Bagnate con il brodo di gallina oppure utilizzate nel gustosissimo timballo alla teramana, queste sottilissime frittatine di farina, acqua e uova rappresentano una vera e propria prelibatezza
Lu fredde di innàre arrembie lu grànàre. Le temperature rigide, pur utili per l’agricoltura, intorpidiscono il corpo. La cucina abruzzese per scaldare membra e animo propone le scrippelle in un bollente brodo di gallina. Sorprendente piatto tipico della provincia di Teramo, terra dove l’enogastronomia tocca vette difficilmente raggiungibili per ricchezza e varietà, dove profumi e sapori riconducono alla civiltà contadina che continua così a essere ancora viva e apprezzata in tempi, come gli attuali, che sono all’insegna di tecnologie avanzate e di frequentatissimi socialnetwork. Ma non è forse la tavola con intorno i familiari e quella allargata agli amici, non virtuali, il luogo antico e moderno per socializzare a tutto tondo? Quando la condivisione di un buon cibo porta i commensali a esclamare in coro: “Mi piace!”… il clic che lo attiva non deriva da un silenzioso mouse ma ha il suono proprio di una posata che raccoglie bontà in un piatto.
Le scrippelle (o screppelle), sottilissime frittatine realizzate con farina, acqua e uova, sono di facile realizzazione. Si ottengono amalgamando la farina e le uova con mezzo bicchiere di acqua per ogni uovo. In una padella unta con olio e poi scaldata si pone, un poco alla volta, l’impasto con l’ausilio di un mestolo. La cottura delle sottili frittatine avviene a fuoco basso o medio. Occorre un po’ di abilità nel distribuire la pastella in modo uniforme per ottenere uno strato simile a un velo, così come ci vuole destrezza, a metà cottura, nel girare le scrippelle. Queste ultime, oltre che ’mbusse (bagnate) in brodo di gallina, possono servire per realizzare il gustosissimo timballo alla teramana. In questo caso le scrippelle sostituiscono la sfoglia di pasta, vengono poste a strati una sopra l’altra in una teglia e alternate con un consistente condimento che può essere rosso: con trito di carne di manzo, agnello e maiale (circa 200 grammi ciascuno per 6 persone), polpettine, pomodoro, cipolla, carote, pecorino/parmigiano e uova sbattute con il latte; o bianco con carciofi fritti (oppure piselli o spinaci) e scamorza. Le scrippelle arrotolate divengono cannelloni ripieni di carne tritata o di ricotta e spinaci e ancora la sfoglia, ripiegata su se stessa, si trasforma in saccottini vuoti o ripieni a piacimento. Ci si può dunque davvero sbizzarrire con quelle che potevano apparire delle semplici frittatine.
Tra gli studiosi, i più ritengono le scrippelle una rielaborazione delle crêpes francesi, ma vi è più di qualcuno che avanza la possibilità di una progenitura teramana. Nessun dubbio invece per la versione ’mbusse, ovvero quelle bagnate nel brodo, tale ricetta parrebbe frutto dell’inventiva di messer Enrico dei Castorani, cuoco teramano che collaborava con un omologo francese alla mensa degli ufficiali di stanza a Teramo. Il cuoco d’oltralpe usava sostituire il rozzo pane nero o di granturco con le più gradevoli crêpes. Un giorno, però, il Castorani per disattenzione fece cadere un vassoio di crêpes in una pentola con il brodo di gallina. Con un lampo di genio uscì dall’impasse e, invece di gettare il tutto, servì il miscuglio al posto della minestra ottenendo così un successo culinario che è arrivato fino ai giorni nostri.
La cucina francese è da sempre una realtà di estrema raffinatezza ma quella teramana, con la sua gustosissima semplicità e notevole varietà, le tiene testa con orgoglio, consapevole delle “carte” che riesce a calare sulla tavola imbandita.
Ma non basta: le colline teramane con vigneti di eccellenza danno filo da torcere ai blasonati vini prodotti dai nostri cugini con quel poker di assi rappresentato: dal Montepulciano d’Abruz-zo colline teramane Docg; dal Monte-pulciano d’Abruzzo doc; dal Trebbiano d’Abruzzo doc; dal Controguerra doc. Non manca neppure lo champagne anche se petit… il Montonico. Pardon se è poco.