Lo sport secondo Ratzinger

Uno sport che voglia avere un senso pieno per chi lo pratica deve essere sempre a servizio della persona. La posta in gioco allora non è solo il rispetto delle regole, ma la visione dell’uomo, dell’uomo che fa sport e che, al tempo stesso, ha bisogno di educazione, di spiritualità e di valori trascendenti. Lo sport infatti è un bene educativo e culturale, capace di rivelare l’uomo a se stesso ed avvicinarlo a comprendere il valore profondo della sua vita». Così si esprimeva lo scorso dicembre papa Benedetto XVI ricevendo una delegazione dello sport italiano dopo le Olimpiadi di Londra. Certo meno “atletico” di quanto lo fosse il suo predecessore Woytjla, papa Ratzinger annetteva tuttavia una grande valenza etica allo sport e ai suoi protagonisti, in particolare agli atleti, ai quali tuttavia “non è stato chiesto solo di competere e ottenere risultati”. Ogni attività sportiva, infatti presuppone, per il papa, “un cammino di autentica maturazione umana, fatto di rinunce, di tenacia, di pazienza, e soprattutto di umiltà, che non viene applaudita, ma che è il segreto della vittoria”. La pressione di conseguire risultati significativi, però, “non deve mai spingere a imboccare scorciatoie come avviene nel caso del doping. Lo stesso spirito di squadra sia di sprone a evitare questi vicoli ciechi, ma anche di sostegno a chi riconosce di avere sbagliato, in modo che si senta accolto e aiutato. Penso a voi, cari atleti – concludeva nell’occasione Joseph Ratzinger – come a dei campioni-testimoni, con una missione da compiere: possiate essere, per quanti vi ammirano, validi modelli da imitare”.