L’INFANZIA RUBATA

la piaga del lavoro minorile
By Marta Rossi
Pubblicato il 2 Settembre 2015

Nel mondo ogni giorno oltre 168 milioni di bambini e adolescenti sono costretti a lavorare; di questi, 85 milioni in lavori altamente rischiosi: in Italia sono 340mila (minori sotto i 16 anni), di cui 28mila coinvolti in attività pericolose per la loro salute. Numeri importanti fotografati dal rapporto dell’Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro) e di Save the Children per la Giornata mondiale contro il lavoro minorile, ai quali però non corrisponde un’adeguata normativa governativa. Sulla base di una ricerca condotta in 12 paesi, il rapporto analizza i percorsi professionali di ex bambini lavoratori e di quelli che hanno abbandonato gli studi.

“Come emerge dal rapporto, un bambino costretto a lavorare prima del tempo avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere a un lavoro più dignitoso in età adulta e correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizione di sfruttamento”, commenta Furio Rosati, direttore del programma di ricerca dell’Ilo-Unicef-Banca mondiale. “Dobbiamo impedire che il lavoro minorile comprometta il presente e il futuro dei bambini e agire perché ciò non accada, sia nei paesi in via di sviluppo che nei paesi più benestanti, Italia inclusa”. È l’Africa subsahariana l’area del mondo con la maggiore incidenza di minori al lavoro. L’agricoltura è il settore dove viene impiegato il maggior numero di minori, 98 milioni, ma anche le attività domestiche, il lavoro in fabbrica e in miniera dove si sviluppano le peggiori condizioni per la sicurezza e l’estremo pericolo di sfruttamento.

In Italia non va meglio. Il 7% dei minori nella fascia di età 7-15 anni è coinvolto in lavori minorili; tra questi 2 su 3 è di sesso maschile e il 7% è composto da stranieri. Quei 28mila che sono impiegati nelle forme peggiori di lavoro svolgono attività con orari notturni o con impiego che compromette gli studi, senza lasciare spazio al riposo o al gioco. Il 44,9% lavora nelle aziende di famiglia, mentre gli stranieri sono impiegati nella ristorazione (43%), artigianato (20%) e agricoltura (20%).

Ovviamente, nei paesi dove un numero tra il 20 e il 30 per cento di  adolescenti e di giovani adulti si avvia al mercato del lavoro prima di aver compiuto 15 anni, cioè da minori lavoratori, è altissima la percentuale di chi abbandona la scuola prima di quell’età. Questo comporta, secondo la ricerca, un rischio maggiore di rimanere fuori dal mercato del lavoro da grandi. Non solo: la dispersione scolastica, di cui l’Italia detiene uno dei tassi più alti d’Europa con il 18,2%, alimenta il circuito della criminalità minorile. Chi invece riesce, pur abbandonando il percorso scolastico prima di quell’età, a trovare un lavoro ha comunque difficoltà ad averne uno stabile che porta con sé anche una minore sicurezza e tutela dei propri diritti. Per coloro che hanno abbandonato prematuramente la scuola, l’esperienza del mercato del lavoro si caratterizza perlopiù con una serie di lavori instabili di breve termine, spesso interrotti da periodi di disoccupazione e di assenza dalla forza lavoro.

Per questo, come dimostra il rapporto, il lavoro dignitoso e sicuro, rispettoso dei diritti per i giovani inizia a costruirsi combattendo lo sfruttamento minorile e soprattutto la dispersione scolastica.

La peggiore forma di lavoro minorile è costituita da quegli impieghi definiti pericolosi, che violano le norme internazionali del lavoro, ma che sono anche quelli in cui viene impiegata maggiormente la fascia di età tra i 15 e i 17 anni, che costituisce l’ostacolo maggiore all’eliminazione del problema. Le ultime stime globali dell’Ilo indicano che sia in percentuale, sia in numero assoluto, sono molto numerosi gli adolescenti tra i 15 e i 17 anni nei lavori pericolosi: si tratta di un esercito da 47,5 milioni, ovvero il 40 per cento dell’insieme dei minori lavoratori nella stessa fascia di età. La convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile del 1999 chiedeva ai paesi di prendere misure immediate e concrete per eliminare con ogni urgenza le forme peggiori di lavoro minorile. E i numeri lanciano un grido d’allarme e chiedono a gran voce di dedicare una attenzione speciale alla fascia di età critica dei 15-17 anni negli sforzi per combattere il lavoro minorile e per promuovere il lavoro dignitoso per i giovani. È fondamentale tenere conto del lavoro pericoloso nei programmi per l’occupazione giovanile: in effetti, durante l’adolescenza, il lavoro pericoloso può creare importanti barriere – educative, fisiche, psicologiche, sociali – che impediranno a un giovane di protendere a un buon posto di lavoro nel futuro.

“Il nuovo rapporto sottolinea la necessità di un approccio politico coerente che affronti allo stesso tempo il lavoro minorile e la mancanza di posti di lavoro dignitoso per i giovani. Assicurare che i bambini vadano a scuola e ricevano una istruzione di qualità, almeno fino all’età minima di accesso al lavoro, avrà conseguenze per tutta la loro vita. È l’unico modo per un bambino di acquisire le conoscenze e le competenze necessarie per continuare ad apprendere e per la sua futura vita professionale”, ha dichiarato il direttore generale dell’Ilo, Guy Ryder.

 

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