L’OSTIA COME UN GIOCO?

Frequentando alcune parrocchie della mia città ho potuto costare che in tutte c’è l’abitudine di dare un’ostia non consacrata ai bambini che hanno fatto i chierichetti, ma anche a tutti gli altri bambini che hanno partecipato alla messa, che non hanno, però, ancora fatto la prima comunione. Mi chiedo e le chiedo, padre, se ciò è una bella e buona abitudine? La ringrazio sentitamente.                                                          Teresa (Roma)

 Quello di dare un’ostia non consacrata ai bambini presenti alla messa festiva alla fine di essa mi sembra un gesto da considerare pieno di buone intenzioni. Si tratta, però, di un gesto funzionale che deve essere rispettoso del sacramento e non deve essere un gesto che può generare confusione e rischia di condurre alla disistima del segno sacramento dell’eucarestia. È saggio, quindi, riprendere il gesto in altra sede, come quella della catechesi e spiegare ai bambini la differenza sostanziale tra ostia consacrata e non consacrata.

Per non correre il rischio di scimmiottare la “comunione” e ridurla a un gioco di fine messa, si deve insegnare ai bambini ad accogliere il Signore Gesù presente nell’assemblea liturgica, in colui che presiede la messa e nella parola proclamata, per poterlo un giorno accogliere fruttuosamente anche nei segni del pane e del vino.

Una cosa deve essere chiara: la partecipazione alla mensa eucaristica, cioè fare la comunione, soprattutto la prima, costituisce il vertice dell’iniziazione cristiana e si pone al termine di un cammino graduale e di inserimento nella comunità parrocchiale e quindi nella chiesa universale.

Certamente per i bambini non ancora comunicati è una festa ricevere l’ostia bianca non consacrata, che deve, però, essere di preparazione alla grande festa della prima comunione, giorno in cui riceveranno l’ostia che contiene la presenza reale di Gesù.

Spetta al parroco o a chi per lui, spiegare ai bambini la verità di tutto questo. Se questo non avviene tutto può generare confusione e condurre all’equivoco.

 

L'ECO di San Gabriele
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