Volenti o nolenti il tempo prosegue il suo corso e con esso anche le invenzioni non danno tregua: anzi, le vecchie invenzioni dispiegano tutta la loro potenza in nuove e ottime applicazioni. È il caso del motore elettrico, che, leggermente più giovane del suo fratello “a combustione interna”, minaccia di iniziare il fratricidio su scala di massa. Se sembra infatti complicato far capire agli esseri umani i vantaggi di una guida parzialmente o completamente automatica, è praticamente immediato comprendere i vantaggi nel sostituire un motore a scoppio (ingombrante, pesante, inquinante) con il suo equivalente elettrico (compatto, leggero e pulito).
Un’azienda americana sta praticamente dettando lo standard in materia, tanto che se dovessimo pensare a come sarà l’auto del futuro un sacco di indizi sono da trovare nel progetto della Tesla 3, quella che nella concezione di Elon Musk (co-founder di Tesla) sarà l’auto elettrica mainstream a partire da un prezzo (quasi) popolare di 35 mila dollari. E nel mondo che verrà, dopo esserci abituati al carrello di Amazon, si può anche prenotare la nostra Tesla Car, che però non sarà “chiavi in mano” se non prima di 12-18 mesi (almeno qui in Italia).
Che differenze tra il vecchio e il nuovo? Anni fa parlare di auto elettrica faceva venire in mente tanti compromessi: ok zero inquinamento (o quasi), ma questo a scapito di autonomia e di prestazioni. Non è questo il caso della Tesla, che promette (e dai video americani in giro su Youtube la promessa sembra mantenuta) velocità e autonomie degne, se non superiori, della classica auto a benzina o diesel. Accelerazione da 0 a 100 Km/h in 5 secondi e mezzo, coppia motrice elevata con risposta praticamente istantanea a qualsiasi regime, autonomia da 400-500 Km, emissioni zero, rumore di crociera ridotto al minimo, impianto frenante combinato magnetico e a disco, doppio bagagliaio (posteriore e, novità anche anteriore) con capacità più che raddoppiate per via del risparmio di spazio ottenuto dall’assenza di parti meccaniche oramai obsolete (prima fra tutte l’albero di trasmissione…) e del serbatoio (sostituito dalla base della scocca ripiena di batterie al litio) eccetera, sono alcune delle caratteristiche con cui faremo i conti se il futuro è veramente di colore electric green.
E se la macchina può essere tutta elettrica già da tempo lo sono i robot. Ma alla domanda se i robot sono umani o quantomeno si rassomigliano ad essi la risposta è ancora negativa sotto tanti punti di vista. Pensando a un robot, in particolare a quelli classe umanoide, si hanno in mente movimenti lenti goffi e imprecisi. Ma anche qui dobbiamo fare qualche aggiornamento, in quanto le novità si succedono oramai di mese in mese. Non vi nego il mio stupore quando ho visto per la prima volta il video di questa azienda Boston Dynamics che ha presentato dei robot capaci non solo di camminare (e correre) in modo semiautonomo, ma soprattutto fare delle cose che prima ad ora erano riservate agli esseri umani. Beh, ci crederete o no, alla fine di novembre scorso sono riusciti a far fare un salto mortale all’indietro al loro super giocattolo umanoide. Si può rimanere di stucco, ma appena appresso ci domandiamo: effettivamente cosa ce ne facciamo di un atleta meccatronico? Beh…, le applicazioni sono anche tante e alcune, forse, diventeranno utili ed usuali nel mondo che verrà. Oltre agli esercizi atletici, i robot più intelligenti e performanti (e qui il campo si allarga alle ricerche su tutto il pianeta) mostrano di acquisire, se non comportamenti, almeno procedure di tipo umano e di andare oltre per certi versi: lo stesso robot che saltava è capace di alzare pacchi e riporli nei giusti ripiani, altri bracci robotici, appositamente cablati sopra i fornelli della cucina, possono sostituire il cuoco per il pranzo, mentre quelli piatti e tondi con spazzole o lame integrate forse li abbiamo già visti girare e pulire in qualche casa o tagliare l’erba del giardino.
Se riprodurre la funzionalità del movimento sembra dunque alla portata attuale della tecnologia, più difficile sarà un’interazione completa con gesti e parole che possano portarci oltre l’ “impressione” dell’umano. Al momento si trovano pure dei robot parlanti, o da compagnia, che riescono a riprodurre la fisionomia di un volto (con grandissimi risultati estetici, anche nei dettagli) tanto da poter ingannare per alcuni secondi sulla reale identità (artificiale) del robot.
Ma, in tutto questo, la constatazione che dobbiamo fare, oltre le capacità tecniche che stiamo acquisendo, è: quanto inafferrabile rimane quell’unicum che cerchiamo di imitare.
Email: marco.staffolani.stf@gmail.com