LE ARMI UCCIDONO… COMUNQUE

«Questo mondo è sottomesso ai trafficanti di armi che guadagnano con il sangue degli uomini e delle donne». Lo ha ripetuto per l’ennesima volta papa Francesco in una recente intervista a un quotidiano italiano, implorando: “Fermate i signori della guerra, la loro violenza distrugge il mondo”. E nel messaggio urbi et orbi di Pasqua papa Francesco ha pregato Dio che “doni ai responsabili delle Nazioni il coraggio di evitare il dilagare dei conflitti e di fermare il traffico delle armi”.

Sta esagerando il Papa? No. Infatti i trafficanti di armi prosperano perché ci sono le guerre e perché fomentano le guerre. Sono una cinquantina le guerre in corso (ma si arriva a oltre 200 se si considerano conflitti che causano meno di mille morti all’anno!), e coinvolgono, direttamente o indirettamente la maggior parte dei paesi del Pianeta.

A parole sono quasi tutti contro la guerra. Nei fatti troppi, e proprio coloro che potrebbero impedirle, sembrano invece favorirle, magari con il finto rassegnato fatalismo di chi le ritiene una triste necessità. Produttori e trafficanti di armi guardano con avidità ai profitti eccezionali che il commercio degli armamenti garantisce. E forse considerano un semplice danno collaterale il fatto che quelle stesse armi causino migliaia di morti ogni giorno, centinaia di migliaia all’anno, più distruzioni, profughi, fame, malattie, sofferenze indicibili, famiglie distrutte, orfani, privazioni di ogni genere, eccetera. Secondo l’Unicef oltre 87 milioni di bambini sotto i 7 anni di età hanno conosciuto solo la guerra.

Quello degli armamenti è forse il mercato più lucroso che esista al mondo, ed è un mercato in mano soprattutto all’Occi-dente (Stati Uniti in testa, un terzo del totale, seguito da Russia e ora dalla Cina, nel suo piccolo figura anche l’Italia). Il nostro Occidente, la cui politica è all’origine delle più gravi situazioni di guerra in Medio Oriente e in Africa, incassa i miliardi senza battere ciglio e comincia a preoccuparsi veramente solo ora che qualche lupo, più o meno solitario, porta il terrorismo nelle nostre città e ci sentiamo minacciati dai migranti che fuggono dalle guerre, che sono all’origine di gran parte delle migrazioni verso l’Europa. Ferma la guerra e fermerai gran parte delle migrazioni.

è facile approvvigionarsi di armi, in modo legale o illegale. Se i “grandi” della Terra volessero davvero ridurre il numero delle guerre, dovrebbero evitare di fornire le armi ai paesi belligeranti e controllarne con maggiore efficacia il traffico illegale. Invece le armi, in modo legale o clandestino, arrivano puntuali dovunque; ciò che non arriva o stenta ad arrivare invece è il pane e le medicine per i civili intrappolati tra i due fuochi. C’è il sospetto che le guerre servono ai produttori di armi e ai generali per smaltire armamenti obsoleti e poterne fabbricare di più moderni e potenti. Di qui la follia della corsa al riarmo.

Le armi uccidono sempre: direttamente quando sparano e anche quando rimangono negli arsenali “uccidono” perché la loro costruzione sottrae risorse che avrebbero dovuto essere usate per sfamare, curare, educare gente del proprio Paese e dei Paesi in via di sviluppo (vedi art. pag. 6).

Sono molti, credenti e non credenti, coloro che, avendo a cuore il bene dell’umanità, guardano con fiducia a Jorge Mario Bergoglio, alias papa Francesco, perché è l’unico che, nel grigiore e nell’ambiguità dei leader mondiali, rimane affidabile per credibilità e coerenza e che osa dire, anche con ruvidezza, le verità scomode che troppi “grandi della Terra non vogliono ascoltare.

Non per piaggeria o culto della personalità verrebbe voglia di gridare: Meno male che c’è il Papa. Meno male che di fronte alla cecità e il fatalismo dei cosiddetti “grandi”, il Papa va alla radice dei problemi e martella contro il traffico delle armi e la corsa al riarmo. Meno male che c’è questo leader che, mentre altri fanno a gara a mostrare i muscoli, lui ha il coraggio di predicare la misericordia. Meno male che c’è papa Francesco che va controcorrente e con coraggio e acutezza prende le difese dei deboli e dei poveri e non perde occasione per ricordare a tutti il dovere della solidarietà.