L’ARTE PEDAGOGICA DELLA CHIESA

CINQUANT’ANNI DI CONCILIO
By Carlo Ghidelli
Pubblicato il 30 Novembre 2014

Sono svariate le maniere con le quali la chiesa manifesta la sua intenzione pedagogica, con la quale intende educare i suoi figli: una di queste maniere sta esattamente nel modo con il quale essa organizza la preghiera ufficiale per la durata di un intero anno. La creazione dell’anno liturgico è forse la manifestazione più eloquente di questa intenzione. Seguendo l’insegnamento conciliare in merito avremo modo di verificare non solo le intenzioni della chiesa ma anche il grado della nostra adesione alla sua pedagogia.

L’ANNO LITURGICO

La santa madre chiesa considera suo dovere celebrare con sacra memoria, in determinati giorni nel corso dell’anno, l’opera salvifica del suo sposo divino. Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, fa la memoria della risurrezione del Signore, che una volta all’anno, unitamente alla sua beata passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità (SC 102). L’anno liturgico che, come è risaputo, inizia con l’Avvento e termina con il tempo dopo Pentecoste, riveste una grandissima importanza per la nostra crescita nella grazia. In esso la chiesa, che è non solo madre ma anche maestra, esprime tutta la sua arte pedagogica e con speciale dosaggio la dissemina nei vari tempi dell’anno solare, pur discostandosi dalle sue scadenze. Spetta a noi seguire, di stagione in stagione, le sue indicazioni di marcia secondo i ritmi tipici del nascere e del morire, della vita e della morte, della sofferenza e della gioia. Questa pagina conciliare accenna esplicitamente a due pasque. La prima è quella settimanale che celebriamo ogni domenica, quando facciamo memoria della risurrezione di Gesù. Partecipare alla eucaristia domenicale significa proprio questo: entrare nel ritmo tipico della pasqua, che essenzialmente è il passaggio di Gesù, e di noi con lui, dalla morte alla vita. L’altra a cui si accenna è la Pasqua annuale che si celebra una volta all’anno, la più grande delle solennità. Senza nulla togliere all’importanza dell’incarnazione del Verbo di Dio, la Pasqua è più importante del Natale, anche se il Natale di nostro Signore è premessa indispensabile per la stessa Pasqua. Non dobbiamo lasciarci trasportare solo dal sentimento o dalla fantasia quando consideriamo la nostra partecipazione alle feste liturgiche. Dobbiamo dimostrare di saper valutare e valorizzare le feste per la loro portata teologica e salvifica.

 

MARIA INDISSOLUBILMENTE UNITA A CRISTO

“Nella celebrazione di questo ciclo annuale dei misteri di Cristo, la santa chiesa venera con speciale amore la beata Maria, madre di Dio, congiunta indissolubilmente con l’opera salvifica del figlio suo; in Maria annuncia ed esalta il frutto più eccelso della redenzione, e contempla con gioia, come in una immagine purissima, ciò che essa tutta desidera e spera di essere” (SC 103). Sarebbe imperdonabile passare sotto silenzio la presenza della madre di Dio nella preghiera ufficiale della chiesa. Per questo ad essa sono dedicate alcune festività particolari. Ma direi che Maria è presente in tutto l’anno liturgico perché essa non può non stare accanto al figlio suo nella celebrazione dei misteri cristologici. Questo significa il suo essere indissolubilmente congiunta con l’opera salvifica del figlio suo. Maria – si dice esplicitamente – è il frutto più eccelso della redenzione: noi diciamo che Maria è la prima dei salvati perché a essa, ancor prima che Gesù morisse e risorgesse, sono stati applicati i meriti del mistero pasquale. Questa verità, lungi dallo sminuire l’importanza della madre di Dio, ci educa a una corretta devozione mariana e inoltre ci ricorda che la Madonna non deve mai essere disgiunta da Gesù: è per lui che essa è stata scelta, è con lui che sessa ha vissuto qui in terra, è da lui che essa ha ricevuto tutto quello che è.

 

FARE MEMORIA DEI MARTIRI E DEI SANTI

“La chiesa ha inserito inoltre nel ciclo dell’anno anche le memorie dei martiri e degli altri santi che, giunti alla perfezione con l’aiuto della multiforme grazia di Dio e già in possesso della salvezza eterna, in cielo cantano a Dio la lode perfetta e intercedono per noi” (SC 104). Dopo la chiesa e dopo Maria ecco il riferimento esplicito e obbligato ai martiri e ai santi: essi sono i nostri compagni di viaggio così come prima sono stati modelli di vita cristiana integrale. È per questo che la madre chiesa li propone alla nostra venerazione, senza mai dimenticare che anch’essi, come Maria, hanno ricevuto dal Signore la grazia che li ha assimilati al loro maestro. Se ci domandiamo che cosa fanno i santi in cielo, i padri conciliari ci rispondono: essi cantano a Dio la lode perfetta. È questo un modo per descrivere quella che noi chiamiamo la visione beatifica, cioè la gioia che i santi in cielo sperimentano nel contemplare il volto di Dio: il volto del Padre per godere del grande dono della nostra filiazione divina, il volto del Figlio per assaporare il dono della redenzione, il volto dello Spirito Santo per essere consumati nell’amore. Inoltre i santi in cielo intercedono per noi: essi, infatti, sono legati a noi dal vincolo della comunione dei santi. Non possono dimenticare i loro fratelli e sorelle che ancora vivono in questa valle di lacrime, esposti ai pericoli di un cammino che, come afferma il concilio Vaticano II, si svolge “tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio” (Lumen gentium 8).

DAL DOCUMENTO SULLA CHIESA

La vergine Maria, che all’annuncio dell’angelo accolse nel cuore e nel corpo il Verbo di Dio e portò la vita al mondo, è riconosciuta e onorata come la madre di Dio e del redentore. Redenta in modo così sublime in vista dei meriti del figlio suo e a lui unita da uno stretto e indissolubile vincolo, è insignita del sommo compito e della dignità di madre del figlio di Dio, e perciò è la figlia prediletta del Padre e il tempio dello Spirito Santo.              Lumen gentium 53

L’APOSTOLATO DEI LAICI

Modello perfetto di tale vita spirituale e apostolica è la beata vergine Maria, regina degli apostoli la quale, mentre viveva sulla terra una vita comune a tutti, piena di sollecitudine familiare e di lavoro, era sempre intimamente unita al figlio suo e cooperò in modo del tutto singolare all’opera del Salvatore… La onorino tutti devotamente e affidino alla sua materna cura la propria vita e il proprio apostolato. Apostolicam actuositatem 4

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