MA IL PANE CHI LO PORTA?

L’Abruzzo potrebbe essere un ottimo campo di studio per i sociologi dello sport, nel senso dell’utilizzazione della pratica sportiva e dei suoi risultati a fini dell’organizzazione del consenso interno e di propaganda esterna, insomma lo sport come componente di quel complesso di valori, o se volete di credenze (vere o false), che regolano la vita dell’uomo. Che altro pensare, infatti, di fronte a situazioni per le quali vincere un campionato di calcio ed essere promossi in C1 potrebbe equivalere addirittura all’intera ricostruzione di una città completamente devastata dal terremoto. Alcuni commenti di dirigenti sportivi, ma anche di altrimenti oculati amministratori, aquilani, all’indomani della promozione in C1 della squadra aquilana (vincitrice nel derby con il Teramo) lasciano interdetti: “Questa vittoria aiuterà L’Aquila a rinascere dalle macerie”, “Una vittoria che ridarà spirito agli aquilani sulla via della rinascita e della ricostruzione”.

Senza andare a scomodare Bartali che con la sua epica e vittoriosa sfida con Bobet al Tour evitò, secondo alcuni, la rivoluzione in Italia dopo l’attentato, nel luglio del 1948, a Togliatti, ma come è possibile sostenere queste tesi quanto anche i bambini sanno che per ricostruire L’Aquila occorrono risorse vere e non simboliche; servono  miliardi su miliardi e non noccioline. Senza considerare poi che per partecipare al campionato di C1 occorreranno più soldi che per la partecipazione al campionato di promozione. Con un tessuto sociale così devastato dove saranno trovate le risorse necessarie per sostenere dignitosamente la partecipazione a una competizione lunga e dispendiosa? E poi, a fronte di una promozione della squadra di calcio si è assistito, nel silenzio più assoluto, alla retrocessione della gloriosa squadra di rugby; retrocessione che avrebbe dovuto far disperare la dirigenza e che, invece, altro non ha comportato se non la riconferma in blocco del “management” così disastrosamente colpevole della debacle. Grande L’Aquila calcio ma con realismo e senza voli pindarici, perché i sogni finiscono al mattino. L’altra notizia che colpisce e che, in qualche modo, rafforza la tesi dello sport quale grande cuscino di assorbimento delle ingiustizie sociali, è quella riguardante la società del Pescara calcio. Ha messo a disposizione dei disoccupati, regolarmente iscritti ai centri per l’impiego della provincia, mille abbonamenti per seguire le partite casalinghe della squadra che è retrocessa in serie B. Panem et circenses teorizzavano e applicavano alcuni imperatori romani che per guadagnarsi il consenso del popolo svolgevano ludi di vario genere nel Colosseo e distribuivano pane gratuito. In questo caso non è il sistema politico a escogitare la trovata, ma la società di calcio in cerca di rilancio di immagine dopo la retrocessione. Nell’uno e nell’altro caso, tuttavia, si tratta dell’uso della manifestazione sportiva per (ri)creare consenso e positività dopo una fase di negatività che ha determinato perdita di condivisione in relazione a credenze affini (l’attaccamento ai colori della squadra). Tutto bene. Ma il pane chi lo porta?