Lo spettacolo di Utopia era costituito da cinque commedie di Aristofane (Cavalieri, Donne al Parlamento, Pluto, Uccelli, Lisistrata) e prodotto da Festival internazionali (Edimburgo, Berlino, Parigi e anche Shiraz in Persia, l’unico che poi non andò in porto), dalla Biennale di Venezia, dallo Stabile di Torino, dal Fabbricone di Prato e anche dal Pci, più precisamente dal settore produttivo dei Festival dell’Unità. La rappresentazione (una fantasmagorica sfilata di trentatré attori, sei automobili, un camion, una corriera e persino un piccolo aereo Piper) doveva svolgersi su una strada di 60 metri per 10, con pubblico previsto su tribune laterali: era uno spettacolo in cammino. Non si parlava solo di utopie sociali e politiche della Grecia classica messe a confronto con l’attualità, ma la rappresentazione stessa era una sorta di utopia con tutte le sue difficoltà teatrali, logistiche e climatiche, in un’estate particolarmente piovosa. Ho pensato che poteva essere importante parlare di un’esperienza unica e irripetibile soprattutto oggi in un’epoca di scarsi ardimenti teatrali”.
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