C’è chi ritiene che vi siano due Italie: una dei mille campanili, litigiosa a prescindere per la politica (spesso becera, volgare e aggressiva in molti suoi esponenti), fatta di minacce, insulti, del “lei non sa chi sono io”; l’altra è quella solidale, fatta dal volontariato, dal pronto intervento economico verso i bisognosi, un fenomeno che pone tra i primi paesi al mondo. Il bello, e che gli italiani sono sempre gli stessi, e nel secondo caso sono inclini alla solidarietà, all’amicizia e all’altruismo. Un mistero, eppure è proprio così. Basti vedere che mentre la crisi economica attanaglia le famiglie, falcidiando stipendi, pensioni, posti di lavoro e budget di spesa, aumentano i fondi solidali e le donazioni. Addirittura, in maniera sempre più frequente vi sono episodi nei quali si interviene laddove il sistema del welfare pubblico viene tagliato. Il Censis ha rilevato come dal 2007 al 2016 il Fondo nazionale per le politiche sociali sia diminuito da 1,5 miliardi di euro a 312 milioni, e come gli stessi comuni abbiano lavorato di forbicione in questo settore, per contenere i costi di gestione (e salvare i gettoni di presenza…). Ciononostante, aumenta una solidarietà consapevole che parte dal basso e forma una rete di protezione capace di attutire l’impatto devastante dei tagli ai fondi pubblici per il sociale. Negli anni sessanta le organizzazioni non governative (Ong) operanti in Italia erano appena una ventina mentre quelle riconosciute ufficialmente oggi, cioè eleggibili per il finanziamento pubblico, sono quasi trecento, si interessano di oltre tremila progetti in moltissimi paesi, quasi tutti del Terzo Mondo, occupano stabilmente oltre seimila persone e gestiscono centinaia di milioni ogni anno.
Generalmente, tendiamo a donare di più quando c’è un’emergenza. Le immagini dei morti e dei profughi provocati dalle catastrofi inducono in noi una profonda compassione, un’identificazione con chi soffre per ragioni delle quali non sono responsabili. Occorre fare in fretta, donare subito, e così componiamo quei numeri telefonici attraverso i quali offriamo uno o due euro. Non è poco se si pensa alla quantità: il numero solidale attivato dal Dipartimento della Protezione Civile per la raccolta fondi pro-terremotati del Centro Italia, in un mese e mezzo (dal 24 agosto al 9 ottobre 2016) fruttò oltre 15 milioni di euro. Ma la nostra generosità si manifesta non soltanto in queste circostanze funeste: mettiamo mano al portafoglio anche per tante altre cose. Le associazioni alle quali vengono fatte donazioni sono principalmente quelle legate alla categoria Salute e alla ricerca, Emergenza e protezione civile, Sostegno e servizi per disabili, Assistenza sociale, e Tutela dell’ambiente e degli animali. Moltissimi versano quote mensili, altri lo fanno periodicamente e tra le raccolte figurano anche i bussolotti che vediamo ai supermercati o ai bar con l’appello per qualcuno che ha bisogno di operazioni costose. Tante sono le iniziative spontanee, quindi al di fuori dei classici circuiti, che su Internet è possibile trovare molti siti nei quali vengono organizzate raccolte di solidarietà per poche migliaia di euro. Un aspetto curioso è che non siamo di manica larga quando si tratta di profughi: su 15 buone cause, la donazione che vince il podio è di sicuro quella per la ricerca medica (57%), seguita dalle catastrofi naturali (40%) e dai diritti umanitari d’emergenza (25%), e solo al penultimo posto troviamo la causa che riguarda i diritti ai migranti e ai rifugiati, con il 2 per cento di donazioni.
In generale, la maggior parte dei non donatori (28%) non si fida delle Onp (organizzazioni non profit) e ritiene che queste ultime manchino di trasparenza nelle loro attività. Il 22 per cento sostiene di non essere in condizioni economiche per farlo, altri ancora ritengono che i soldi raccolti vengano troppo spesso utilizzati per le spese interne della Onp (6%) o per l’eccessiva comunicazione (4%). Infine, una parte (9%) si mostra non interessata o contraria alle donazioni, affermando che queste ultime non servono (8%) e che comunque è lo stato che deve occuparsi delle persone bisognose (10%).
Come per ogni cosa, anche in questo settore c’è chi specula o fa dello sciacallaggio, e questo è uno dei motivi per i quali si è restii a versare qualcosa. Occorre fare molta attenzione per non cadere nelle trappole, dando soldi ai truffatori. Occhio alle sottoscrizioni sollecitate con i classici banchetti! Ogni donazione, di qualsiasi importo, deve essere certificata da una ricevuta (bancaria o postale) con i dati dell’associazione. Il 10 per cento delle donazioni può essere detratto dalle tasse (fino a un massimo di 70mila euro l’anno), ovviamente allegando la ricevuta. Le associazioni serie hanno un bilancio pubblico e certificato. Chiedere sempre la dimostrazione per cosa vengono utilizzati i fondi raccolti e che quota va effettivamente al progetto. In pratica, quanta parte dell’euro donato viene trattenuta tra spese e costi del promotore. In alcuni paesi europei non è riconosciuto lo status di Onlus se l’associazione deve trattenere per la sua gestione più del 30 per cento di quello che raccoglie. Sarebbe il caso di mettere un tetto anche da noi per evitare che la solidarietà venga “mangiata” da megastipendi e rimborsi spese dei dirigenti di Ong, Onp, Onlus, associazioni e via dicendo. Ma soprattutto: evitare le donazioni in contanti e a chi chiede un’offerta nel classico bossolotto. Le associazioni serie hanno tutte un conto corrente bancario e per aprirlo devono depositare il loro statuto. Perché, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio.