Fedeli all’insegnamento della lettera agli Ebrei, i padri conciliari richiamano la nostra attenzione su una verità rivelata, alla quale purtroppo non prestiamo sempre la debita attenzione. Unico sacerdote, degno di questo appellativo, è Gesù.
Ecco l’affermazione del Concilio: “Cristo Signore, pontefice assunto di mezzo agli uomini (cf. Ebrei 5, 1-5) fece del nuovo popolo “un regno e dei sacerdoti per Dio, suo Padre” (Ap, 1,6). Questo duplice riferimento ai testi neotestamentari basta per comprendere in che modo i padri conciliari intendono impostare il discorso.
Sacerdozio battesimale e sacerdozio ordinato
Ecco il punto nodale dell’insegnamento conciliare: “Il sacerdozio comune dei fedeli e il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro, poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo proprio modo, partecipano all’unico sacerdozio di Cristo”.
Annotiamo anzitutto l’espressione: ambedue ì sacerdozi partecipano direttamente all’unico sacerdozio di Cristo. Non è corretto perciò pensare che il sacerdozio battesimale deriva dal sacerdozio ministeriale. Ambedue derivano direttamente dal sacerdozio di Cristo. Per questo il Signore Gesù ha dato alla sua Chiesa due sacramenti distinti.
Merita di essere messa in risalto anche l’espressione secondo la quale i due sacerdozi sono “ordinati l’uno all’altro”. È chiaro dunque che ai padri conciliari stava a cuore non solo di affermare la comune partecipazione al sacerdozio di Cristo, ma anche la relazione reciproca tra sacerdozio comune e sacerdozio ministeriale. Non v’è alcun dubbio che, se questi due doni del Signore Gesù alla sua Chiesa possono interagire liberamente dentro i dinamismi di una Chiesa particolare, questa ne potrà trarre molti benefici.
Per offrire se stessi
Ma viene spontaneo chiederci: quale è la vera essenza del sacerdozio, soprattutto dopo che il Verbo si è fatto carne? Questo mistero, che è centrale nella nostra fede, non può non incidere su tutte le manifestazioni della nostra vita e della nostra testimonianza.
La risposta non è del tutto scontata, perché troppo spesso si incontrano persone le quali pensano che quando un prete ha celebrato la sua messa, quando cioè ha compiuto un dovere ministeriale, egli ha esaurito il suo compito: ma questo modo di pensare è contrario alla vera natura del sacerdozio come partecipazione al sacerdozio di Cristo.
E questo vale, ovviamente, anche di ogni battezzato. Infatti “Tutti i discepoli di Cristo, perseverando nella preghiera e lodando insieme Dio, offrano se stessi come vittima viva, santa, gradevole a Dio, rendano dovunque testimonianza di Cristo e, a chi la richiede, rendano ragione della speranza che è in loro della vita eterna”. è questa l’essenza del sacerdozio: non il fare riti e cerimonie, ma l’offrire se stessi a Dio in sacrificio a lui gradito. Esattamente come ha esercitato il suo sacerdozio Gesù.
Per concorrere all’oblazione dell’Eucaristia
Se da un lato “il sacerdozio ministeriale, con la potestà sacra di cui è investito, forma e regge il popolo sacerdotale”, dall’altro lato, però, “i fedeli, in virtù del regale sacerdozio, concorrono all’oblazione dell’Eucaristia, ed esercitano il sacerdozio con la partecipazione ai sacramenti, con la preghiera e il ringraziamento, con la testimonianza di una vita santa, con l’abnegazione e l’operosa carità”.
Il verbo “concorrere” sta a indicare che non è sufficiente che i fedeli laici assistano alla celebrazione eucaristica da semplici spettatori, come purtroppo accade ancora; verrebbe da pensare che se i fedeli laici non concorrono il sacrificio rimarrebbe quasi come una incompiuta.
È bene mettere in risalto il fatto che questo concorso, secondo i padri conciliari, non si esaurisce nel partecipare alla celebrazione eucaristica, ma si protrae e si estende alla vita, abbracciando tutte le giornate e tutta la giornata. È questo il modo con il quale i fedeli laici esercitano il loro sacerdozio.
Chiese giovani e di antica tradizione
La Chiesa cattolica è una, ma si articola in tante Chiese particolari o diocesi. Tra queste ce ne sono molte di antica tradizione mentre altre vengono chiamate “Chiese giovani”. Queste sono le chiese nate dall’opera missionaria che ha conosciuto grandi sviluppi nei secoli recenti. Le Chiese di antica tradizione sono quelle che possono contare una esperienza secolare, ricca di tanti doni e capace di dilatarsi. Quello che accade spesso è uno scambio di doni tra questi due generi di Chiesa per un reciproco arricchimento.
Parole di Paolo VI
“Noi vogliamo sperare che la dottrina sul mistero della Chiesa, illustrata e approfondita da questo Concilio avrà fin d’ora ripercussioni negli animi innanzi tutto dei cattolici; vedano i fedeli tutti meglio tratteggiato e svelato il volto genuino della Sposa di Cristo, vedano la bellezza della loro madre e maestra…; ammirino un prodigio di fedeltà storica, di stupenda sociologia, di superlativa legislazione, un progredente regno, dove l’elemento divino e umano si fondono per riflettere sopra l’umanità credente il disegno dell’Incarna-zione e della Redenzione, il Cristo totale, come dice sant’Agostino, il nostro Salvatore”.