LAUREE A SALDO
Studiare fino a 25-30 anni per conseguire, con sudore, una laurea e poi anche un master post-laurea o una specializzazione per rimanere disoccupati, sottoccupati per anni o precari a vita e scoprire, invece, che ci sono persone che hanno conseguito lauree facili, quasi fossero liquidate a saldo, e che oggi – grazie a quel triplo salto mortale, che ha consentito loro, agevolmente, il conseguimento del titolo accademico – si trovano a occupare posti ben retribuiti, è tremendamente avvilente e mortificante. È una di quelle cose (tra le tante, ovviamente) che contribuiscono ad azzerare la fiducia dei giovani nei confronti della società e dei meccanismi politici che la regolano e governano.
Come altro interpretare, del resto, la notizia che tra il 2003 e il 2007, all’università di Chieti, sono stati proclamati 250 dottori con un meccanismo che ha consentito a quegli studenti di saltare due anni di corso di laurea e di concentrare, nel terzo, otto esami e la tesi? Con quale sistema? Molto semplice: con il riconoscimento di 130 crediti formativi (su circa 180) per meriti didattici acquisiti in un college i cui diplomi non avevano alcun valore legale.
La vicenda è stata denunciata proprio dagli attuali vertici della “D’Annunzio”, evidentemente, in aperta polemica con la gestione del passato. Qualcuno li ha definiti “dottori Speedy Gonzales”, che adesso, però, rischiano di vedersi annullata la pergamena. È il minimo che le autorità dell’ateneo abruzzese possono fare per ristabilire un principio di equità generale tra chi non si può permettere scorciatoie di sorta e chi, invece, per posizioni di censo, di conoscenze e di favoritismi vari si trova a poter percorrere strade senza curve e velocissime carriere professionali, spesso senza ragioni di merito. Sarà interessante capire che fine faranno i rapporti professionali e i posti occupati in forza di quelle lauree, “a saldo”, dopo il loro an-nullamento. Certo, ci sono fondati dubbi che le cose possano essere azzerate e chi ha favorito un simile meccanismo possa subirne le conseguenze.
Questo accadrebbe in una società nella quale i meccanismi corruttivi, i favoritismi, i clientelismi fossero eticamente percepiti come vergogna sociale e quindi come disvalore morale. Da noi, è così? Da noi secondo il neopresidente dell’Asso-ciazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo, non c’è più vergogna a rubare. Nella famosa intervista al Corriere della Sera l’ex pm di “mani pulite” si riferiva ai politici (“rubano più di prima, solo che ora c’è meno vergogna”), ma se ogni popolo ha i politici che si merita ne consegue che anche la società non può che essere affetta da patologie che determinano rappresentanze politiche e istituzionali non sempre all’altezza dei compiti che si richiedono a una classe dirigente degna di esserlo.
E allora? Per i giovani che hanno su-dato sui libri e meritatamente conseguito il titolo accademico rimane solo una strada: quella dell’estero. Altrimenti la prospettiva nazionale non potrà che essere la vita grama e il sangue cattivo di fronte a queste vicende che rendono davvero poco credibile chi si ostina populisticamente a sbandierare riprese e rinascimenti anche morali. È pessimismo? Se ci sono motivi per smentirmi fatevi avanti.