LE FERITE CHE RESTANO

By carlo napoli
Pubblicato il 2 Dicembre 2019

Sì, è vero, il tempo è un grande medico e copre con la polvere degli anni colpe ed errori. Sì, è vero, oggi le separazioni, i divorzi, le famiglie allargate sono diventate – purtroppo – quasi maggioranza e la gente non si scandalizza più come tanti anni fa. È vero tutto, ma qualcosa resta: un disagio, un’inquietudine, spesso una nevrosi. Restano nel profondo di noi, in quella zona segreta del nostro cuore dove si annida il dolore. E che spesso riaffiorano  come fiumi carsici.

Elisa – la chiameremo così per nascondere qualsiasi identità – è una donna di quarant’anni. Lavora in una grande azienda nazionale, ha due figli, un matrimonio felice. Ero ospite nella loro casa quest’estate e tutti erano andati a letto. Eravamo rimasti io e lei, sulla veranda, a prendere il fresco, dal bosco veniva il lamento di un uccello notturno.

Mi parlava della sua infanzia e di quanto la separazione e poi il divorzio dei genitori l’avessero colpita. “Poi – mi ha detto – mi sono anche abituata alla nuova compagna di mio padre, ma non è più come prima”. E allora, in quel momento di confidenza suggerita dal silenzio della notte, mi ha raccontato di come avesse immensamente sofferto questo dramma familiare. “Ho perduto – diceva – la mia sicurezza e la mia serenità. Ho smesso di studiare, non volevo più andare a scuola, ho cominciato a bere. Però, ho fatto forza sul mio carattere per vincere quel senso di solitudine e di disfatta che mi stava avvolgendo, sono emersa dai miei incubi, sono stata in cura da un neuropsichiatra, sono apparentemente guarita ma restano ancora a distanza di anni certe ferite che niente potrà rimarginare”.

E sul filo di questa amara confessione mi viene da pensare a tanti amici che hanno avuto la loro adolescenza turbata da fallimenti matrimoniali dei loro genitori. Ognuno porta con sé, nella vita, e porterà per sempre queste ombre che nemmeno una grande carriera riuscirà a disperdere, come stimmate di  tristezza sul proprio destino.

Gli studi degli psicanalisti sono pieni di gente che cerca di rimuovere i fantasmi amari della loro famiglia e conosco una persona che a sessant’anni ancora frequenta un neuropsichiatra per un padre scappato da un giorno all’altro quando lei era bambina. E la memoria mi porta altri casi, ecco non vorrei dimenticare un caro collega il cui padre se ne andò all’estero tanti anni fa con un’attrice, e lui ha girato il mondo per cercarlo, perché aveva profondo bisogno di ritrovare le proprie radici.

Alessandro Manzoni, grande poeta ma spirito inquieto e nevrotico, ebbe un’infanzia disastrata. Il padre legale non era il padre vero e lui nacque da una relazione extraconiugale della madre Giulia Beccaria. Non solo, venne esiliato fino a sedici anni nel collegio dei padri somaschi fin quando la madre trovò la pace sentimentale con il conte Carlo Imbonati. È probabile che anche altri eventi abbiano contribuito a minare il suo equilibrio nervoso, ma certamente i turbamenti della giovinezza lo segnarono profondamente e lo accompagnarono fino alla morte.

“Nulla si distrugge, tutto si trasforma”, diceva quel grande scienziato che fu Lavoisier. E anche nella nostra esistenza niente svanisce. Certe malinconie ci accompagneranno sempre, velate o sepolte, fin quando saranno vivi i nostri ricordi.

 

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