LO CROCIFISSERO

By Gabriele Cingolani
Pubblicato il 31 Marzo 2021

Nemmeno una proposizione principale. Qualcuno se la cava con un inciso. Così gli Evangelisti raccontano l’orrendo supplizio dell’inchiodamento e innalzamento di Gesù sulla croce. Siamo abituati a meditare questo evento con l’emotività sconvolta, immaginando i chiodi che penetrano nelle carni vive, il condannato che ansima e si contorce, i nervi e i tendini che si lacerano, il sangue che sgorga e scorre silenzioso. Mentre Gesù tace e prega. Così la scena è stata meditata, descritta e rappresentata da tutte le espressioni artistiche lungo i secoli.

Nulla di tutto ciò nei Vangeli. Essi dedicano più spazio alla spartizione delle vesti, agli insulti della gente e alla scritta sulla croce, che non alla crocifissione.

Matteo: Dopo averlo quindi crocifisso, si spartirono le vesti.

Marco: Poi lo crocifissero, e si divisero le vesti.

Luca: Là crocifissero lui e i due malfattori.

Giovanni: si avviarono al Calvario dove lo crocifissero e con lui altri due.

L’evento centrale della redenzione è già avvenuto. Il lettore rischia di scorrere via senza neppure avvertirlo. Per avere l’idea e l’immagine di quel che accade dobbiamo ricorrere alla storia. Ivi troviamo descrizioni su come avvenivano le crocifissioni e come reagivano i condannati.

Gesù è inchiodato al patibolo, lato trasversale della croce. Due soldati lo fissano ai polsi, mentre altri due tengono fermo il corpo. Poi in quattro sollevano il patibolo e il condannato fino ad agganciare la traversa in cima allo stipite già piantato a terra. Quindi affiggono i piedi al legno con uno o due chiodi. Gesù è lì, crocifisso, con la morte conficcata nel corpo. La sua agonia è colma di insegnamenti. La seguiremo con amore. Quel che accade nel cuore del Crocifisso è reso percepibile dalle sue parole, mentre quel che accade all’intorno è nei rapidi accenni del racconto.

Perché gli Evangelisti non dedicano attenzione al dolore fisico di Gesù? È immenso come cumulo e prezioso come valore perché è il mezzo della nostra salvezza. Essi suppongono tutto questo. Sanno che i lettori conoscono lo strazio della crocifissione perché ne vedono lo spettacolo con frequenza. Molti di loro hanno assistito all’esecuzione di duemila zeloti che avevano tentato un’insurrezione e che i Romani avevano appeso alle croci lungo la strada da Gerusalemme a Betlemme. Tutti sanno che è la condanna peggiore tanto che, come la flagellazione, non può essere inflitta ai cittadini romani ma solo a schiavi e stranieri.

Gli Evangelisti intendono illustrare l’amore di Gesù al Padre e all’umanità, la fedeltà alla propria identità e missione, il coraggio e la coerenza con la sua scelta di donare la vita per noi. Inoltre essi accentuano il rifiuto dell’amore di Dio da parte del peccato, che è anche in ognuno di noi. Il dolore del Crocifisso si chiama amore. In Gesù l’esperienza di dolore è inferiore all’esperienza dell’amore che lo consuma sulla croce. È inchiodato dall’amore, è bruciato dall’amore, sarà abbattuto dall’amore che lo porta ad annullare la sua vita perché diventi vita del mondo. Se non fosse così, il dolore da solo non sarebbe redentivo.

Crocifisso significa innamorato del Padre e dell’umanità. Come una centrale energetica da cui scaturisce la vita per tutti, e ognuno di noi ha un filo con cui vi è collegato. Un mare, un oceano, un incendio di amore e di dolore, di dolore amoroso o amore doloroso, come diceva san Paolo della Croce. Per la potenza di questo amore Il Crocifisso è anche Il Risorto. In luogo di dire è morto, è più corretto dire ha donato la vita, e la vita divina donata per amore non può soggiacere alla morte. Perciò egli è il Crocifisso-Risorto, la vita nuova dell’umanità.

Il Crocifisso insegna che nella vicenda umana c’è sempre qualcosa più grande del dolore. È l’amore. Ogni dolore può essere trasformato in amore. Con l’amore nessuno è povero o perduto, anche se è appeso alla croce. Senza l’amore nessuno può essere ricco e realizzato come essere umano.

Gli evangelisti Matteo e Marco, come vedremo, aprono spiragli sconcertanti sul dolore interiore di Gesù.

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