LO CHIAMARONO GESÙ
Non senza stupore e non senza meraviglia si legge il suo nome di battesimo. I piissimi genitori Anastasio Gonzalez e Callista Fernandez infatti, portandolo al fonte battesimale lo vollero chiamare Gesù. Notiamo subito però che in Spagna, patria del soggetto di cui si parla, questo nome, giustamente considerato beneagurante, viene dato spesso ai bambini. Ma il titolare di un nome così impegnativo vestendo l’abito passionista, lo volle cambiare. Si sentiva indegno di portare il nome del figlio di Dio, ma nello stesso tempo volle esprimere l’intimo desiderio di appartenere totalmente al Signore Gesù. Per realizzare più facilmente la sua conformazione al Cristo si affidò con amore alla materna intercessione della Madonna. Scelse quindi di chiamarsi Mariano di Gesù. E noi lo chiameremo subito con questo nome.
Mariano, dunque, nasce a Monzòn, (Spagna settentrionale), il 15 ottobre 1878. Nel paese natale resta poco tempo; il papà Callisto, impiegato statale, è soggetto a frequenti trasferimenti e quando cambia sede porta con sé l’intera famiglia. La vocazione di Mariano alla vita religiosa ha qualcosa di singolare e di curioso. Un giorno arriva in paese un religioso fratello passionista in cerca di aiuti per la comunità; accolto benevolmente, ognuno offre qualcosa. Il religioso ringrazia per la generosità; rivolge a tutti una buona parola, assicura che li ricorderà nella preghiera, chiederà al Signore che li ricolmi di ogni bene desiderato. Parla in modo semplice, umile e affabile. Le sue parole commuovono tutti perché vengono da un cuore sincero e pieno di Dio.
Il piccolo Mariano, intanto, non ha staccato un momento gli occhi dal religioso, incantato dalle sue parole, affascinato soprattutto dall’abito che indossa. Decide di andarsene in convento con lui e lo dice chiaramente a tutti, cominciando dal papà. In famiglia restano sorpresi dalla improvvisa e imprevista decisione del ragazzo ancora tredicenne. Vorrebbero che riflettesse più a lungo; temono che sia tutto entusiasmo passeggero e infatuazione infantile. Mariano, invece, ripete che ha sentito nel cuore un invito e lo vuole seguire immediatamente; è così insistente, deciso e convincente che alla fine tutti devono cedere. In poco tempo si rimedia un corredino: la buona mamma Callista lo prepara bagnandolo di lacrime e nascondendovi tutto il suo affetto, mentre il papà Anastasio la guarda e ne accompagna stupefatto ogni gesto, quasi incredulo di quello che sta succedendo. Mariano, da parte sua, non riesce a trattenere la gioia. Quella sera in casa Fernandez si avvertì un grande vuoto e nel convento dei passionisti ci fu una gradita e inaspettata presenza in più.
Il ragazzo inizia lo studio trovandosi contento della propria scelta; nella sua famiglia, superato l’iniziale smarrimento per una partenza del tutto fuori programma, si torna sereni e anche orgogliosi per aver donato Mariano al servizio di Dio e della chiesa. A Bilbao il 24 dicembre 1893, il giovane veste commosso quell’abito che aveva tanto sognato e che tanto lo aveva affascinato; il 29 dicembre dell’anno seguente emette la professione religiosa. Per proseguire gli studi viene inviato subito nel convento di Angosto e poi in quello di Peñaranda; qui compaiono in lui i primi sintomi della tisi. La malattia lo tormenterà a lungo e lentamente lo porterà alla tomba alla verdissima età di 24 anni.
Mariano, che tutti ammirano per il suo carattere mite e per la bontà del cuore, non perde la serenità e il sorriso. I superiori, invece, si preoccupano e mettono in atto ogni tentativo per restituirgli la salute. Non vedendo alcun miglioramento lo inviano a Roma nel convento dei Santi Giovanni e Paolo, sede centrale della congregazione; sperano che il clima e le cure più appropriate portino la sospirata guarigione. Mariano viene confortato e amorevolmente seguito anche dal superiore generale dei passionisti il beato Bernardo Silvestrelli, sempre vivamente partecipe alla sofferenza e ai problemi dei confratelli, soprattutto se sono giovani religiosi. Il malato, però, non guarisce. Il male ha ragione del suo organismo sempre più debole; al dolore fisico si aggiunge anche quello interiore; un dolore breve ma straziante che il giovane supera invocando con fiducia la Madonna. E il 10 maggio 1903, scrivono le Memorie, Mariano “quieto e tranquillo, dolcemente si riposa nel suo Dio e Salvatore”. (163)