I prodotti sono progettati in modo da prevederne, fin dall’inizio, la destinazione una volta che diventano rifiuti e l’innovazione è al centro di tutta la catena di valore
Molti la considerano come la svolta epocale verso il futuro, al pari di ciò che fu all’epoca la rivoluzione industriale. Un nuovo modo di concepire il ciclo economico dalla produzione al rifiuto, passando per il riciclo che coinvolgerà tutte le economie mondiali, passando in primis per le economie nazionali e regionali avanzate come l’Italia e l’Abruzzo.
Il concetto di Economia circolare inizia a svilupparsi in risposta alla crisi del modello tradizionale, e alla necessità di confrontarsi con la limitatezza delle risorse utilizzate, immaginando così una economia progettata per auto-rigenerarsi: i materiali di origine biologica sono destinati a rientrare nella biosfera mentre i materiali di origine tecnica sono progettati per circolare all’interno di un flusso che prevede la minima perdita di qualità. È anche un’economia che intenzionalmente si ricostituisce: mira a basarsi su fonti energetiche di tipo rinnovabile, a minimizzare, tracciare ed eliminare l’uso di sostanze chimiche e tossiche oltre a eliminare la produzione di rifiuti e sprechi, mediante un’attenta progettazione preventiva degli impatti ambientali.
In base allo studio realizzato dall’istituto IEFE-Bocconi, si stima che elementi vitali per l’industria, quali oro, argento, tungsteno, iridio, indio, e altri. Potrebbero esaurirsi in brevissimo tempo, a meno che non si ripensino le modalità di utilizzo e sfruttamento degli stessi.
Alla luce di questi trend, da un lato, molte aziende stanno iniziando ad assicurarsi contro tali rischi e, parallelamente, cominciano a modificare il modello industriale, al fine di rendere meno dipendenti crescita e profitti da quelle risorse che diventano sempre più scarse. Il modello ideale dell’Economia circolare non riflette tuttavia la realtà odierna del sistema produttivo, di consumo e, soprattutto, di recupero e valorizzazione degli scarti. Pur essendovi iniziative e azioni mirate a perseguire la circolarità, la situazione attuale è ancora ben lontana dalla chiusura del ciclo, ovvero dalla possibilità di riutilizzare, recuperare o riciclare davvero tutto ciò che viene scartato. La circolarità dell’economia, inoltre, non implica soltanto la capacità di riutilizzare, recuperare o riciclare i materiali di scarto, ma anche la possibilità di prevenire riducendo il flusso e i quantitativi di materie prime e di risorse naturali in entrata nei sistemi economici.
In una logica di Economia circolare, i prodotti sono progettati in modo da prevederne fin dall’inizio la destinazione una volta che diventano rifiuti e l’innovazione è al centro di tutta la catena di valore. Ciò può realizzarsi in vari modi: riducendo la quantità di materie necessarie a fornire un determinato servizio; allungando la vita utile dei prodotti; riducendo il consumo di energia e di materie nelle fasi di produzione e di uso; riducendo l’uso di materie pericolose o difficili da riciclare nei processi di produzione; creando mercati delle materie prime secondarie (materie riciclate); concependo prodotti facili da mantenere in buono stato, da riparare, ammodernare, rigenerare; sviluppando i servizi per i consumatori necessari a tal fine (servizi di manutenzione, riparazione eccetera); favorendo il raggruppamento di attività per evitare che i sottoprodotti diventino rifiuti (simbiosi industriale); incoraggiando i consumatori a orientarsi verso servizi di noleggio, prestito e condivisione, in alternativa all’acquisto, per ampliare e migliorare la scelta dei prodotti salvaguardando nel contempo i loro interessi grazie a condizioni contrattuali e assicurative favorevoli.