delle basi solide per poterti permettere certi livelli…

Oppure devi imbatterti in un mecenate…

Esattamente. Io ho avuto un grande maestro ma sinceramente non ero a mio agio in quell’ambiente. Fare arte sì, ma la vita mondana non fa per me. E se ti tieni fuori da certi giri non hai proprio speranza…

Ma dalla laurea in Belle Arti com’è finita a manovrare una gru?

Sul sito del centro di maestranze edili di Pomezia c’era un annuncio di corsi per restauro ligneo per il teatro e siccome mi sarebbe piaciuto tantissimo farlo mi sono presentata chiedendo informazioni. I corsi di restauro, però, erano stati cancellati, restavano quelli per muratore, termoidraulico, carpentiere, escavatorista e conduttore gru a torre.

Mestieri ideali per una donna…

Può dirlo… Ci rimasi male, lo confesso, anche perché come dicevo il mondo del restauro mi affascinava non poco. Non volendo però tornare a casa a mani vuote e considerato che il corso era retribuito, decisi di iscrivermi e affrontare una selezione.

Ovviamente gli altri partecipanti erano tutti maschietti…

Ovviamente… C’erano cinquanta posti disponibili ma visto che si trattava di un corso retribuito 5 euro l’ora eravamo più di 800… Superata la selezione ho frequentato un corso di 8 mesi e infine ho svolto un mese di stage presso il cantiere della metro C di Roma nella Cooperativa Archeologia. In quei trenta giorni il mio lavoro è stato particolarmente apprezzato al punto da meritarmi un’assunzione a tempo determinato.

Ma chi l’avrebbe mai immaginato, però, che proprio l’arte si sarebbe messa di traverso ai suoi sogni…?

Eh già… All’epoca gli scavi dove lavoravo erano arrivati a una profondità di 27 metri. Ad un tratto, però, ci siamo imbattuti in un’enorme vasca romana…

Quindi?

Una volta riportata in superficie la terra che riempiva l’enorme vasca il mio lavoro -manovravo due gru a cavalletto – purtroppo è terminato…

Dica la verità, che aria ha respirato durante il corso e nel cantiere?

Direi di diffidenza. La domanda era sempre la stessa: perché stai qui?

Non era un bel sentire…

Proprio per niente. Durante il corso alle mie spalle avvertivo un continuo vociare fatto di bisbigli e commenti anche a voce alta… A quel punto ho dovuto mettere dei “paletti”

Di che tipo?

Ho semplicemente detto che, al pari loro, anch’io avevo diritto a cercarmi un lavoro.

Ma questa diffidenza nei suoi confronti quanto è durata?

Un paio di mesi. Poi ci si conosce e fortunatamente tanti pregiudizi svaniscono.

In quel periodo è stata per caso vittima di qualche goliardata da parte di qualche suo collega?

No. Solo durante le ore di scuola qualcuno ha provato a prendersi qualche confidenza di troppo, ma la mia reazione, come le dicevo, gli ha fatto capire che era meglio finirla subito.

Di positivo, invece, cosa ha trovato in quell’esperienza?

Il fatto che, una volta chiariti posizioni e punti di vista, il rispetto reciproco si sia instaurato senza grossi problemi. Anche nel cantiere inizialmente mi aspettavano al varco, erano tutti attenti a vedere come mi muovevo nel lavoro, quasi aspettavano un mio momento di difficoltà… L’aver superato però alcune situazioni un po’ complicate mostrando di saper fare quel mestiere mi ha fatto guadagnare la loro stima e il loro rispetto. A differenza invece di quanto, a mio avviso, accade nell’universo femminile.

Cioè?

Se sei brava nelle tue colleghe avverti sempre un po’ d’invidia; in ambito maschile, invece, si percepisce sì quella diffidenza iniziale ma se poi vali loro non hanno nessuna difficoltà ad ammetterlo.

A suo avviso il settore edile è da considerare accessibile al mondo femminile?

Nel cantiere dove ho lavorato mi sono trovata benissimo. Fisicamente non sono imponente ma salgo tranquillamente sulla scala della gru e smonto senza problemi l’enorme bènna. Naturalmente per spostare le catene della mia gru dovevo prima sollevarle e quindi, una volta sistematele nella cariola, le trasportavo. Al mio posto, invece, un uomo le trascinava dietro di forza… Al di là di questo particolare, comunque, direi che la donna può tranquillamente starci in questo mondo. Magari deve metterci una maggiore attenzione mentale e un po’ più d’ingegno.

Lei è stata la prima e unica donna a partecipare alla gara per contendersi il titolo di migliore gruista del 2012. Quali sensazioni si è portata dietro?

Senza dubbio positive anche se mi ha rattristato non poco vedere tanti gruisti disoccupati con oltre 30anni di esperienza… Io ho appena iniziato mentre lì ce n’erano tanti bravi e con diversi anni di lavoro alle spalle. Sono sincera, nella fase finale ho incontrato gente molto più brava ed esperta di me.

Questa “confidenza” non può che farle onore. Lei quale tipo di gru utilizza?

Quella a torre, la classica dell’edilizia. La gru ha un basamento come zavorra, che viene ancorato a terra, e poi ci sono il braccio e il controbraccio. Nel cantiere della metro C, invece, lavoravo con due gru a cavalletto.

Cioè?

Alla base hanno delle ruote che sono poste su delle rotaie che assicurano una traslazione della gru. Per capirci sono come quelle portuali utilizzate per alzare i container.

Quanto pesano?

La piccola 30 tonnellate e la grande 40.

Qual è il pericolo maggiore in cui può incorrere un gruista?

La cosa più importante per non avere spiacevoli sorprese è evitare le oscillazioni che potrebbero far capovolgere la gru. E se ti attieni alle regole sicuramente le probabilità che questo accada sono bassissime.

Si è mai trovata in una situazione di grave difficoltà o di pericolo?

Pericolo effettivo no, ma guasti in corso ne ho avuti. Ad esempio, quando lavoravo nel cantiere di San Giovanni, a Roma, mentre stavo sollevando del cemento si è rotto il pistone che chiudeva la benna la cui portata era di 10 metri cubici di terra…. Fortuna-tamente nel momento in cui si è rotta ero già sulla vasca. E comunque in un cantiere come quello, anche se si fosse rotta e quindi aperta mentre sollevavo il peso sulla buca di 27 metri, sotto di me non ci sarebbe stato nessun operaio. Ci sono infatti delle regole ben precise in materia di sicurezza che, se adottate, metterebbero al riparo l’incolumità dei lavoratori.

Quanta pressione c’è in un lavoro di squadra dove la sicurezza di tante persone passa anche per le tue mani?

La pressione c’è ed è assolutamente importante ricordare che la sicurezza degli altri passa anche per le nostre mani. Io lo ripeto in continuazione ai miei colleghi di lavoro, anche se davanti ho gente più esperta di me.

E cosa ti rispondono?

Niente, basta l’espressione della loro faccia…

Del tipo?

Ma ti rendi conto con chi stai parlando…?

E lei?

Tu avrai quindici anni di esperienza, rispondo con tono pacato, però questo carico lo stai imbracando male… Se non lo fai nel modo giusto non te lo sollevo…

Ma per contrastare il triste fenomeno delle morti bianche a suo avviso quale strada bisognerebbe seguire?

Bisognerebbe considerare di più l’operaio e i tempi di lavoro. Spesso, infatti, si opera in condizioni assolutamente precarie. Ad esempio non si può morire come è accaduto recentemente a Francesco Zaccaria, il gruista dell’Ilva. Immagino che prima dell’arrivo di una tromba d’aria quanto meno ci sia del vento forte… E se c’è vento forte o nebbia si sa che la gru non può e non deve lavorare. Invece basta dare un’occhiata a YouTube per trovare tantissimi filmati di gruisti al lavoro con simili condizioni atmosferiche…

Nel cantiere dove lavorava come eravate messi in materia di sicurezza?

Nel modo migliore. Stiamo parlando, infatti, di un cantiere di una grande infrastruttura dove tutti i sistemi di sicurezza erano all’avanguardia. Inoltre avevamo addosso gli occhi di tanti addetti alla sicurezza: quelli inviati dal consorzio edile, dal comune e dal ministero. Anche il personale del cantiere era super qualificato e i gruisti che ho incontrato erano esperti e professionali. Ascoltando però i loro racconti, in passato si erano imbattuti in tanti altri cantieri dove la sicurezza era scarsa e il lavoro era svolto in condizioni precarie.

Qual è stato il più bel complimento che ha ricevuto sul lavoro?

Più che complimenti direi l’espressione di alcuni miei compagni di lavoro. Oppure il collega che ti dice: “Questo carico, Daniela, voglio che lo faccia tu…”. È gratificante sentirsi stimati.

E l’apprezzamento meno carino che ha ricevuto?

Le osservazioni maschiliste.

Tipo?

È ridicolo che tu stia qui, dovresti stare a casa…

Magari a fare i piatti…

Esattamente… Chi mi diceva così, comunque, poco dopo è stato mandato via…

Perché lei si è lamentata?

No, semplicemente perché non faceva bene il suo lavoro.

Fuori dal cantiere che donna è Daniela D’Addeo?

Una persona tranquilla che ama le cose belle, la lettura, l’arte, le città, i bei paesaggi, la natura. Forse sono una donna un po’ atipica visto che non amo lo shopping, non mi piace trascorrere il tempo nei centri commerciali o nei negozi. Le mie amiche mi rimproverano sempre… Mi piace comunque stare in compagnia.

Oltre la pittura coltiva altre passioni?

L’arrampicata sportiva.

Eh già, dimenticavo… L’adrenalina messa in circolo manovrando una gru da 40 quintali è poca cosa, occorre un supplemento di emozioni…

(sorride) L’arrampicata mi piace tantissimo e non so rinunciarci. La pratico soprattutto nelle falesie, (coste rocciose con pareti a picco alte e continue, ndr). Lo faccio anche in alta montagna ma per questioni di comodità vado spesso a Sperlonga e Civitavecchia.

Le rocce abruzzesi le ha sperimentate?

Sì, sono stata sul Gran Sasso, precisamente al Corno piccolo. Posti bellissimi anche se tutte le volte ho trovato un po’ di nebbia…

Arrampica da sola?

Insieme a mio marito, anche lui è un amante della natura e della montagna.

E del suo lavoro che ne pensa?

È stato da subito entusiasta della mia scelta, ogni prova che superavo era sempre più orgoglioso di me.

Come disoccupata ti stai guardando attorno sempre nel campo dell’edilizia oppure stai prendendo in considerazione anche qualcos’altro?

Al momento ho dei contatti con la Cooperativa Archeologia. Loro sono fermi ma se ripartono i cantieri mi contatteranno per un posto da gruista. Nello stesso tempo confido anche in un aiuto da parte della Formedil. Sto spedendo curriculum ovunque, certamente non posso escludere, se si dovesse presentare un’opportunità interessante, di cambiare mestiere… Attualmente, purtroppo, io e mio marito siamo senza lavoro quindi diventa fondamentale trovare un’occupazione.

Certamente il termine choosy utilizzato dall’ex ministro del Welfare Fornero non la riguarda…

Altro che choosy, potrei diventare un po’ schizzinosa solo se mi chiedessero di lavorare dodici ore al giorno per sei giorni a settimana e con il riposo infrasettimanale… Qualche volta l’ho fatto ma sinceramente non lo trovo giusto e non ne vale neanche la pena. Non hai tempo per fare più niente: ti svegli la mattina, vai al lavoro, ritorni la sera distrutta, mangi qualcosa e ti addormenti. Il giorno che hai il riposo, poi, devi inevitabilmente dedicarlo alla spesa, al pagamento delle bollette e altre adempienze di famiglia. Così tutti i giorni. In pratica la vita ti scorre via e nemmeno te ne accorgi… Per tornare alla definizione dell’ex ministro direi che il problema non è il “gusto raffinato” dei giovani bensì la mancanza di lavoro. Spesso si richiede al dipendente di effettuare più ore di lavoro mentre invece quelle ore in più potrebbero benissimo essere svolte da un’altra persona. A mio avviso il mondo del lavoro sta girando al contrario.

Cosa sta soffocando il settore edile?

Un problema serio è che gli enti pubblici ritardano i pagamenti dei lavori causando enormi difficoltà alle imprese che li hanno eseguiti anticipando i soldi. E poi a mio avviso è l’idea di fondo che è sbagliata.

Cioè?

Si butta cemento per costruire orrendi palazzoni mentre nel frattempo cadono a pezzi strutture importantissime dello stato come ad esempio scuole, stazioni ferroviarie, ospedali, palestre, centri ricreativi, carceri, eccetera. L’edilizia, secondo me, dovrebbe mutare obiettivi e il lavoro non mancherebbe di certo. Siamo pieni, infatti, di strutture fatiscenti o insufficienti.

Da uno a dieci che voto darebbe alla nostra classe politica?

Un quattro scarso…

Come mai si tiene così alta…?

Solo perché non voglio perdere la speranza…

Se le offrissero un lavoro all’estero accetterebbe?

Sì, a patto che si tratti di un lavoro di almeno tre mesi. Spostarsi per meno sarebbe troppo dura.

E se il genio della lampada le concedesse l’opportunità di scegliere tra un impiego a tempo indeterminato nel mondo dell’arte oppure da gruista per cosa opterebbe?

Il genio mi metterebbe in difficoltà… Alla fine, comunque, sceglierei il lavoro meno stressante a livello fisico. Quindi dico il mondo dell’arte.

Un’ultima domanda: rifarebbe tutto?

Nessun rimpianto. Tornerei domattina a manovrare una gru…

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