LE VIE DELLA PACE SONO INFINITE
La fraternità è il punto di forza di tutto il pontificato: la fraternità in famiglia e la fraternità tra tutti i popoli della terra
La pace papa Francesco ce l’ha nel cuore. È un sentimento che abbraccia tutti i popoli della terra, chi ha fede e chi no, i lontani, gli emarginati, i poveri. Il magistero di papa Francesco sulla pace, più che parole da imparare a memoria, si basa su un sussulto di fratellanza universale, è il dispiegarsi di mani tese verso migranti e rifugiati, e cammini di dialogo e di riconciliazione con l’umanità ferita.
Lo scorso 7 ottobre, infatti, non a caso, ha partecipato all’incontro internazionale per la pace insieme ai leader delle grandi religioni mondiali, il trentacinquesimo promosso dalla Comunità di Sant’Egidio nello “spirito di Assisi”, dopo la storica giornata voluta da Giovanni Paolo II nel 1986. Popoli fratelli, terra futura non è solo lo slogan dell’incontro, ma una necessità che mette insieme fede e giustizia. È il vangelo che ce lo chiede. Un vangelo che non ha paura di abbracciare l’altro, chiunque esso sia. È lo stesso papa Francesco a dirlo ancora con forza, intervenendo nel pomeriggio del 7 ottobre al Colosseo, alla preghiera ecumenica dei cristiani, e prima di unirsi ai leader delle altre religioni mondiali come il grande imam dell’università di Al Azar (Il Cairo), Al Tayyeb, il patriarca ortodosso Bartolomeo I e il presidente della conferenza dei rabbini europei Pinchas Goldschmidt, insieme a esponenti buddisti e induisti.
I temi della fraternità universale e della cura dell’ambiente emergono con chiarezza come preoccupazione comune di tutte le religioni e al tempo stesso come via d’uscita dalla pandemia. Per papa Francesco, dunque, “il sogno della pace oggi si coniuga con un altro, il sogno della terra futura. È l’impegno per la cura del creato, per la casa comune che lasceremo ai giovani. Le religioni, coltivando un atteggiamento contemplativo e non predatorio, sono chiamate a porsi in ascolto dei gemiti della madre terra, che subisce violenza”. E ancora: “Ribadisco quanto la pandemia ci ha mostrato, ovvero che non possiamo restare sempre sani in un mondo malato. Negli ultimi tempi tanti si sono ammalati di dimenticanza, dimenticanza di Dio e dei fratelli. Ciò ha portato a una corsa sfrenata all’autosufficienza individuale, de-ragliata in un’avidità insaziabile, di cui la terra che calpestiamo porta le cicatrici, mentre l’aria che respiriamo è piena di so-stanze tossiche e povera di solidarietà. Abbiamo così riversato sul creato l’inquinamento del nostro cuore. In questo clima deteriorato, consola pensare che le medesime preoccupazioni e lo stesso impegno stiano maturando e diventando patrimonio comune di tante religioni. La preghiera e l’azione possono riorientare il corso della storia. Coraggio! Abbiamo davanti agli occhi una visione, che è la stessa di tanti giovani e uomini di buona volontà: la terra come casa comune, abitata da popoli fratelli. Sì, sogniamo religioni sorelle e popoli fratelli! Religioni sorelle, che aiutino popoli a essere fratelli in pace, custodi riconciliati della casa comune del creato”.
Alle religioni spetta il compito non più rimandabile di estirpare dai cuori l’odio e condannare ogni forma di violenza. “Con parole chiare – insiste Francesco – incoraggiamo a questo: a deporre le armi, a ridurre le spese militari per provvedere ai bisogni umanitari, a convertire gli strumenti di morte in strumenti di vita. Non siano parole vuote, ma richieste insistenti che eleviamo per il bene dei nostri fratelli, contro la guerra e la morte, in nome di colui che è pace e vita”. E allora meno armi e più cibo, meno ipocrisia e più trasparenza, più vaccini distribuiti equamente e meno fucili venduti sprovvedutamente.
Dagli insegnamenti e dalle esortazioni di papa Francesco, d’altronde, emerge il senso del suo magistero per la pace. Fin dal 2014, (La fraternità è fondamento di pace) con il suo primo messaggio per la Giornata mondiale della pace. La fraternità è il punto di forza di tutto il pontificato di papa Francesco: la fraternità in famiglia e la fraternità tra tutti i popoli della terra.
Anche le successive Giornate per la pace ricalcano il leit motiv caro a Francesco. Nel 2015 (Non più schiavi ma fratelli), soffermandosi sulla piaga dello sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo, nel 2016 (Vinci l’indifferenza e conquista la pace), mettendo in risalto l’indifferenza verso il prossimo e il creato, nel 2017 (La nonviolenza: stile di una politica per la pace), quando disse: “Questa violenza che si esercita a pezzi, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente”, fino ad arrivare nel 2018 (Migranti e rifugiati, uomini e donne in cerca di pace), dove “accogliere richiama l’esigenza di ampliare le possibilità di ingresso legale, di non respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze. Proteggere ricorda il dovere di riconoscere e tutelare l’inviolabile dignità di coloro che fuggono da un pericolo reale in cerca di asilo e sicurezza, di impedire il loro sfruttamento. Promuovere rimanda al sostegno allo sviluppo umano integrale di migranti e rifugiati. Integrare significa permettere a rifugiati e migranti di partecipare pienamente alla vita della società che li accoglie”. Anche le ultime tre Giornate risentono di parole profetiche: nel 2019 (La buona politica è al servizio della pace), nel 2020 (La pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica), e nel 2021 (La cultura della cura come percorso di pace).
Le vie della pace sono davvero infinite, ma spetta al cuore dell’uomo metterle in pratica.