LUNGA, CALDA E AFFOLLATA
Lo scorso anno le presenze hanno fatto registrare un +4,7 per cento, ma se facciamo qualche raffronto ci rendiamo conto che stiamo molto indietro rispetto a chi ha moltissime cose meno di noi, ma, evidentemente, sa gestirle meglio… Altrove vengono attuate misure che favoriscono il turismo, come la riduzione dell’Iva e altri tipi di sgravi Che sia lunga, calda e affollata. L’estate sta iniziando e speriamo che si distingua per queste caratteristiche, affinché possiamo beneficiarne tutti, bilancio statale compreso. Confidiamo che prosegua il trend positivo che lo scorso anno registrò un +4,7 per cento sul precedente, facendoci piazzare al quinto posto la graduatoria mondiale del turismo. Il periodo estivo – si sa – è quello che muove maggiormente i turisti e che determina il risultato annuale. In termini economici, secondo il World travel & tourism council (Wttc) il settore ci ha fruttato nel 2015 qualcosa come 39 miliardi di euro, grazie ai 50 milioni di persone che hanno scelto il Belpaese per le loro vacanze. Una bella boccata d’ossigeno. Perciò si spera di vedere piene le oltre 158 mila strutture (33.290 quelle alberghiere, 125.122 le altre) con 1,2 milioni di lavoratori, un numero che sale a 2,6 con l’indotto. Per attirare gente abbiamo la maggiore concentrazione mondiale di siti protetti dall’Unesco (53, compresi 2 del Vaticano) e oltre ottomila chilometri di coste. Insomma, stiamo messi bene; perciò è giusto riconoscere i meriti a chi è riuscito a riportare in auge un settore importantissimo per la nostra economia. Lode e merito, quindi; e un in bocca al lupo a ripetersi e a fare meglio. Già, perché, nonostante i numeri siano apparentemente soddisfacenti, se facciamo qualche raffronto ci rendiamo conto che stiamo molto indietro rispetto a chi ha moltissime cose meno di noi, ma – evidentemente – sa gestirle meglio.
Prendiamo la Francia, per esempio: ha meno coste di noi (3.420 km), un numero inferiore di città d’arte, il problema degli attentati terroristici, eppure si è confermata la prima nazione al mondo per turisti: quasi 88 milioni. Per non parlare della Spagna, terza alle spalle degli Usa (74): con 68 milioni di turisti ha incassato 56 miliardi. Sono cifre, queste, che devono indurci a riflettere, se consideriamo che la Germania, che vanta un movimento ben più piccolo del nostro, è riuscita a portare in cassa 37 miliardi con 35 milioni di turisti; e vanta anche un numero maggiore di addetti (3 milioni). Come si vede, è ancora presto per cantare vitttoria. L’anno passato il turismo mondiale ha registrato un incremento del 4,4 per cento (l’Unwto, organismo dell’Onu, ha calcolato che 1,184 miliardi di persone hanno girato il mondo per svago); l’incremento maggiore si è avuto in Europa, con il +5%, e noi ci siamo posizionati al di sotto di questa cifra (4,7%). Pertanto, occorre andarci cauti con i trionfalismi, tenendo conto che abbiamo avuto sei mesi di Expo (20 milioni di visitatori, gran parte italiani, non sono assolutamente molti) e i primi tre mesi del Giubileo. Chissà cosa sarebbero stati capaci di fare gli altri paesi con queste opportunità!
Altrove, evidentemente, vengono attuate misure che favoriscono il turismo, come la riduzione dell’iva (ma siamo sicuri che gli imprenditori italiani abbasserebbero di conseguenza i prezzi?), o altri tipi di sgravi. Da noi il settore sembra doversi inventare ogni anno degli escamotage per combattere la concorrenza, Spagna in primis, pronti ad avventarsi su quei turisti delusi dalle condizioni italiane. Negli ultimi anni, per esempio, due milioni di tedeschi hanno cambiato direzione, e dire che, con 10 milioni, rappresentano la fetta maggiore di clienti. Uno dei freni è senza dubbio il rapporto qualità-prezzo: nell’ultimo rapporto biennale Country Brand Index 2014-15 siamo scesi dal 28o al 57o posto! Da una ricerca di Confimpresa su come ci vedono gli altri emergono aspetti interessanti: gli stranieri si dicono abbastanza soddisfatti (tranne per il caro-benzina) di autostrade e treni (a eccezione dei regionali), ma il 40 per cento è “per niente o poco soddisfatto” dei nostri hotel medi. Nella classifica biennale del World Economic Forum (Wef), che mette a confronto il settore “viaggi e turismo”, occupiamo l’ottava posizione, ma ci sopravanzano altri cinque paesi europei. La Spagna ha conquistato per la prima volta la vetta di questa graduatoria sull’attrattività e la capacità di offrire vantaggi economici e sociali, stilata in base a 14 parametri tra 141 paesi. Tra gli aspetti positivi iberici emergono il livello di risorse culturali, la capacità di promozione online e l’eccellenza delle infrastrutture. Seguono: Francia, Germania, Usa, Gran Bretagna, Svizzera, Australia, Italia, Giappone, Canada. Noi registriamo gli indici più alti in infrastrutture, risorse culturali e viaggi di lavoro, mentre siamo poco competitivi nei prezzi e non siamo presenti nella decade delle nazioni che proteggono le risorse naturali in vista del turismo, pur occupando il terzo posto tra quelle che possono contare sulle risorse culturali per sviluppare l’industria del turismo.
È necessario armonizzare e rendere omogenea la legislazione turistica per facilitare le imprese e favorire l’incremento della qualità complessiva sia dei servizi sia delle infrastrutture. Occorre darsi una svegliata: per molti anni abbiamo vissuto di rendita e questo ha determinato negli operatori, e nei politici, un atteggiamento passivo, di attesa e di sfruttamento dei turisti invece di operare in un’ottica competitiva e innovativa. Quindi, a fronte di una domanda che è cambiata profondamente, le proposte e i prodotti offerti continuano ad essere sempre gli stessi: non hanno valenza esperienziale, non sono presenti – o lo sono molto poco – in rete e sui social media, non sono destagionalizzanti e soprattutto non sono promossi bene. Un esempio: l’Italia può essere considerato un museo a cielo aperto, eppure il 60 per cento del turismo è concentrato in appena quattro regioni: Veneto, Lombardia, Toscana e Lazio (nell’ordine). Tempo fa, in un dossier della società di ricerca Pwc si sosteneva che se noi ricaviamo 100 dai nostri siti Unesco, Spagna e Brasile riescono a ricavare 130, Gran Bretagna, Germania e Francia da 180 a 190 e la Cina 270. Come dire che gli altri, pur avendo meno, riescono ad ottenere di più. Pertanto, se noi aumentiamo del 4,7 per cento e gli altri del 5%, perdiamo lo 0,3 rispetto a loro. Quindi, siamo capaci di farci superare anche quando avanziamo.